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13/5/02 I consigli dell'ambasciatore
Riflessione di Barbara Mella




Vorremmo commentare, ringraziandone l'autore, lo splendido fondo di Sergio Romano pubblicato sul Corriere di oggi, 11 maggio, ricco di antica saggezza e prodigo di preziosi consigli. Con la consueta sapienza del diplomatico di razza Romano ci spiega quanto sarebbe stata opportuna la scelta di ospitare tutti insieme i tredici palestinesi di Betlemme. Innanzitutto "era umanitaria", dice Romano, e ha perfettamente ragione: sarebbe davvero ora che qualcuno si decidesse a compiere un atto di umanità verso quelle povere creature costrette - israeliani fetenti! - a convivere per settimane con l'intollerabile puzzo di tutto il cibo che non riuscivano a consumare e che restava lì a marcire. Costrette, contro la propria etica e contro la propria coscienza, a raccontare perfino, pur di sbloccare la situazione, delle piccole ingenue bugie, come quella di essere costretti a nutrirsi dei radi fili d'erba che crescevano lì intorno - proprio come gli ebrei di Auschwitz. "La vicenda - spiega poi - era divenuta uno scandalo, non soltanto per l'opinione pubblica cattolica": parole sante! Come non giudicare scandaloso costringere duecento poveri palestinesi a vivere per oltre un mese su un'autentica santabarbara, decine di mine, centinaia di bombe, che un solo attimo di disattenzione avrebbe potuto far esplodere? Come tollerare una tale inumanità? E poi, prosegue il saggio Romano, "era un investimento politico da cui la diplomazia italiana avrebbe potuto ricavare in futuro qualche dividendo. Dopo avere ceduto alle richieste degli americani e della Santa Sede l'Italia, infatti, sarebbe stata in condizione di pretendere, soprattutto a Washington, un 'posto a tavola' ". Grande saggezza! Già Mussolini aveva capito l'importanza di poter gettare sul tavolo qualche migliaio di morti per potersi sedere da vincitori al tavolo delle trattative! A lui poi non è andata tanto bene, ma se Romano non fosse stato troppo giovane per poterlo consigliare ... Ma il contributo del grande saggio non si ferma qui. Ci dimostra anche che i tredici non avrebbero affatto rappresentato un pericolo: "Una volta giunti in Italia, i tredici palestinesi sarebbero stati troppo noti e visibili per diventare centro di trame terroristiche o bersaglio di azioni punitive": e infatti chi, fra tutti i cinquantasei e rotti milioni di italiani, non conosce ogni tratto dei loro visi? Chi non sarebbe in grado di riconoscerli anche se si tagliassero barba e baffi? E oltretutto "potrebbe persino sostenersi che il gesto avrebbe assicurato al nostro Paese una sorta di immunità territoriale". Vero. E comprovato: quando si paga il pizzo alla mafia si può essere certi che nessun "incidente" potrà capitare al nostro negozio, o alla nostra auto, o ai nostri figli. Le solite anime belle potrebbero obiettare che ciò non è molto etico ma, come giustamente ci ha insegnato il nostro ministro Lunardi, bisogna essere realistici: la mafia c'è e bisogna imparare a conviverci. I palestinesi ci sono e bisogna imparare a conviverci, e se sono terroristi, tanto peggio per chi non è disposto a pagare il pizzo. E vorremmo concludere questo commento con il "piatto forte" del fondo, in cui Romano dà prova di tutta la sua ineguagliabile dirittura morale: nel commentare il fatto che Berlusconi e Fini non hanno ritenuto opportuno comportarsi come, secondo lui, sarebbe stato giusto, chiarisce: "Non abbiamo il diritto di fare processi alle intenzioni e di pensare, ad esempio, che il governo, trattando i tredici palestinesi come terroristi, abbia voluto lanciare a Israele un segno di simpatia e di amicizia": eh certo! Sospettare qualcuno - oltretutto senza neanche averne le prove - di nutrire una qualche simpatia nei confronti di Israele, sarebbe davvero una mascalzonata di quelle grosse, imperdonabile, roba da beccarsi una denuncia per diffamazione! Ma il grande Sergio Romano è politico troppo navigato per rischiare di cadere in simili tranelli.



di Barbara Mella




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