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Una poesia, per ricordare 26/01/2012

1944, UNO DEI TRENI

Non avere paura di niente, bambino mio.
Non avere paura.
Ci aspettano prati infiniti, sotto cieli sterminati.
I prati si riempiranno di fiori al nostro arrivo,
i cieli si riempiranno di stelle.
Tieni i tuoi piccoli occhi chiusi,
e non vedrai più il treno;
non lo sentirai nemmeno.
La tua bocca è secca, perché abbiamo il deserto da attraversare.
Il rumore che hai nelle orecchie è quello del vento nelle dune.
La manna cadrà dal cielo, e noi non avremo mai più fame.
Noi impareremo a volare.
La terra del latte e del miele è dall'altra parte del sole.
Per arrivarci bisogna morire.
La morte ha i colori dell'alba, il rumore delle onde, e l'odore del sale.

Gli uomini e le donne un giorno dissero a Dio,
il cui santo Nome non si può nominare,
ma sui treni tutto è permesso, anche questo:
-Signore ci hai abbandonato.
Anche la Speranza se n'è andata.-
E l'Altissimo rispose:
-Non era lei l'ultima compagna che vi avevo lasciato,
ma sono le storie,
la forza di raccontare.
Anche nel fondo dei ghetti
dove vi hanno chiuso,
nei lazzaretti, sui treni,
dietro i fili spinati,
potete ancora chiudere gli occhi
e aprire le ali.-
E allora ascolta bambino mio, non smettere mai di ascoltare.
E non avere paura di niente, bambino mio.
Non avere paura.
Al di là del sole
la terra del latte e del miele non aspetta che noi.
I cieli si riempiranno di stelle,
tra cui impareremo a volare.

La morte è un bel gioco;
è lei l'ultima compagna,
quando la speranza è finita,
quando le labbra spaccate dall'arsura,
le lingue tagliate
non riescono più a raccontare.
Quando l'orrore ha tagliato le ali.
È lei l'ultimo dono.
Sia lode all'Altissimo per la sua pietà.          

Silvana De Mari


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