Tunisia: a processo il direttore di Nessma TV perchè voleva trasmettere il film Persepolis la pellicola non è islamista, perciò non va bene per la nuova Tunisia 'democratica'
Testata: Il Foglio Data: 02 febbraio 2012 Pagina: 3 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «'Siamo liberi, non eretici'. La Tunisia alla prova della laicità»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 02/02/2012, a pag. 3, l'articolo dal titolo "'Siamo liberi, non eretici'. La Tunisia alla prova della laicità".
Nébil Karoui, direttore della rete tv Nessma
Roma. “Ahrar, not kouffar”, siamo liberi, non eretici, hanno gridato i manifestanti contro il processo in corso a Tunisi alla stazione televisiva Nessma. Secondo il New York Times, questo è il principale test per la libertà d’opinione nel primo paese investito dalla “primavera araba” e in cui il partito islamico Ennahda ha sbancato alle recenti elezioni. La “colpa” di Nessma è stata quella di voler trasmettere il film “Persepolis” di Marjane Satrapi, una denuncia della teocrazia iraniana. Il processo in corso è l’esito di una campagna di aggressione fatta di marce contro il film, pagine Facebook inneggianti alla morte del doppiatore, un pesante boicottaggio commerciale e un clima d’odio senza precedenti in Tunisia, paese arabo fra i più avanzati quanto a libertà d’espressione. Il direttore della tv, Nébil Karoui, è stato minacciato di morte e in tribunale deve rispondere dell’accusa di “blasfemia”. Il pomo della discordia è una scena del film dove Allah è impersonato da un attore, che per di più parla in gergo giovanile. “Sono triste di essere qui oggi”, ha detto Karoui in aula. “E’ un processo ai dieci milioni di tunisini che avevano sognato un paese democratico. Questo processo non avrebbe dovuto aver luogo. Ma sarà un test per la libertà di espressione e la democrazia in Tunisia”. In rete sono apparsi editti religiosi contro l’emittente. Una fatwa vieta alle aziende locali di comprare spazi pubblicitari sulla tv privata. Uno squadrone di islamici ha attaccato l’abitazione del direttore armato di coltelli e anche dall’Iran è arrivata la condanna della tv, definita “eretica”. La prima udienza del processo, in cui Karoui rischia tre anni di carcere, si è chiusa anche con una aggressione verbale e fisica a due giornalisti. Secondo quanto riporta il Nouvel Observateur, il caporedattore del giornale al Maghreb, Zied Krichen, e il giornalista Hamadi Redissi, sono stati picchiati da estremisti islamici. Redissi è stato tacciato di essere “infedele” e “apostata” dagli integralisti fuori dal tribunale dove era andato a portare sostegno a Karoui. I salafiti rivolti ai sostenitori della libertà d’espressione hanno poi detto: “Spiacenti, avete perso il vostro paparino!”, riferendosi all’ex dittatore Ben Ali. L’organizzazione Human Rights Watch ha chiesto al governo eletto di abolire, dal codice penale, il delitto di vilipendio alla religione. Sotto Ben Ali questo era soltanto un pezzo di carta, ma nella competizione ideologica e religiosa per il futuro della Tunisia si sta rivelando un pericoloso cuneo per attaccare giornalisti, attori, registi e intellettuali. Il nome più noto è quello di Nadia El Fani, regista, figlia di un fondatore del Partito comunista tunisino, francese d’adozione e autrice di “Né Dio né padrone”, film che racconta la vita quotidiana di chi mangia e beve di nascosto durante il Ramadan, il mese sacro all’islam. Prima al cinema Africart di Tunisi, uno delle sale più famose della capitale, islamici hanno fatto irruzione urlando “la Tunisia è uno stato islamico”, poi hanno attaccato la regista con pagine Facebook tipo “Pisceremo sulla tua testa calva”. Infine una serie di incidenti hanno segnato l’inizio degli esami alla Facoltà di lettere di Manouba. I sostenitori del velo integrale, il niqab, avevano bloccato per due mesi le attività, dopo che una studentessa si era rifiutata di togliersi il velo e per questo era stata espulsa. Qualcuno ha lasciato un grande murales: “Viva la libertà”.
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