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Il Giornale Rassegna Stampa
07.02.2012 L'Italia è il miglior Paese al mondo per evitare di scontare le pene
Un messaggio ai terroristi reclusi a Guantanamo

Testata: Il Giornale
Data: 07 febbraio 2012
Pagina: 19
Autore: Luca Fazzo
Titolo: «Terrorista arrestato dagli Usa, liberato dai nostri pm»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 07/02/2012, a pag. 19, l'articolo di Luca Fazzo dal titolo "Terrorista arrestato dagli Usa, liberato dai nostri pm".


Riad Nasri      Guantanamo

E adesso ne manca uno solo. Poi i tre estremisti islamici consegnati all’Ita­lia dagli Stati Uniti nel novembre del 2009 saranno tutti liberi. Per primo era uscito Ben Mabrouk Adel, tunisino, già barbiere della moschea milanese di via­le Jenner, condannato dalla giustizia ita­liana per terrorismo internazionale ma ad una pena assai blanda, per ricompen­sarl­o in qualche modo del periodo passa­to a Guantanamo, e subito scarcerato. Ie­ri tocca a Riad Nasri, tunisino anche lui, e la cosa è ancora più notevole perché l’ultrà viene addirittura riabilitato: la Corte d’assise d’appello di Milano lo as­solve, annullando la condanna a sei an­ni che gli era stata inflitta in primo grado, e ordinando la sua immediata liberazio­ne. Se il verdetto dovesse venire confer­mato in Cassazione, per Nasri si aprireb­be anche la possibilità di chiedere allo Stato italiano il risarcimento dei danni per i tre anni passati ingiustamente nel­le celle italiane.
La riconsegna dei tre fondamentalisti all’Italia era avvenuta all’interno della svolta garantista della presidenza Oba­ma: andato al potere promettendo tra l’altro la chiusura del carcere di Guanta­namo, il nuovo inquilino della Casa Bianca si era poi rimangiato la promes­sa, ma aveva comunque cercato di sfolti­re le celle del supercarcere smistando qua e là per il mondo una parte dei suoi inquilini. All’Italia ne erano stati conse­gnati tre: Ben Mabrouk Adel, Riad Nasri e Moez Fezzani. Gli americani li aveva­no scaricati una mattina di novembre da un volo militare sulla pista di Malpensa, senza fornire tante spiegazioni sulle cau­se e le modalità della loro cattura e della
loro prigionia.
I tre erano ricercati dalla Procura di Mi­lano per terrorismo internazionale,
chia­mati in causa dal «pentito» Tilli Lazar co­me autorevoli esponenti del «Gruppo sa­­lafita per la predicazione ed il combatti­mento ». A nessuno dei tre venivano ad­debitati episodi di terrorismo program­mati in Italia.
Ma tutti e tre, nella ricostru­zione della Procura milanese, facevano parte a pieno titolo della struttura logisti­ca della jihad internazionale, quella che aveva trasformato l’Italia - e soprattutto Milano- in una fertile riserva di uomini e di soldi per i campi di addestramento e di battaglia. Nella moschea milanese di viale Jenner, hanno accertato le indagi­ni, venivano indottrinati e reclutati i «dannati della terra» destinati a diventa­re mujaheddin.
Dei tre, il miliziano prosciolto e scarce­rato ieri, Riad Nasri (che ha alle spalle an­che un ruolo di combattente in Bosnia), ricopriva la posizione preminente. Na­sri- secondo la sentenza che l’anno scor­so lo aveva condannato a sei anni di car­cere- era senza ombra di dubbio il gesto­re della «casa dei tunisini» in Afghani­stan, dove gli estremisti provenienti da Milano venivano addestrati e mandati a combattere contro le truppe dell’Allean­za occidentale (italiani compresi). Una volta consegnato all’Italia, Nasri aveva giurato di essere andato in Afghanistan solo per sposarsi. Era stato invece ampio e dettagliato- anche se con toni singolar­mente soft - invece, sul racconto delle torture che gli sarebbero state inflitte du­rante gli otto anni passati a Guantana­mo. I giudici di primo grado non si erano lasciati commuovere, e lo avevano con­dannato. Ieri, la Corte d’appello presie­duta da Luisa Dameno lo assolve e lo scarcera.

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