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Libero Rassegna Stampa
31.01.2012 Nascondersi in un bunker in caso di attacco
Ma secondo Gaiani Unifil è in prima linea, perchè?

Testata: Libero
Data: 31 gennaio 2012
Pagina: 18
Autore: Gianandrea Gaiani
Titolo: «L’Italia è in prima linea nella polveriera siriana»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 31/01/2012, a pag. 18, l'articolo di Gianandrea Gaiani dal titolo " L’Italia è in prima linea nella polveriera siriana ".


Unifil              un bunker, la prima linea secondo Unifil?

Un articolo poco aggiornato, che non tiene conto delle ultime dichiarazioni di Staffan de Mistura, il quale ha detto in caso di attacco israeliano ai siti nucleari iraniani e di conseguente risposta di Hezbollah dal Libano, Unifil "si chiuderebbe nel bunker e aspetterebbe che passi la tempesta" (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=35&sez=120&id=43193).
Questo sarebbe lo scopo di Unifil, nascondersi in un bunker e aspettare che passi la tempesta? Questa sarebbe la 'prima linea'?
Ecco il pezzo:

Il generale Paolo Serra, che sabato ha assunto il comando dei 12 mila caschi blu schierati in Libano, non è il primo italiano a guidare la missione Unifil (lo precedette Claudio Graziano tra il 2007 e il 2010) ma avrà il delicato compito di guidare la missione del Palazzo di Vetro in una fase delicata e pericolosa. Da un lato la crisi sempre aperta tra israeliani e miliziani sciiti Hezbollah, dall’latro le pericolose influenze della guerra civile in atto nella vicinissima Siria, Paese che continua ad avere un ruolo chiave negli equilibri in atto a Beirut. Brillanteufficiale alpinodistintosi alla guida della brigata Julia in Afghanistan, Serra dovrà tenere conto dei rapporti sempre più tesi tra i caschi blu e gli Hezbollah determinati soprattutto dal fatto che le milizie sciite continuano a schierare ingenti quantitativi di armi nel Libano meridionale incluse decine di migliaia di razzi in grado di colpire Israele. Nel novembre scorso uno di questi depositi è esploso proprio nel settore presidiato dal contingente italiano creando qualche imbarazzo.
DISARMARE I TERRORISTI
A Beirut, dieci giorni or sono, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, ha gettato benzina sul fuoco ribadendo la necessità di disarmare Hezbollah e le altre milizie libanesi, norma fondamentale ma mai applicata della Risoluzione 1701 che nel 2006 interruppe il conflitto israelo-libanese. L’alleanza tra il regime siriano, Hezbollah e l’Iran potrebbe trasformare i caschi blu in bersagli per azioni terroristiche come le tre verificatesi l’anno scorso in una delle quali 6 militari italiani sono rimasti feriti. Difficile attribuire le responsabilità anche per l’ambiguità di esercito e polizia libanesi ma chiunque conosca il Sud del Libano sa che il controllo sociale e territoriale esercitato da Hezbollah e servizi segreti siriani è totale.
RAPPRESAGLIE
Le decisioni della Ue di schierarsi contro il regime di Bashar Assad e di applicare sanzioni petrolifere all’Iran rendono i contingenti europei (italiani, francesi e spagnoli) ancora più esposti a rappresaglie terroristiche in un Libano nel quale gli sciiti appoggiano Damasco e i sunniti fanno filtrare armi per i ribelli dai confini settentrionali. L’Italia è quindi in primalinea non soloperché harilevato il comando di Unifil ma anche perché schiera il contingente più numeroso insieme a quello spagnolo, 1.226 militari (in calo rispetto ai 2.400 di due anni or sono) la cui missione quest’anno costerà 157 milioni di euro contro i 198 del 2011. Le notizie dalla Siria sembrano indicare un inasprimento della guerra civile. Dopo l’offensiva dei ribelli nella periferia orientale di Damasco le truppe di Assad hanno ripreso il controllo uccidendo ieri almeno 29 persone secondo fonti vicine agli insorti che hanno annunciato anche la fucilazione del colonello Hussein Harmush, fondatore delle “Briga - te degli ufficiali liberi” catturato dai lealisti a fine dicembre. L’oppositore Hazem Nahar auspica che l’Onu rafforzi l’iniziativa della Lega Araba all’interno della quale il Qatar spingeper un intervento militare al fianco degli insorti che sembra trovare consensi anche in Turchia. Per rallentare la messa a punto della risoluzione del Consiglio di sicurezza che chiederà ad Assad di cedere il potere, Mosca cerca di salvaguardare l’alleato di Damasco proponendo negoziati tra regime e insorti da tenersi in Russia. «L’op - posizione non è intenzionata a parlare con il presidente Bashar Assad» ha però tagliato corto Abdel Baset Seda, membro dell'esecutivo del Consiglio nazionale siriano, l’organismo che raggruppa i ribelli con sede in Turchia.

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