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Manfred Gerstenfeld
Israele, ebrei & il mondo
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L’Antisemitismo oggi in Francia: come valutarlo 16/02/2012

L’Antisemitismo oggi in Francia: come valutarlo
Manfred Gerstenfeld intervista Shmuel Trigano 


Manfred Gerstenfeld, Shmuel Trigano

“ C’è la possibilità che rinasca l’anti-semitismo (anti-sionismo) nell’opinione pubblica francese, grazie all’emergere del classico anti-giudaismo islamico, che è tuttora  presente. Nuovi immigranti, come anche comuni cittadini, dimostrano come da almeno una decina di anni abbiano contribuito a rendere simbolica e insicura la posizione degli ebrei in Francia e nella mentalità europea in generale.  Gli ebrei vengono anche strumentalizzati da partiti, personalità politiche e in diversi settori della società civile. 

“ Ci fu un’ondata di anti-semitismo nell’opinione pubblica francese nel 2000, durante la seconda intifada. Israele veniva presentata in forme mostruose, come uno Stato nazista che uccideva i bambini. La narrativa anti-israeliana ha radici profonde. Gli stereotipi anti-semiti erano già presenti – sebbene non in primo piano -durante i colloqui di Oslo. Gli ebrei vennero spesso accusati di “rappresentare troppo la Shoah”, sfruttandola e appropriandosene per prestigio e potere”. 

Shmuel Trigano insegna sociologia all’Università di Parigi ed è presidente dell’Ossservatorio del Mondo ebraico. E’ autore di molti libri sul pensiero politico e la filosofia degli ebrei. 

Trigano sottolinea che per capire l’attuale momento si deve ricordare non soltanto il forte aumento di un violento anti-semitismo in Francia nel 2000, ma anche come ha reagito la pubblica opinione. “ E’ stato un fatto senza precedenti, se esaminiamo il periodo che va dal dopo-guerra in poi, infatti va attribuito a cittadini francesi di origine arabo-musulmana o immigrati dalla regione sub-sahariana. Ci furono episodi simili – anche se non molti – durante la prima guerra del golfo agli inizi degli anni ‘90”. 

Trigano ricorda come la violenza anti-semita fu largamente omessa sui media e dalle autorità pubbliche per parecchi mesi. “ Anche le organizzazioni ebraiche rimasero in silenzio, molto probabilmente su richiesta del Primo Ministro Lionel Jospen del governo socialista, come si venne a sapere dopo. Anche per questo silenzio la Comunità ebraica si sentì lasciata sola, sia dalle autorità francesi che dalla società nel suo insieme. 

“ La situazione degli ebrei in Francia si aggravò quando sui mezzi di informazione si sostenne che violenza e odio erano comprensibili vista la politica di Israele in Medio Oriente. Il che significava che il destino degli ebrei francesi dipendeva dalla politica israeliana e dal giudizio che su questa  ne davano i francesi. 

“ Durante i primi mesi delle aggressioni, gli ebrei francesi chiesero aiuto, ma nessuno rispose. Fu questo che spinse molti fra loro a mettere in discussione cittadinanza e la stessa permanenza in Francia. Capirono che le autorità erano pronte a sacrificare la comunità ebraica pur di mantenere la pace sociale. Questo venne confermato anche dalla politica pro-araba del governo durante la guerra in Iraq. 

“ I cittadini ebrei non capivano come questi atti di violenza potessero essere commessi contro di loro in base a quanto avveniva a 3000 km di distanza. Vi sono ancora oggi coloro che si ricordano le parole di Hubert Védrine, allora Ministro socialista degli Esteri,  ripetute poi ad ogni piè sospinto da altri politici, “ Non ci si deve stupire se dei giovani francesi immigrati si preoccupano dei palestinesi e sono indignati per quello che gli succede”. 

Trigano osserva :” Alcuni ebrei reagirono in ricordo delle esperienze del passato. Janine Chasseguet-Smirgel, una famosa psicanalista ebrea francese, oggi defunta, mi disse che quanto avveniva le ricordava gli anni ’30.  All’inizio mi sembrò una esagerazione, la Francia era una società aperta e democratica. Eppure era difficile capire come la stampa libera in uno Stato liberale, si uniformasse alle direttive del governo. Fu allora che capii meglio l’ Unione Sovietica. 

“ Il mio pensiero andava alla storia della mia famiglia, quando nel giugno del 1962 fuggimmo dall’Algeria, restando per due giorni in un aeroporto militare con appresso solo due valigie. Avevamo chiuso la porta di casa, lasciando tutto, abbandonati dalle autorità pubbliche. Dovevamo salvare le nostre vite per non essere uccisi nel caos che si era creato. 

“ Queste sensazioni drammatiche non ci hanno lasciato, malgrado il fatto che due anni dopo Nicolas Sarkozy, allora Ministro dell’Interno, iniziò a combattere l’anti-semitismo. In Francia si era frantumata l’auto-censura concernente il tema dell’anti-semitismo. A livello pubblico, sono frequenti le espressioni anti-semite, anche perchè un governo democratico non può cambiare questo fenomeno in alcun modo. L’informazione e il governo definiscono, ipocritamente, l’antisemitismo come “ tensione inter-etnica”. 

“ Una conseguenza dell’ostilità rivolta contro gli ebrei è lo sviluppo di mentalità e comportamenti tipici del ghetto. Gli ebrei si sentono emarginati e, di conseguenza, si allontanano dalla società nel suo insieme per stare con altri ebrei. Un altro fenomeno di questo nuovo secolo è l’aumento di studenti e insegnanti ebrei in scuole private ebraiche, perché si sentono sotto tiro e senza difesa in quelle pubbliche. 

“ Il processo ideologico della promozione dell’odio enti-ebraico è, comunque, andato avanti da più di dieci anni, con una base formata da islamisti, estrema sinistra e gruppi di destra. Il voto ebraico è troppo limitato perché possa influenzare i partiti politici. In generale, vi è poca simpatia per gli ebrei e Israele nell’opinione pubblica francese “.

Manfred Gerstenfeld è Presidente del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.


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