Iran/Usa/Israele,aggiornamenti sulla situazione analisi di Daniele Raineri, Redazione del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 17 gennaio 2012 Pagina: 1 Autore: Daniele Raineri - Redazione del Foglio Titolo: «La Cia e il Mossad si tirano calci sotto il tavolo del fronte anti Teheran - L’entourage di Khamenei ha un piano nucleare che sa di golpe»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 17/01/2012, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " La Cia e il Mossad si tirano calci sotto il tavolo del fronte anti Teheran ", a pag. 3, l'articolo dal titolo " L’entourage di Khamenei ha un piano nucleare che sa di golpe ". Ecco i due pezzi:
Daniele Raineri - " La Cia e il Mossad si tirano calci sotto il tavolo del fronte anti Teheran"
Daniele Raineri, Mossad, Cia
Roma. La storia grande è quella dell’accelerazione non voluta verso uno scontro diretto tra Stati Uniti e Iran nelle acque del Golfo, e in parallelo a questa crisi territoriale corre la questione delle sanzioni brutali decise a Washington contro il programma atomico iraniano. La storia più piccola è quella di Cia e servizi segreti d’Israele, che si starebbero lanciando avvertimenti e scambiando sfavori. Il contesto è quello che è successo – che sta ancora succedendo – nelle ultime due settimane. Anne Gearan, che segue la sicurezza nazionale per Associated Press, scrive che il rischio di guerra con Teheran “durante il mandato di Barack Obama non è mai stato così alto”. Il capo di stato maggiore Martin Dempsey da oggi è in Israele per lavorare a una strategia comune. Un contingente senza precedenti di militari americani lo ha preceduto e presidia le batterie antimissile contro un eventuale attacco da fuori. La marina dice che due unità sono state disturbate in modo aggressivo da motoscafi iraniani. Il segretario al Tesoro, Tim Geithner, martedì scorso è stato a Pechino per convincere i cinesi a partecipare alle sanzioni. I sauditi offrono rassicurazioni sul fatto che riusciranno a pompare greggio a sufficienza per tutti, anche se verrà meno l’offerta da parte dell’Iran. Teheran versa in una crisi monetaria gravissima, tanto che intermediari si procurano di contrabbando dollari dalla Banca centrale del vicino Iraq. E’ un’accelerazione e l’Amministrazione Obama vuole frenare. Considera lo scontro un fallimento della propria politica, non intende affrontare un altro problema di sicurezza militare e per questo ha aperto un canale segreto con il nemico al massimo livello. Giovedì scorso il New York Times ha scritto che la Casa Bianca è riuscita a entrare in contatto con la Guida Suprema, Ali Khamenei. Laura Rozen, ex Politico ora specialista ben informata per Yahoo!News, specula che gli Stati Uniti si siano affidati a un paese terzo, un intermediario, e nota che il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu prima s’è incontrato con il sottosegretario al dipartimento di stato, Bill Burns, ad Ankara e poi è volato a Teheran dicendo di essere latore di un messaggio da parte dell’occidente. “Non c’è un telefono rosso (tra Washington e Teheran) – dice Patrick Clawson, direttore del Washington Institute for Near Policy – si è trattato di una lettera”. L’avvertimento mandato a Khamenei da Obama è che la chiusura dello Stretto di Hormuz – minacciata a più riprese nei primi dieci giorni di gennaio – “è una linea rossa che se attraversata provocherebbe la risposta americana”. La missione di Davutoglu ha avuto un secondo scopo: il ministro turco ha detto che la Turchia è pronta a ospitare il prossimo round di negoziati sul nucleare tra Europa, America e Iran. Le condizioni poste dagli americani sono severe, ma da Teheran non arriva un “no”, là sostengono anche di “avere risposto” alla proposta di nuovi colloqui avanzata dal capo della diplomazia dell’Ue, Catherine Ashton. A questo punto mercoledì, con tempismo disgraziato, uno scienziato nucleare iraniano, Mostafa Ahmadi Roshan, è stato ucciso da una bomba attaccata da due motociclisti alla portiera della sua macchina in mezzo al traffico di Teheran. Il governo dell’Iran ha subito accusato Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele. Il segretario di stato Hillary Clinton ha categoricamente negato “qualsiasi coinvolgimento americano in atti di violenza dentro l’Iran”. Due giorni dopo, ecco il giornalista di Foreign Policy Mark Perry tirare fuori, grazie a fonti nella Cia, una storia scabrosa, di quando Obama non era ancora presidente. I servizi israeliani reclutavano i loro agenti in Iran anche tra i membri di un gruppo terrorista sunnita, Jundullah, e agivano facendo finta di essere agenti americani della Cia o della Nato. Tanto che persino il loro capo, Abdolmalek Rigi, catturato dagli iraniani nel 2010, confessava durante gli interrogatori di sospettare che qualcosa non quadrasse perché gli incontri avvenivano in Marocco e a Londra, e non invece in Afghanistan dove sarebbe stato più semplice e comodo per tutti. Rigi è stato giustiziato nella prigione di Evin nel marzo 2010. Quando nell’Amministrazione Bush vennero a sapere dell’operazione a nome americano – scrive Perry – montarono su tutte le furie. Jundullah fu poi dichiarata organizzazione terroristica – come al Qaida – dal dipartimento di stato poche settimane dopo l’insediamento di Obama alla presidenza. Se l’uccisione mirata a Teheran è legata ai servizi israeliani ha aggiunto tensione a un tempo di tensione già forte. Se le informazioni sul Mossad pubblicate da Perry non sono arrivate per caso, si tratta di uno calcio sotto il tavolo fra colleghi. Domenica il vice primo ministro israeliano, Moshe Yaalon, ha detto di essere “deluso dalle esitazioni di Obama, che frena sulle sanzioni decise dal Congresso perché è un anno elettorale”. Le intenzioni sono in comune, le relazioni sono più difficili.
