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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Il Giornale Rassegna Stampa
11.02.2012 Siria: così l'Occidente sta regalando la vittoria al regime di Assad
Analisi di Gian Micalessin

Testata: Il Giornale
Data: 11 febbraio 2012
Pagina: 16
Autore: Gian Micalessin
Titolo: «Così l'Occidente sta regalando la vittoria al regime di Assad»

Sul GIORNALE di oggi, 11/02/2012, a pag.16, con il titolo " Così l'Occidente sta regalando la vittoria al regime di Assad", Gian Micalessin evidenzia gli errori commessi con la Siria.


Gian Micalessin

Forse era meglio stare a guar­dare. A un anno dallo scoppio del­la rivolta - e seimila morti dopo ­l’Occidente,l’Onu e i nemici arabi di Bashar Assad farebbero meglio a fare il «mea culpa». Le medicine propinate al paziente siriano si stanno rivelando più perniciose del cancro della dittatura e rischia­no di essere la vera causa di morte dell’insurrezione. Il più grave de­gli errori è stata l’incapacità di pre­vedere il veto di Russia e Cina che ha bloccato la mozione del Consi­gli­o di Sicurezza destinata ad apri­re le porte ad un intervento in stile libico.Il passo falso rischia di rive­l­arsi fatale per un’insurrezione co­stretta a far i conti con l’offensiva di un regime deciso ad approfitta­re della confusione dei propri ne­mici. E così mentre ad Aleppo, ri­sparmiata fino ad ora dagli scon­tri, si registra il primo sanguinoso attentato con 28 morti e un centi­naio di feriti, a Homs e Zabadani continua l’offensiva governativa. Lo spietato assalto alle rocche­forti ribelli è la diretta conseguen­za della “debacle” del Palazzo di Vetro. Dando per scontata una le­gittimazione Onu e una maggiore libertà d’azione anche sul fronte delle operazioni clandestine, Sta­ti Uniti, Francia, Inghilterra, Tur­chia e Qatar hanno incoraggiato i gruppi armati ad intensificare le loro operazioni. Ma hanno sotto­valutato le divisioni che affliggo­no gli insorti a livello politico e mi­litare.
Sulla falsariga di quanto av­venuto in Libia, Stati Uniti, Fran­cia e Inghilterra hanno delegato a Qatar e Turchia il ruolo di armieri e finanziatori degli insorti. Da buo­ni musulmani, ad Ankara e Doha preferiscono privilegiare i gruppi islamisti vicini ai Fratelli Musul­mani coordinati dal cosiddetto Consiglio Nazionale Siriano. Ma la Siria non è né l’Egitto, né la Li­bia.
La Fratellanza Musulmana è tutt’altro che egemone.L’opposi­zione laica legata al Comitato di Coordinamento Nazionale ha un ruolo non marginale ed è contra­ria a qualsiasi intervento esterno. Il neonato Esercito Libero Siria­no, braccio armato dei Consiglio Nazionale Siriano, non è in grado, inoltre, di contrapporsi militar­mente all’esercito di Damasco.
Formato in gran parte da ufficia­li d­isertori legati ai Fratelli Musul­mani, l’Esercito Libero non dispo­ne di armi pesanti, non ha una struttura di coordinamento nazio­n­ale e soffre di profonde lacerazio­ni al vertice. Il 6 febbraio scorso il generale Mustafa Ahmad El Sheik, il più alto in grado fra gli uffi­ciali fuoriusciti,
ha cercato di assu­merne il controllo innescando una guerra intestina con quel co­lonnello Riad al Assad che firma i proclami dell’Esercito Libero da un santuario in territorio turco. In ogni caso nessuno dei due control­la le forze sul campo guidate, co­me a Homs, da gruppi di coordina­mento civili. La Turchia e altri alleati della Nato hanno inoltre scommesso sulla defezione di un’importante unità corazzata pronta a sollevar­si dopo l’approvazione della mo­zione dell’Onu. La scommessa non teneva conto dei servizi segre­ti iraniani e russi prontissimi nel segnalare a Damasco il rischio di tradimento. Proprio le soffiate rus­se e iraniane hanno dato il via al­l­’offensiva della Quarta brigata co­razzata considerata, assieme alla Guardia Repubblicana, una delle unità più fedeli al regime.
A indebolire l’Occidente contri­buisce anche la cauta circospezio­ne israeliana. Preoccupati che la caduta di Bashar Assad porti al po­tere un regime islamista assai più imprevedibile di quello attuale gli israeliani, gli unici a poter contare su numerose talpe a Damasco, preferiscono per ora non interferi­re e non fornire informazioni agli alleati occidentali. L’errore più grave dei nemici di Damasco è pe­rò analizzare lo scontro in termini puramente demografici. Benchè famiglia Assad appartenga ad una minoranza alawita che non supe­ra il 12 per cento della popolazio­ne, il regime può ancora contare sul sostegno dei cristiani, di buo­na parte dei curdi e d’importanti clan sunniti legati da rapporti tren­t­ennali ai vertici militari ed econo­mici del regime.
Questo spiega perché Dama­sco, Aleppo e i più importanti cen­tri politico­ economici del Paese si guardino bene dallo scendere in campo. Con buona pace degli op­positori assediati a Homs e Zaba­dani, che rischiano ora di pagare le conseguenze degli errori com­messi dagli occidentali e dagli ara­bi.


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