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Dove è garantita la libertà di culto 12/02/2012

Credo che l'accordo sia tutt'altro che fuori luogo, sopratutto in un clima di precarietà  di equilibri come questo. I tesori della cristianità , seppur residenti in Israele o in Palestina, appartengono non solo simbolicamente ad una categoria culturale dal valore antropologico inestimabile: quella del senso religioso e spirituale di coloro che in questo investono un'intera esistenza. Israele non ha senso come popolo a sè, avulso dai contesti di un mondo, globalizzato o meno che sia e quanto si ha vicino non ci appartiene come totale diritto di possesso ma solo come compartecipazione di vita ad esso. Ecco perchè tutto il mondo compartecipa di un bene in qualsiasi luogo esso sia sulla terra, solo per il fatto che questo fa parte della vita di coloro che se ne sentono in qualche modo coinvolti. Perciò abbiamo il dovere di difendere questi luoghi e in particolare di far sì che essi conservino il significato che hanno per delle ragioni che appartengono ad una storia come quella del Cristo. Non vorremmo mai ad esempio, noi cristiani, veder trasformati questi luoghi in moschee che narrano un'altra storia.

Enrico Falcinelli

Su questo argomento pubblichiamo oggi una pagina con gli interventi dell'ambasciatore Sergio I.Minerbi, lo storico più illustre dei rapporti israelo-vaticani, e un nuovo intervento di Giulio Meotti, uscito sul sito israeliano Arutz Sheva e tradotto da IC in italiano.
Da noi solo una breve aggiunta: tutto vero quanto scrive, ma non va dimenticato il fatto che solo dal 1967 in poi, da quando cioè Gerusalemme è stata liberata dall'occupazione giordana ed è stata riunita alla madre patria, nella capitale, come in tutta Israele, la libertà di culto - qualsiasi culto - è garantita. Purtroppo questo è vero, nella regione, solo in Israele. Nei regimi musulmani, tutti, non è cosi.
Un saluto cordiale,
IC redazione


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