India: Salman Rushdie non potrà partecipare al festival letterario di Jaipur dopo oltre vent'anni rischia ancora la vita per la fatwa dell'ayatollah Khmoneini
Testata: Il Foglio Data: 19 gennaio 2012 Pagina: 1 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «La 'città rosa' contro Rushdie»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/01/2012, in prima pagina, l'articolo dal titolo "La 'città rosa' contro Rushdie".
Salman Rushdie, I versi satanici, l'ayatollah Khomeini
Roma. In soli sei anni Jaipur, la “città rosa” del deserto del Thar nel Rajastan, era diventata la sede del più ricco festival di letteratura del mondo. Un vanto dell’India e una meta di pellegrinaggio anche per tanti cultori nostrani dell’Asia, come Roberto Calasso. Ma da oggi Jaipur potrebbe anche essere off limits per il più illustre scrittore indiano al mondo, Salman Rushdie. Un quarto di secolo dopo aver scritto “Versetti Satanici”, Rushdie è di nuovo al centro di una bufera in India, il luogo dove è nato e cresciuto. La sua presenza al Festival della letteratura di Jaipur è sempre più in dubbio a causa della protesta di un’influente scuola coranica. Ieri il Telegraph ha scritto che il nome di Rushdie, icona della “literary London”, sarebbe già stato eliminato dal programma degli eventi. Tra il 1989 e il 1998, Rushdie ha vissuto alla periferia di Londra, scortato notte e giorno dagli agenti segreti britannici e da Scotland Yard. Mentre il mondo musulmano insorgeva dando alle fiamme il libro in enormi falò pubblici, i suoi “Versetti” diventavano un bestseller globale. Il grande continente indiano, temendo le proteste, non attese neppure il verdetto di morte dall’Iran per bandire gli scandalosi “Versetti”. Da allora sono introvabili nel paese. E da quel 1989 la persecuzione contro Rushdie, scatenata dall’ayatollah Khomeini, ha provocato decine di morti e feriti. Trentasette persone sono morte nel 1993 in Turchia, in un attentato contro Aziz Nesin, editore turco di Rushdie. Hitoshi Igarashi, suo traduttore in giapponese, fu sgozzato nel 1991. Ettore Capriolo, traduttore in italiano per Mondadori, venne accoltellato poche settimane dopo. William Nygaard, traduttore norvegese, fu ferito a pistolettate nel 1993. “Una venuta di Rushdie nel paese aggiungerebbe sale alle ferite che ha inflitto ai sentimenti dei musulmani”, ha tuonato Abul Qasim Nomani, vicedirettore del seminario islamico Darul Uloom Deoband, la seconda università islamica più grande del mondo. La sua importanza è pari se non superiore a quella di Al Azhar, “la Radiosa”, l’università islamica del Cairo. Nel 2007 Jaipur, sempre sotto la pressione della scuola Deobandi, era già stata teatro della persecuzione di un’altra scrittrice maledetta, Taslima Nasrin, la “Rushdie al femminile”, cinquant’anni un terzo dei quali vissuti in esilio sotto minaccia di morte, autrice di una trentina di libri “blasfemi” per gli integralisti islamici perché chiedono la rilettura del Corano, prima letterata musulmana oggetto di una fatwa di morte (era il 1993). Lo scorso agosto bastò che su Facebook si rincorresse la notizia di una imminente visita di Rushdie al festival letterario di Srinagar, capoluogo e “perla” attrattiva della regione del Kashmir, perché la kermesse culturale venisse abolita. Quando nel 2007 Rushdie ottenne le insegne di Baronetto dalla regina Elisabetta, dall’Iran un gruppo di sicari offrì 150 mila dollari a chi lo avesse ucciso, mentre in India migliaia di islamici scesero in piazza per chiedere la sua testa. Quando nel 2008 la famiglia Godrej, magnati dell’industria indiana, ha ospitato a Mumbai lo scrittore condannato a morte, la All India Ulema Council, influente organizzazione che raggruppa leader e gruppi islamici da tutta l’India, organizzò un boicottaggio dei prodotti del colosso economico. Un anno dopo Rushdie tornò in India, ma fu costretto ad abbandonarla dopo poche ore a causa di serie minacce. Rushdie si trovava a Mumbai per partecipare a manifestazioni di beneficenza a sostegno della lotta all’Aids. Nulla di più “innocuo”, ma non per i fondamentalisti islamici che hanno giurato a Rushdie di impedirgli persino di andare a pregare sulla tomba di suo padre. Nel 2004, lo scrittore riuscì a stare poco nell’ex Bombay a causa di forti proteste che lo spinsero a lasciare la città in gran fretta verso un luogo sconosciuto. Ovunque nella metropoli indiana si alzarono cori come “Uccidete il terrorista in colletto bianco”. Ieri organizzazioni islamiche influenti, come la Raza Academy di Mumbai, hanno offerto 100 mila rupie a quel prode musulmano indiano che finalmente taglierà la gola al colletto bianco di Sua Maestà.
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