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La Stampa Rassegna Stampa
14.02.2012 A Gerusalemme, il nuovo libro di Fiamma Nirenstein
La recensione di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 14 febbraio 2012
Pagina: 35
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Sapessi com’è strano sentirsi malinconici a Gerusalemme»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 14/02/2012, a pag. 35, l'articolo di Elena Loewenthal dal titolo "Sapessi com’è strano sentirsi malinconici a Gerusalemme".


Fiamma Nirenstein, A Gerusalemme (ed. Rizzoli), Elena Loewenthal

“Gerusalemme fa girare la testa a chiunque»: comincia così A Gerusalemme (Rizzoli, pp. 214, 18), con questa strana ma innegabile verità, il nuovo libro di Fiamma Nirenstein. È vero, fa girare la testa. Forse perché è l’unico posto al mondo che ti azzanna con la nostalgia quando sei ancora lì. Lontani, il rimpianto di non esserci diventa più dolce, quasi malinconico. Ma di fronte a quel paesaggio, al carico che la città si porta addosso, la nostalgia è feroce, inguaribile: ci sei e sai che non l’afferri. Che ti sfugge se non altro perché Gerusalemme ha anche un altro primato: un nome duale che è lo specchio della sua doppia natura. Gerusalemme è città di terra ma anche città celeste. Da che mondo è mondo, e secondo la tradizione ebraica il mondo è mondo da quando è cominciato qui, Gerusalemme è doppia. Ma è anche confine fra il deserto e il suo contrario, frontiera nitida che segna l’inconciliabilità dei due universi su cui la città si affaccia: il Mediterraneo, terra addomesticata da una parte, il deserto di Giudea e l’abisso del Mar Morto dall’altro.

Nirenstein racconta questa città intrecciandone la storia e il presente con la propria esperienza personale: ne esce una scrittura appassionata, piena di vita. Di amore e di dolore, che poi sono anche gli ingredienti principali di Gerusalemme, trasudano dalla sua pietra chiara, luminosa come nessun’altra. E da quel cielo che, fuor di ogni retorica, è diverso da qualunque altro cielo del mondo. Non tanto per il colore quanto per l’aria, che ha qualcosa di speciale dentro. È una città molto più complessa e inafferrabile di quanto non ci si immagini e questo libro aiuta, se non a capirla, certo a vederla. Nel passato più lontano, nei tremendi malintesi del presente («Nel luglio del 2000, il nono giorno del summit di Camp David, Arafat se ne uscì con una novità assoluta: a Gerusalemme non c’è traccia del Tempio degli ebrei, esso è un mito, non è mai esistito» - la mistificazione tiene ancora), negli incroci inevitabili. Nella fascinazione irresistibile, come quella del beduino che vive giù nel deserto a pochi chilometri dalla città, forse ci è stato una volta tanti anni fa ma poco importa, gli basta indicarla col dito e sapere che esiste, lassù.

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