copia di e-mail inviata a Sergio Romano al Corriere della Sera:
Egregio dott. Romano
nella risposta da Lei data al lettore David Caviglia in data 20 gennaio,
con riferimento alla guerra di Israele contro Hezbollah del 2006, Lei
conclude così su Israele: "Credo che sia suo interesse essere considerato uno Stato come gli altri" . Se ho capito bene Israele eccederebbe e si esporrebbe
alla condanna altrui (da Lei condivisa), dato che-cito- "esistono in politica
internazionale interessi comuni e interdipendenze che espongono ogni Stato al giudizio di altri paesi."
Benissimo , il ragionamento fila se la considerazione degli altri
dipendesse solo da Israele e non anche e in primo luogo da chi deve
"considerare". Ed inoltre, fila se questi interessi comuni
ecc., includendo la tutela del diritto all' esistenza dello Stato di Israele -
così come quella di altri Stati - intervenissero in modo conseguente contro
chiunque volesse violare questo principio di giustizia e di eguaglianza.
Vorrà ammettere però che, in caso contrario, chiunque, Israele compreso, dovrebbe provvedere non solo a "considerare" in proprio , ma anche ad autotutelarsi. E questo non per la sua "storia eccezionale", ma per la situazione in cui dovesse trovarsi.
Invece, a leggere le sue argomentazioni, sembra che Israele non debba reagire, si debba piegare ad interessi comuni ad altri, a spese proprie e allo scopo illusorio di essere considerato (da chi poi?) come gli altri paesi, quelli che nessuno minaccia. Siamo sicuri che non ci sia un errore nell'esame di
realta? Una simile logica può piacere a qualcuno disposto a favorire la
distruzione di Israele, magari come pegno per andare d'accordo con gli arabi,
che sono tanti e arrabbiati.
E' anche Lei tra costoro?
Distintamente
Andrea Cafarelli