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Grazie, Hamas
La scorsa settimana Isma’il Haniyeh, Primo Ministro di Hamastan-Gaza è stato in visita in Tunisia. Una visita di Stato, secondo l’invito ufficiale del governo tunisino, dove il partito di maggioranza ha la stessa ideologia del gemello Hamas. Il nome di questo partito è An-Nahada (risveglio), in coppia con quello islamico. La visita non era stata coordinata con l’ambasciata dell’Olp in Tunisia ed è stata affettuata malgrado l’opposizione dello stesso Olp, in disaccordo perché secondo loro Isma’il Haniyeh non è il Primo Ministro, in quando era stato cacciato da Abu Mazen dopo il colpo di stato a Gaza nel 2007. Questa visita è stata rilevante per due motivi: 1) La Tunisia riconosce il governo di Hamas come legittimo, senza entrare nel merito di chi lo rappresenta, riteneneo così di non offendere l’Olp. In questo modo, la Tunisia riconosce che vi sono due governi palestinesi: uno a Gaza, con a capo Haniyeh, uno a Ramallah, con a capo Salam Fayyad. Da tutto ciò emerge un quadro molto chiaro: Haniyeh è il capo di uno stato, si comporta ed è ricevuto come tale: lo Stato di Hamas a Gaza. Che la cosa piaccia o meno, a Gaza esiste uno Stato che va trattato come tale. E’da queste basi che Haniyeh negozia con Abu mazen, il quale capisce meglio di chiunque altro che cosa sta succedendo a Gaza, si dimostra d’accordo a ringrazia Hamas per aver risolto il problema inestricabile della guerra fra famiglie rivali, che l’Anp a Ramallah vede con disprezzo e disgusto, per via della loro natura tribale e del fatto che molte famiglie a Gaza sono di origine beduina. L’intellighentzia borghese di Ramallah non ha mai provato alcuna vicinanza o una condivisione con gli abitanti del deserto che circonda Gaza. Gli accordi firmati ogni tanto tra Olp e Hamas sono ‘accordi di facciata’, che, va detto, si basano su dei testi specifici, ma che entrambe le parti interpretano in modo opposto, secondo i rispettivi punti di vista. L’Olp firma il documento in modo che Hamas faccia bella figura a Gaza e non pensi ad impadronirsi di Giudea e Samaria, mentre Hamas firma il documento come riconoscimento verbale dell’ Olp, ma con l’obiettivo di ignorarlo per arrivare al controllo delle istituzioni dell’Autorità palestinese. Ognuno conosce le intenzioni dell’altro, questo spiega perché non ne esca mai nulla di serio, tranne per un aspetto: riconoscimento reciproco dell’indipendenza e sovranità sul territorio sul quale ciascuna parte governa. Così Hamas ha di fatto sostituito l’Olp a Gaza. A questo punto, Hamas sta investendo le proprie energie non in un jihad contro Israele, ma in un “ jiahd costruttore”, uno Stato islamico nella Striscia di Gaza, ne delinea le istituzioni, costruisce l’economia e stabilisce le relazioni con l’estero. Hamas è passata da movimento ideologico-jihadista a organizzazione che si propone la costruzione di uno Stato. Non è diventato un movimento sionista, ma avendo sospeso la guerra santa, il portavoce dell’jihad islamica palestinese, in teoria contrario a sospendere la guerra santa contro i sionisti, adesso definisce Hamas “guardiano del confine sionista”. In altre parole Hamas ha tradito valori e obiettivi che ne erano la base, lo stesso nome “ movimento di resistenza islamica” obbligava i suoi membri a non deporre la spada dell’ijhad nemmeno per un momento. E’ questa la ragione per la quale i membri dell’ijhad islamico continuano a lanciare missili contro Israele, malgrado gli ordini di Hamas. Una valutazione importante sulla costruzione dello stato di Hamas a Gaza la si verifica nell’intenzione effettiva della volontà di Hamas di abbandonare la Palestina. Questo risulta chiaramente dall’analisi di uno degli interventi di Haniye in Tunisia, rivelatore della cultura retorica e bugiarda dei leader mediorientali. Nella sua invettiva ha urlato alla folla alcuni concetti utili ad allontanare da Hamas colpe e meriti: “ non abbandoniamo i diritti dei palestinesi” come dire che in pratica se ne sono disfatti, ma deve dire il contrario per nascondere la vergogna dell’abbandono. “ Non abbandoneremo Gerusalemme e al-Aqsa” significa “ li abbiamo già abbandonati”. “ Non abuseremo della fiducia riposta in noi “ significa “ abbiamo ormai tradito la missione affidataci in quanto guerriglieri del ijhad”. “ Il sangue dei martiri della rivoluzione tunisina è sgorgato sulla strada per liberare Gerusalemme e al-Aqsa”. Questa affermazione dimostra che le parole di Haniye su Gerusalemme e al-Aqsa non sono altro che pura demagogia, perché seicento tunisini sono stati uccisi durante il mese di dimostrazioni contro l'ex Presidente Zain al-‘Abidin Bin’ Ali, a causa della corruzione, disoccupazione, oppressione e povertà, non per Gerusalemme a al-Aqsa. “ 'Non chiederemo denaro e non ne accetteremo in cambio dell’abbandono di Gerusalemme e al-Aqsa”, mentre Haniye chiede invece ai suoi ospiti di aiutarlo a trovare trovare gli aiuti finanziari per la ricostruzione di Gaza da consegnare ad Hamas, piuttosto che darli all’Olp-Anp di Fayyad a Ramallah. Questi soldi erano stati promessi dai paesi arabi tre anni prima, subito dopo l’operazione “Cast Lead”, ma sino ad oggi neanche un soldo era arrivato a Gaza a causa della guerra tra Hamas e Olp. Quest'ultimo reclama la sua autorità