Come la sinistra ha strumentalizzato il massacro di Oslo per impedire il dibattito sull'islam
Analisi di Bruce Bawer
(Traduzione di Yehudit Weisz)
Bruce Bawer,una manifestazione contro Israele sull'isola di Utoya
Il 22 luglio dell’anno scorso, un criminale fece esplodere un palazzo governativo nel centro di Oslo, uccidendo otto persone, poi, su un’isola vicina, con una mitraglietta in pugno, uccise 69 giovani iscritti al Partito Laburista che partecpavano a un campo estivo.
La prima cosa che venne in mente fu attribuirne la responsabilità a dei terroristi Islamici. In realtà era stato un giovane estremista norvegese che disprezzava l’islam, insieme a tutti coloro che nel governo norvegese considerava colpevoli di aver favorito , con politiche di immigrazione e integrazione (o, piuttosto, non-integrazione) l’islamizzazione della Norvegia.
Questo episodio atroce fece piombare la Norvegia in uno stato di shock. Le piazze dei centri cittadini erano piene di fiori e candele. Gli stranieri si tenevano per mano (molto poco usuale per i norvegesi). Vi furono molte discussioni sul significato dell'integrazione sociale. Leader politici , accademici e giornalisti tesero la mano ai musulmani norvegesi, per spiegare che nessun norvegese condivideva l’odio del killer nei confronti della loro religione, ma anzi, i norvegesi amavano i loro “nuovi connazionali”.
La risposta della Norvegia alla tragedia del 22 luglio fu descritta nelle notizie dei giornali di tutto il mondo come un trionfo della civiltà e della tolleranza, una condanna del pregiudizio e dell’odio. Ma in realtà, tra i fiori, le candele, la mano-nella mano, lo sforzo maggiore era rivolto a demonizzare e mettere ai margini qualsiasi critica significativa fatta nei confronti dell’islam in Norvegia.
Nelle settimane e nei mesi successivi al 22 luglio, numerosi esponenti dell’intellighenzia norvegese scrissero articoli che incitavano a limitare la libertà di stampa, in particolare per quel che concerneva l’islam. Si diceva ai lettori norvegesi che proprio i critici dell’islam avevano creato quell’atmosfera che aveva reso possibile le atrocità commesse il 22 luglio e che dovevano pagare per i loro errori.
Come americano critico dell’Islam che vive in Norvegia dal 1999, io fui uno di quelli che vennero additati ripetutamente nei giornali norvegesi dopo il 22 luglio come un “nemico del popolo”, prendendo a prestito il termine al grande commediografo norvegese Henrik Ibsen. Io avevo mosso critiche all’islam per i comportamenti repressivi di molti suoi credenti, e il loro facile ricorso alla violenza nei confronti delle donne, degli ebrei, degli omosessuali, e di altre categorie di cittadini. Eppure sui giornali norvegesi sono stato descritto non come un liberale, ma come un bigotto, non un amante della pace ma come un istigatore alla violenza.
La mia risposta al 22 luglio e alle sue conseguenze, fu di scrivere un breve libro su quanto era avvenuto, intitolato:“ I nuovi Quislings, come la sinistra internazionale ha usato il massacro di Oslo per costringere al silenzio il dibattito sull’islam”, pubblicato come e-book dall'editore Broadside Book. subito dopo la sua pubblicazione, la cosa mi colpì di più fu che in Norvegia la situazione era persino peggiore di quella che avevo descritto nel mio libro.
Ho avuto modo di verificare che le persone che sono, o erano “ al mio fianco”- alcune delle quali reputavo amici - ora si sono sentite in dovere di condannarmi per avere paragonato molti membri dell’elite intellettuale norvegese al leader nazionalista durante il periodo bellico, Vidkun Quisling, che come gli attuali membri dell’elite , odiava la libertà, gli ebrei, e credeva in una censura rigida, in uno stato onnipotente, guidato dall’ ideologia.
Da americano io dò per scontato che la parola libertà significa quel che significa, punto. Mi pare molto semplice. In molti paesi europei, la libertà viene contrassegnata con un asterisco. La gente si è abituata. E' quello che è sccesso in Norvegia dopo il 22 luglio,dove molti giornali”liberi” sono come minimo parzialmente finanziati dal governo, come succede anche a molti “liberi” opinionisti e anche a “liberi”scrittori.
Tutti sanno benissimo che non è una buona idea nuotare troppo contro corrente, se si vuole continuare a star bene. Dal 22 luglio quelli che desiderano continuare a stare tranquilli, hanno capito che è meglio non dissentire troppo duramente da quei membri dell’elite culturale che hanno stabilito ciò in cui uno deve o non deve credere, e che cosa si può dire sulle conseguenze di quella tragedia. Conviene essere d’accordo e, semmai, chiedere scusa.
Così dopo il 22 luglio, nei giornali, in Tv, e nei programmi radiofonici norvegesi risuonavano i “mea culpa”. Uomini e donne che avevano criticato l’islam ed espresso dubbi sulla politica norvegese dell’immigrazione , o messo in discussione il multiculturalismo, si erano messi in riga, scrivendo articoli in cui dicevano di essere sempre stati “dalla parte giusta”, e insistendo che se se avevano mai scritto o detto qualcosa che facesse pensare il contrario, ora lo ripudiavano.
Una esibizione penosa. Vidi come un numero di persone, che io avevo sempre rispettato, erano state costrette a esibirsi, come avevano ripetutamente scritto i giornali norvegesi, avevano dovuto “guardare dentro ai loro cuori” e “esaminare le loro anime”, ammettere quel che fu definito da George Orwell “reato di pensiero”.
Era proprio una situazione orwelliana e indegna di un paese dell’Europa Occidentale nell’anno 2012.
Più di sei mesi sono passati dal 22 luglio, la Norvegia che ha accolto il mio libro “The new Quislings” dimostra che ancora alcune delle stesse persone si sono allineate alla vulgata ufficiale .
Per esempio, una giornalista famosa e da molto tempo critica dell’Islam, che collabora al più importante sito web norvegese, ha in effetti descritto il mio libro come una risposta “criminale” alla richiesta degli intellettuali norvegesi del dopo 22 luglio che mira a limitare la libertà di espressione. Con il termine “criminale” lei mi lega chiaramente allo stesso killer del 22 luglio – esattamente come hanno fatto molti norvegesi difensori dell’Islam.
Questa situazione è ovviamente un pericolo per la libertà. E’, di conseguenza, anche una benedizione per molti jihadisti in Norvegia. Avrei voluto concludere questo articolo con una parola positiva, ma per ora penso di non avere niente di nemmeno lontanamente positivo da dire.
Bruce Bawer è “Fellow Journalist” al Freedom Center e a “Informazione Corretta”. E’ autore di “Mentre l’Europa dormiva” e “Surrender” (non tradotti in italiano). Il suo nuovo libro “The New Quislings”, sullo sfruttamento operato dalla sinistra in Norvegia del massacro del 22 luglio, è uscito lo scorso dicembre presso l’editore Harper Collins sotto forma di e-book