" L’entourage di Khamenei ha un piano nucleare che sa di golpe "
Ali Khamenei
Chi è il postino della missiva americana? Perché il presidente degli Stati Uniti si è rivolto per via “coperta” e direttamente all’ayatollah Ali Khamenei per dare un similultimatum all’Iran? “Non toccate lo Stretto di Hormuz, il blocco che avete minacciato per la via del petrolio sarà considerato un atto di guerra. Non lo tollereremo”, ha mandato a dire Barack Obama. Chi ha fatto arrivare la missiva a Khamenei? Voci da Foggy Bottom dicono che, tra i collaboratori di Khamenei, ad avere un sistema diplomatico di contatto con Washington è l’ex ministro degli Esteri Ali Akbar Velayati (amico di vecchia data di Giulio Andreotti). Ora ricopre la carica di consigliere per gli Affari politici di Khamenei ed è l’uomo della diplomazia parallela della Guida Suprema della Repubblica islamica d’Iran. Un altro personaggio dell’entourage con ottimi timi agganci in occidente è il presidente del Parlamento, Mohammad Javad Larijani. I due hanno, sull’atomica iraniana, una visione ben diversa da quella del presidente Ahmadinejad. Non la considerano uno strumento di continuazione della politica di potenza dell’Iran, come Ahmadinejad, ma la vedono, per il momento, come non indispensabile. Un vertice segreto a Qom La disputa interna sul nucleare fra i due supremi centri di potere iraniano, come spiega un documento segreto a disposizione dell’intelligence, iniziò nel novembre scorso, poco prima dell’annunciata pubblicazione del duro rapporto dell’Aiea. I consiglieri di Khamenei, come racconta il dossier arrivato da Teheran, avevano allora, e ancora oggi, idee diverse da Ahmadinejad. Gli osservatori di affari iraniani a Washington si erano accorti, da alcune dichiarazioni rilasciate da Larijani alla Msnbc, che c’era ruggine con Ahmadinejad. Larijani aveva detto che era ridicolo pensare a un Iran in corsa per la bomba atomica e aveva citato una fatwa di Khamenei che proibiva tale attività. Indagando a Teheran e nei circoli diplomatici iraniani, l’intelligence ha scoperto in seguito un dato di estremo interesse. Ai primi di novembre, dopo vani sforzi di Larijani di bloccare o quantomeno ritardare il dossier dell’Aiea, c’era stata a Qom una riunione convocata da Khamenei, preoccupato dal pericolo delle sanzioni. Velayati arrivò a suggerire alla Guida Suprema di rinnovare la fatwa contro il nucleare per rabbonire gli occidentali, europei e americani. Velayati ricordò ai convenuti che nel 1979, dopo il trionfo della rivoluzione, l’ayatollah Khomeini disse: “Il nucleare è una creatura di Satana”. Secondo Velayati tali concetti andavano ribaditi da Khamenei in una predica del venerdì a Qom, in modo da distanziarsi da Ahmadinejad e dai suoi progetti. Alla relazione di Velayati fecero seguito concetti analoghi espressi da Larijani, preoccupato dalle conseguenze economiche e politiche della vicenda. Gli umori dei pasdaran Alla fine della lunga discussione, alla quale aveva assistito in silenzio, Khamenei disse che tali e tanti elementi avevano bisogno di una lunga riflessione. Da allora non ci sono più state fatwa della Guida Suprema ma i rapporti con Ahmadinejad si sono fatti pessimi, soprattutto ora, a poco tempo dalle elezioni politiche del 2 marzo. Ovviamente anche la lettera di Obama esige una lunga riflessione di Khamenei. Ma le stesse fonti da Qom dicono che i pasdaran e la marina iraniana non hanno tanta voglia di guerreggiare nello Stretto di Hormuz per fare piacere ad Ahmadinejad.
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