L’opposizione in Siria: quanto è lungo il cammino !
Analisi di Zvi Mazel
(traduzione di Angelo Pezzana)
Uscito oggi, 23/01/2012, sul JERUSALEM POST
Zvi Mazel, Bashar al Assad
La ricerca di un denominatore comune tra i movimenti di opposizione, in grado di unificare le comunità etniche o religiose che formano la Siria, non è approdato a nulla in questi mesi.
La mancanza di un fronte comune spiega in larga parte perché l’opposizione non è riconosciuta dalla comunità internazionale e non riceve l’aiuto che invece è stato dato in Libia. Assad può quindi continuare ad affermare che rappresenta legittimamente il suo paese e che salverà il suo regime al prezzo di qualche concessione.
Quel che è successo la scorsa settimana illustra a qual punto l’unità dell’opposizione resti una chimera: non vi è alcun consenso sul dopo-rivoluzione. Il Consiglio Nazionale Curdo – CNK – che riunisce gran parte della minoranza curda, ha dichiarato il 18 gennaio che interrompeva la collaborazione con gli altri movimenti di opposizione, a meno di ricevere precise rassicurazioni sul riconoscimento della specificità curda all’interno della Siria. Il Consiglio, creato dal Congresso Nazionale Curdo lo scorso 26 ottobre, raggruppa 10 partiti e circa 150 leader politici. Doveva prendere contatto con gli organismi dell’opposizione per evidenziare la necessità di trovare democraticamente una soluzione al problema curdo e, più specificamente, l’accettazione del principio di auto-determinazione curda nel quadro di una Siria unificata. Al termine dei due mesi concessi per portare a termine questo progetto, il risultato è stato deludente: nessuna delle organizzazioni contattate si era pronunciata. Il CNK non ha pertanto nessuna intenzione di rivolgersi ad Assad, con il quale non esiste più alcun rapporto, anche perché si rifiuta di rimettere in libertà i manifestanti curdi arrestati malgrado l’amnistia concessa in base agli accordi con la Lega Araba. Ricordiamoci che i curdi, musulmani sunniti ma non arabi, rappresentano circa il 10% della popolazione siriana, cioè due milioni. Un quarto non ha la nazionalità siriana, ma nemmeno un’altra, e quindi non gode di alcun diritto. Il governo segue una politica di arabizzazione forzata: l’uso della lingua curda è proibito ed è vietato dare nomi curdi ai nuovi nati. Ne seguono conflitti che vengono duramente repressi. All’inizio dello scorso anno Assad si era impegnato a studiare la questione dei curdi apolidi, ma ne se ne è fatto nulla.
Dobbiamo però anche chiederci perché delle organizzazioni di opposizione che combattono la dittatura e vogliono creare una democrazia laica, si rifiutino di cercare una soluzione giusta al problema curdo.
Sempre la scorsa settimana, lo stesso 18 gennaio, un centinaio di intellettuali alauiti hanno dichiarato su Facebook che essi sostengono l’ del popolo siriano e facevano appello a tutti gli alauiti a partecipare al rovesciamento del regime, per sostituirlo con una nuova repubblica siriana fondata sulle leggi, la democrazia, e l’uguaglianza fra tutti i cittadini. Aggiungevano anche che molti fra loro condividevano quei punti di vista, temendo che il paese sprofondasse in una sanguinosa guerra civile.
Questi intellettuali si rivolgevano a tutte le organizzazioni di opposizione chiedendo che venissero condannate le manifestazioni di odio contro ogni comunità, perché pericolose per il paese. E’ la prima volta che delle personalità della comunità alauita, che è quella di Assad, e che dirige il paese, abbia osato dire apertamente di voler rompere i legami con i loro fratelli al potere, e che con il loro comportamento rischiano di far precipitare il paese in una guerra civile nella quale la stessa loro comunità sarà la prima vittima. Questo evidenzia che, all’interno di questa comunità, più d’uno è convinto che il presidente, alla fine, non riuscirà a superare la crisi. Anche su questo, le organizzazioni dell’opposizione non sono state in grado di rispondere a questo appello.
Quali sono queste organizzazioni ?
