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La Repubblica Rassegna Stampa
11.02.2012 Quando scrivere una poesia significa perdere la vita-Intervento di Astrit Sukni
Il caso di Hamza Kashgari, sottovalutato da Alix Van Buren-

Testata: La Repubblica
Data: 11 febbraio 2012
Pagina: 16
Autore: Alix Van Buren
Titolo: «Messaggio 'blasfemo' su Twitter, poeta arabo rischia la pena di morte»

Si prova un senso di rabbia e di pena a leggere la cronaca di Alix Van Buren, sulla REPUBBLICA di oggi, 11/02/2012, a pag.16, con il titolo "Messaggio 'blasfemo' su Twitter, poeta arabo rischia la pena di morte".
Rabbia, perchè se nel secolo XXI possono ancora accadere storie simili, allora l'Occidente è perduto, perchè non ne trae le debite conseguenze.
Pena per il tono così poco indignato di Alix Van Buren, per il quale la vicenda del giovane 'blasfemo' sembra stare tutta nell'aver scritto una poesia che non andava scritta. Nessuna domanda intorno al fondamentalismo islamico che genera simili orrori, anche perchè non si tratta di un caso isolato, di mezzo c'è l'islam con le sue regole.

abbiamo chiesto un commento al nostro collaboratore Astrit Sukni, musulmano. Eccolo:


Astrit Sukni

La libertà di pensiero e di parola non ha prezzo. Per la libertà spesso siamo costretti a pagare un prezzo molto alto e Hamza Kashgari - proveniente da una famiglia conservatrice - ha scelto di pagare un prezzo altissimo per una sua leggittima e [sacrosanta riflessione. Sul suo profilo twitter si è rivolto al Profeta:
«Nel giorno della tua nascita, dirò che ho amato alcuni tuoi aspetti, ne ho odiati altri e diversi non li ho capiti»;
«Nel giorno della tua nascita, dirò che ho amato il ribelle che era in te, che mi ha sempre ispirato. Però non amo la tua aura di santità, io non ti benedirò»;
«Nel giorno della tua nascita, io non mi inchinerò a te, non bacerò la tua mano. Ti stringerò la mano da pari a pari, e ti sorriderò come tu sorridi a me, e ti parlerò come amico, niente di più».
Riflessioni che condivido pienamente perché è lecito dubitare ed esprimere il proprio punto di vista anche se in disaccordo con quello del prossimo. Mi chiedo se davvero questi pensieri siano così offensivi alla figura del profeta, e se davvero il profeta si sarebbe offeso se qualcuno glielo avesse detto vis-à-vis?! Non è dato sapere. La Ummah ha preso le veci del profeta e con grande risentimento ha giudicato le parole di Kashgari, nei confronti del profeta, una vera e propria blasfemia al punto da indurre i fanatici a rivendicare giustizia in nome di Allah. I fanatici si sono messi subito all'opera su Twitter, YouTube e Facebook (https://www.facebook.com/groups/211533478943735/?ref=ts) hanno raccolto più di 14.000 iscrizioni dove si chiede giustizia e una condanna esemplare nei confronti di Hamza Kashgari.
Qui in Occidente si discute sempre di più sull'Islam moderato e molti ritengono che l'islam moderato esista già da un pezzo.
Non basta solo l'etichetta stampata sulla fronte per dire che io faccio parte di quella ramificazione moderata dei musulmani. Non bastano le parole pronunciate senza alcun peso a fare l'Islam moderato.
In Occidente non c'è un Islam moderato - nei Paesi arabi e asiatici di prevalenza musulmana, nemmeno si discute - una discussione degna di essere chiamata tale e di dimostrare l'evoluzione dell'Islam e la sua apertura verso l'Occidente.
All'Islam manca il dialogo, il confronto, la possibilità di discutere, insomma manca l'apertura mentale, quella apertura che ci permetterebbe di essere al pari delle altre religioni.
L'Islam non sarà mai una religione basata sul dialogo fin quando vi saranno i fanatici e fin quando a farla da padrone saranno l'ignoranza e l'arretratezza culturale.
Intanto sotto le grinfie dei fanatici dell'Islam è finito un innocente.

Mi domando e chiedo: ci sarà una mobilitazione a favore di Hamza Kashgari? I media e la stampa internazionale faranno pressione sul regime Saudita affinché venga concessa la grazia ad un loro collega?
Astrit Sukni

Ecco l'articolo:

Twitter, che pasticcio; 140 caratteri per cinguettare un micropensiero senza troppo riflettere, e piombi nei guai. Stavolta, guai seri. Rischi di perdere la testa, causa decapitazione in pubblica piazza, se sei saudita, hai 23 anni, ti chiami Hamza, e con fare da poeta hai twittato tre messaggini rivolti al Profeta. Gli hai detto, nientemeno, il giorno del suo compleanno che vorresti stringergli la mano, sorridergli, come a un amico. Hai azzardato persino che lo ammiri, ma che certe volte, tu ventenne, proprio non lo capisci. Per questo le autorità religiose d´Arabia ti bollano un apostata. La sentenza? La pena capitale.
Proprio così: una campagna di solidarietà internazionale dilaga per ottenere salva la vita del giovane poeta Hamza Kashgari, editorialista di Al Bilad a Gedda, in fuga verso la Malaysia per sottrarsi al linciaggio promosso dagli sceicchi salafiti sauditi. Il nome e l´indirizzo sono stati offerti in pasto al web, perché chi possa rintracciarlo faccia giustizia: "Dead man walking, Morto che cammina", intitola uno dei 30 mila tweet contro il "blasfemo". Su Facebook il gruppo "Il popolo saudita chiede l´esecuzione di Hamza Kashgari" conta 8mila adesioni. Il governo di Kuala Lumpur lo ha fatto arrestare. I genitori si appellano al mondo: Hamza, ripetono, ha chiesto perdono, ha cancellato quei tweet, giura d´essersi pentito, e «vi supplichiamo, credetegli».
Noi diremmo, abbiate un po´ di carità. Ma questo non vale per l´Arabia, che è la culla dell´Islam, guardiana dell´ortodossia wahabita, la più radicale, e delle due Sante Moschee di Mecca e Medina. Terra sacra, che i kuffaar, i miscredenti, non possono calpestare. E su questo si regge, da 80 anni, il potere degli Al Saud, i sovrani dell´Isola araba - oggi Fort Knox del petrolio mondiale - rimasta impermeabile per secoli e millenni, fino alla scoperta dell´oro nero, a ogni idea o moda importata dall´esterno. Senonché una nuova generazione è intenta a premere sui limiti del permissibile, lo stesso re Abdullah ha fama di prudente riformista, e il clero e i ceti più conservatori scalpitano. Forse questo spiega il furore contro Hamza, tanto più che a succedere il sovrano è stato nominato un "principe dei salafiti", il fratellastro Nayef bin Abdul Aziz con fama per alcuni di gran credente, per altri di zelota.
Hamza rischia di finire decapitato da quest´ingranaggio. Dall´estero, al Daily Beast, lui si dice disperato: «Ho paura e non so dove andare». Gli amici accorsi in sua difesa ammutoliscono, tacciati di "nemici del Profeta". Hamza s´è rivolto a Maometto «da uomo a uomo». Non è così nel Corano? "Muhammad non è altro che un Messaggero" (Sura 3:144), lo ripetono i chierici per scoraggiare ogni devozione che elevi oltre l´umano "il più veritiero, il più puro degli uomini". "È vero, noi siamo umani quanto voi..." (S. 14:10-11), replicano i Profeti nel Libro. Però, il disdegno verso i poeti parte da lontano, da quando le odi dorate venivano appese dai bardi pagani alla Ka´ba, nell´età pre-islamica dell´Ignoranza. Se poi la poesia, da sempre, vagheggia di libertà e, come si difende Hamza, «Volevo praticare i più fondamentali diritti umani - libertà di pensiero e di espressione», la faccenda sa di politica. Si avverte un refolo di "risveglio arabo". Chissà che il vero peccato di Hamza sia la richiesta di quelle libertà

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