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Libero Rassegna Stampa
09.02.2012 Una fatwa dall'Iran contro lo scrittore Attar Farid al-Sahid e chi lo pubblica
Cronaca di Giordano Tedoldi

Testata: Libero
Data: 09 febbraio 2012
Pagina: 29
Autore: Giordano Tedoldi
Titolo: «Se la fatwa colpisce un editore di Treviso»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 09/02/2012, a pag. 29, l'articolo di Giordano Tedoldi dal titolo " Se la fatwa colpisce un editore di Treviso ".


La copertina del libro di Attar Farid al-Sahid

Le questioni che attengono al rapporto tra Islam e occidente sono, come si sa, assai delicate e il rischio di strumentalizzazioni, speculazioni o semplici abbagli sono sempre dietro l’angolo. E specialmente quando si annuncia che uno scrittore è stato colpito da una fatwa,ma lo scrittore non è Salman Rushdie, noto col suo volto e i suoi libri alla luce del sole, ma uno pseudonimo dietro cui si nasconderebbe un alto funzionario iraniano, bisognerà attendere e verificare prima di stabilire che siamo, appunto, di fronte a un nuovo caso Rushdie. A ogni modo la notizia è che una fatwa sarebbe stata lanciata da un ayatollah iraniano contro Attar Farid al-Sahid, autore di un monumentale romanzo di circa 800 pagine, I fiori del Giardino di Allah, pubblicato da un piccolo editore veneto, Edizioni Anordest. Ieri la casa editrice ha comunicato che un volantino in lingua italiana e araba è stato rinvenuto in ambienti islamici a Milano dall’in - telligence italiana, firmato da un ayatollah iraniano che proclama la condanna del libro e del suo autore Attar Farid al- Shahid. A seguito di indagini che si sono sviluppate anche fuori dall’Italia, - afferma sempre la casa editrice nel suo comunicato alla stampa - il comandante della Digos di Treviso, Nicolò D’Amico, ha predisposto la protezione per la casa editrice Edizioni Anordest, e si accenna alla «discreta sorveglianza» di cui verranno fatte oggetto le librerie in cui il romanzo è distribuito. Non sappiamo esattamente in cosa consisterebbe e come potrebbe essere concretamente realizzata questa «discreta sorveglianza », ma certo la cosa suona minacciosa. La Questura di Treviso conferma la notizia, spiegando di aver ricevuto una segnalazione dal ministero dell’Interno dopo indagini che si sono svolte a Milano. Abbiamo provato avere maggiori informazioni sul caso e sul perché il romanzo abbia attirato le ire dell’ayatollah interpellando lo scrittore e linguista Umberto Pavarini, che sarebbe stato incaricato da Farid al- Sahid (dall’autore che si cela dietro questo nome) a cercare un editore italiano, e, dopo, ha partecipato a alcune presentazioni del romanzo. Pavarini dice di aver appreso anch’egli della fatwa dall’edito - re nella giornata di ieri, e spiega con il fatto che «i fanatici possono tollerare le critiche, ma non l’ironia». Il libro infatti è una monumentale epopea in cui si narrano le vicende di ventinove stirpi, tutte imparentate tra loro, che prende le mosse dalla Mecca di Maometto e attraversa la storia Europea, con lunghi passaggi anche nelle vicende italiane. La particolarità del romanzo è dovuta al fatto che Attar Farid al-Sahid è un uomo di spicco della società iraniana, un collaboratore di Kohmeini all’epoca del suo esilio in Turchia, Francia e in Iraq, quando al potere c’era lo scià Mohammad Reza Pahlavi. Dopo la caduta dello scià rientrò in Iran con Kohmeini, ma dopo poco più di due anni dovette abbandonare nuovamente il suo paese, in contrasto con il corso impostato dal regime degli ayatollah. In questo periodo è vissuto in Francia e in Italia. E proprio in Italia cominciò a scrivere il romanzo. La sua ambizione era quella di ripercorrere la storia dell’Islam intrecciandola con la storia e la cultura europea, mescolando le terre dell’Islam e della cristianità in un narrazione che rivelasse gli intrecci e gli influssi reciproci tra le due fedi. Alla morte di Khomeini, Attar torna in Iran sperando in un cambiamento nella società, ma disilluso anche dai nuovi governanti, di nuovo lascia il Paese. Ma nello specifico ciò che avrebbe urtato la sensibilità dell’ayatollah è il tono non semplicemente ironico, ma a volte decisamente deformante, con cui viene affrontata la storia di Maometto, che tra l’altro appare come personaggio nelle pagine del romanzo, e ne viene descritto in tinte non sempre rispettose - almeno secondo i canoni della rigida ortodossia islamica - il suo rapporto con la moglie bambina di dodici anni. In altre pagine, addirittura troviamo il profeta intento a cancellare passi del Corano. E, infine, l’autore avanza un’ipotesi che sarà suonata sommamente blasfema all’aya - tollah, e cioè che Maometto, che la tradizione ritiene spirato di morte naturale, sarebbe invece stato assassinato da un capo sciita. La storia della genesi e della pubblicazione del romanzo è altrettanto avventurosa. Incaricato di trovare un editore in Italia, Pavarini lo presentò ai maggiori editori, che l’avrebbe - ro acquistato, ma a condizione di conoscere l’autore. Questo non è stato possibile, e così il libro è uscito per i tipi di Anordest. Che ora denunciano la fatwa dell’ayatollah e l’indagine della Digos. Il libro, nel frattempo, circolava già in dispense in Iran, Siria, e Arabia Saudita. Clandestinamente.

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