nei territori palestinesi, è il solo ad essere presente nella Lega Araba, per cui è solo lui a dover ricevere il denaro, che distribuirà secondo il suo solo criterio. Hamas riafferma di essere l’unico potere nella Striscia di Gaza, per cui è a lui che il denaro deve essere trasferito, per cui solo loro possono decidere a chi deve andare e l’utilizzo che deve esserne fatto. Questo disaccordo ha impedito sino ad oggi che il denaro arabo venisse utilizzato per il fine stabilito, cioè la ricostruzione di Gaza. I paesi europei a l’America, dall’altro lato, non hanno problemi nel trasferire denaro a Gaza “per scopi umanitari”, vale a dire l’arricchimento dei corrotti di Hamas. Alcuni leader di Hamas hanno capito in quale modo approfittare della loro posizione per migliorare la propria condizione economica, appropriarsi di una parte del denaro che entra a Gaza di nascosto per acquistare appartamenti e altre proprietà a Gaza e altrove. Distribuendo impieghi a famigliari e amici, è questo il nome della corruzione politica nella Striscia , esattamente come avviene nell’Autorità palestinese. La polizia di Hamas è corrotta e crudele, e la gente di Gaza, ormai disillusa sia di Hamas che dall’Olp, ricorda con realismo quando Gaza era governata da Israele, sì, proprio da Israele. Non si aspettavano di essere trattati correttamente da Israele, eppure Israele si comportava con la correttezza dovuta a chi non commetteva atti di terrorismo. Sui loro fratelli, prima quelli dell’ Olp e adesso Hamas, la gente aveva delle aspettative, ma in tutti i regimi arabi tra aspettative e realtà c’è la stessa differenza che passa tra cielo e terra. L’Iran si è accorto di questo cambiamento di Hamas, sia teorico che nel comportamento, e ha bloccato tutti i trasferimenti di denaro, per cui Hamas, a causa della crisi economica sopraggiunta, non può più pagare gli stipendi, le attività proseguono solo grazie al denaro che arriva della tasse raccolte da Israele. Questo è uno dei tanti paradossi del Medio Oriente: Israele mantiene economicamente quelli che cercano di distruggerlo. E’ chiaro a tutti il fatto che Hamas sta rendendo un grande servizio a Israele separandosi dall’Olp, infrangendo il sogno nazionale palestinese, provando a tutti, nella regione e ovunque, che l’intera narrativa nazionalista palestinese non è mai esistita, non era altro che uno slogan mai diventato realtà. Il tribalismo è ancora vivo e vegeto, e tutti gli slogan sulla esistenza di un popolo palestinese serve solo per convincere gli stranieri: occidentali ma anche israeliani, malgrado il fatto che nessuno in questa regione creda negli slogan, come il nazionalismo iracheno ha dimostrato la sua inesistenza, o quello siriano, che nel bagno di sangue dello scorso anno ha dimostrato di non essere altro che un vuoto slogan. Israele deve ringraziare il movimento Hamas per avere rivelato la verità al mondo intero. Gli slogan di Haniyeh hanno anche mostrato le menzogne del movimento islamista, che è motivato dal solo desiderio di potere. Così è in Egitto, come in Tunisia, il paese che Haniyeh ha visitato per primo. L’unità del movimento islamista, coloro che agiscono secondo i principi dei Fratelli Musulmani, che proclamano “ l’islam è la soluzione”, mentre cercano soltanto potere, denaro e onori. Forse che l’islam è la soluzione per la fame, disoccupazione, ignoranza, violenza, povertà, malattie, abbandono ? I leader dei movimenti islamisti, come di quelli nazionalisti, sostengono una cosa pensando l’opposto, cercano di convincere la gente con delle bugie alle quali non credono nemmeno loro. Il tribalismo era, ed è, il centro di ogni cosa, tutto il resto è contorno. Coloro che in Occidente, inclusi alcuni israeliani, non hanno famigliarità con la cultura mediorientale, cadono nella trappola e credono che se qualcuno in Medio Oriente dice una cosa vuol dire che dice quel che pensa. Non capiscono la cultura del “tanto per dire” o “ una specie di” che caratterizza il Medio Oriente: se qualcuno dice a un occidentale: “ noi tutti la pensiamo così” può essere sicuro che saranno pochi a pensarla come chi ha parlato, ma non lo diranno allo straniero, in modo che lui non si accorga dell’inganno. In conclusione, dopo quanto abbiamo detto, è che Israele deve stare alla larga dalle menzogne che costituiscono la narrativa “palestinese” e proseguire coraggiosamente con i suoi vicini arabi verso l’unica soluzione veramente possibile in Medio Oriente: otto stati tribali, basati sulle tribù che vivono a Gerico, Ramallah, Nablus (Schem), Jenin, Tul-karm, Qalqilya, la parte araba di Hebron e Gaza, che è già comunque uno stato. Israele deve entrare per sempre in possesso delle aree rurali di Giudea e Samaria , e anche offrire ai cittadini arabi che vi abitano la cittadinanza israeliana. Il peso demografico di un passo simile sarà leggero, mentre il beneficio territoriale sarà grande, perché in questo modo tutte le colonie ebraiche in Giudea e Samaria potranno rimanere sotto giurisdizione israeliana, mentre la grande maggioranza degli arabi che vivono in città, avranno la possibilità di costruire strutture politiche compatibili allo spirito del Medio Oriente: la cultura tribale. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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