Si dividono in tre gruppi: il più importante è il Consiglio Nazionale Siriano, fondato lo sorso 2 ottobre a Istanbul, formato da alcuni movimenti sunniti, da una formazione liberale nata nel 2005, la “Dichiarazione di Damasco per un cambiamento democratico”, e dai Fratelli Musulmani, che sono la maggioranza nel Consiglio. Infine diverse personalità sunnite indipendenti, alcuni rappresentanti curdi, e dei rappresentanti cristiani assiri. A capo di questo Consiglio c’è Borhan Gallion, un politico rifugiatosi in Francia, non legato ad alcun partito. Ufficialmente il Consiglio si batte per creare un regime laico, nel quale tutti i cittadini siano uguali, senza distinzione di sesso, appartenenza etnica, religiosa o politica. Un programma senza dubbio ambizioso, capace però di provocare, tenuto conto della presenza dei Fratelli Musulmani. D’altra parte, il fatto che il Consiglio non sia pronto ad ascoltare le richieste dei curdi, non può che rafforzare i dubbi su come intenda comportarsi con le minoranze. Ufficialmente il Consiglio si pronuncia contro la creazione di milizie scelte su base comunitaria ed è contro qualunque intervento esterno, anche se chiede poi alla comunità internazionale di proteggere i cittadini siriani contro le forze di sicurezza del regime. Una posizione molto ambigua. Senza un intervento militare esterno, come si possono proteggere i cittadini ? Si è visto bene come gli osservatori della Lega Araba siano stati incapaci di fermare i massacri.
Il secondo gruppo è il “Coordinamento Nazionale Siriano delle Forze per il Cambiamento democratico”, che raggruppa un certo numero di partiti della sinistra, tra i quali uno comunista, uno curdo e alcuni oppositori. Anche il Coordinamento si è rifiutato di dialogare con i curdi.
Terzo e ultimo gruppo, l’ “Armata Siriana Libera”, agli ordini del colonnello Ria el Asa’ad, composta da disertori dell’esercito regolare, conta ventimila uomini, un numero però difficile da verificare. Dotata di armamenti leggeri, si dedica a sabotare istallazioni militari delle forze di sicurezza e istruisce i civili a difendersi. Negli ultimi tempi il numero dei disertori è aumentato, ciò malgrado non è ancora in grado di affrontare l’esercito regolare.
Il Consiglio Nazionale Siriano e il Coordinamento Nazionale hanno firmato un accordo di cooperazione il 31 dicembre, impegnandosi a studiare insieme le strategie di combattimento, la gestione del periodo di transizione e determinare la natura del futuro Stato siriano. Difficile però conciliare l’islamismo estremista dell’uno con il sinistrismo anch’esso estremista dell’altro. Il Consiglio ha anche concluso un accordo con l’Armata Siriana Libera il 12 gennaio, che prevede il coordinamento dell’opposizione e la protezione delle popolazioni civili, incoraggiare le diserzioni e rispettare l’indipendenza dell’Armata Libera.
Va ricordato ancora Abdel Halim Haddam, ex vice-presidente e ministro degli affari esteri di Hafez Assad, il quale, entrato in conflitto con il figlio Bashar, è dovuto fuggire in Francia dove tuttora risiede, e dove ha creato un Fronte di Salvezza Nazionale, formato per lo più da ex politici. Il Consiglio Nazionale Siriano non si fida del suo pesante passato, Abdel Halim Halim chiede apertamente l’intervento del Consiglio di Sicurezza insieme all’invio di truppe.
In breve, nonostante gli sforzi sporadici per arrivare ad una unificazione, l’opposizione è incapace di rappresentare un fronte unico. Sono in contatto con la Lega Araba, che però si rifiuta di riconoscerli quali legali rappresentanti della Siria, malgrado il fatto che la partecipazione della Siria alla Lega sia stata “sospesa”. La Lega tratta per ora con Bashar e non è disposta per il momento a richiedere l’intervento del Consiglio di Sicurezza e, meno ancora, l’invio di truppe.
Bashar Assad dispone ancora di solidi alleati. La Russia, che ha inviato navi da guerra nel porto siriano di Tartous per dimostrare la sua solidarietà, è pronta a mettere il veto a qualsiasi sanzione. L’Iran non risparmia i suoi sforzi per aiutare Assad e partecipa alle sue azioni repressive.
Hezbollah, che ha interesse a che Assad rimanga al potere per poter continuare a ricevere armi e munizioni, sostiene il regime e avrebbe anche inviato suoi uomini in Siria. Malgrado le dichiarazioni roboanti di alcuni leader occidentali, per i quali la caduta del regime sarebbe questione di settimane, Assad tiene duro. L’opposizione siriana non è riuscita a mobilitare le classi medie sunnite di Damasco e Aleppo: le minoranze cristiane e druse restano a guardare; i curdi, infine, non avendo ricevuto alcun incoraggiamento, esitano ad unirsi alla lotta.
Sabato il capo del Consiglio Nazionale Siriano è stato al Cairo che chiedere alla Lega Araba di sottoporre finalmente la questione siriana al Consiglio di Sicurezza, chiedendo che vengano create zone controllate fra soldati e popolazione civile, zone no-fly, e anche una forza internazionale di protezione. Ma le possibilità che le sue richieste vengano accolte sono quasi nulle. La Lega Araba le accetterà come raccomandazioni alla delegazione degli osservatori, il cui risultato è stato finora solo quello di dichiarare che era sceso il livello della violenza insieme al numero delle vittime. Dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano. Comunque vada, il dramma siriano è ancora lontano dalla fine.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta