lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.01.2012 Genocidio armeno: Sergio Romano aiuta il negazionismo turco
Disquisendo sul presunto delitto d'opinione

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 gennaio 2012
Pagina: 41
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Sulla questione armena lasciate lavorare gli storici»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/01/2012, a pag. 41, la risposta di Sergio Romano a Robert Attarian, Portavoce del Consiglio della Comunità armena di Roma dal titolo " Sulla questione armena lasciate lavorare gli storici ".


Sergio Romano

La risposta a cui fa riferimento Robert Attarian è stata ripresa e commentata da IC il 28/12/2011, per leggerla cliccare sul link sottostante
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=110&id=42762.

Romano non risponde a Robert Attarian, si limita a ripetere i soliti sofismi (già usati in precedenza) su che cosa sia un genocidio e, nel finale della risposta, scrive : "soltanto criticando la legge francese abbiamo il diritto di criticare le leggi turche che mandano in galera chiunque osi affermare l'esistenza del genocidio. Fra le proibizioni francesi e quelle turche non vi è, sul piano dei principi, alcuna differenza.". Paragonare la Francia che vuole sanzionare per legge il negazionismo del genocidio armeno e la Turchia che manda in galera chiunque affermi che il genocidio c'è stato è impossibile. La legge francese è basata su fatti storici. Il genocidio armeno è stato perpetrato dalla Turchia. La legge turca, invece, su che cos'è basata? Solo sulla propaganda turca anti armena. La Francia è una democrazia, la Turchia no. In Turchia a processo non ci vanno solo gli assertori del genocidio armeno, ma anche i giornalisti 'ostili' al regime di Erdogan, e i militari ultranovantenni garanti del laicismo.
E, in ogni caso, ciò che chiedeva Attarian a Romano era : "
a prescindere da qualsiasi appellativo, avremmo molto piacere che taluni ragionamenti accademici ed etici si concludessero con una netta condanna di quei fatti (comunque li si voglia chiamare) e con un perentorio invito alla Turchia a riconoscere che a danno degli armeni avvennero terribili persecuzioni ad oggi ancora impunite ". Attarian non stava questionando su quale termine sia più appropriato usare, ma sul negazionismo turco e di alcuni accademici che, come Romano, si attaccano a questioni semantiche per negare ciò che è successo nel 1915 agli armeni per mano turca.
Attarian richiedeva, semplicemente, il riconoscimento delle persecuzioni subite dagli armeni il fatto che, finora, la Turchia è rimasta impunita.
Ma Sergio Romano si è ben guardato dal rispondere a questa richiesta.
Ecco lettera e risposta:

Ci permetta, nel nome della libertà di opinione da lei invocata, di commentare la sua risposta ai lettori che ricordavano positivamente la recente legge francese richiamata a proposito del Genocidio armeno del 1915. Le dobbiamo dare atto che la sua posizione non è nuova, dal momento che si espresse in termini analoghi anche a proposito del processo intentato a David Irving accusato di negazionismo dell'Olocausto. Questo però non ci esime dal censurare talune sue valutazioni storiche su questi tragici eventi di quasi un secolo or sono che ci pare abbia sottovalutato: non corrisponde infatti al vero che gli armeni residenti nelle grandi città dell'Impero Ottomano furono risparmiati dalla morte e dalla deportazione atteso che degli oltre due milioni stimati residenti all'epoca in quel territorio ne rimasero solo poche decine di migliaia quasi tutti a Costantinopoli. Possiamo disquisire a lungo sul termine (ricordando che quello di «genocidio» fu coniato dal giurista ebreo polacco Lemkin prendendo a spunto proprio dalla persecuzione contro gli armeni) ma francamente riteniamo che l'eliminazione di tre quarti della popolazione (e la cacciata dalla terra natale) sia qualcosa di più di un semplice «massacro». Ma a prescindere da qualsiasi appellativo, avremmo molto piacere che taluni ragionamenti accademici ed etici si concludessero con una netta condanna di quei fatti (comunque li si voglia chiamare) e con un perentorio invito alla Turchia a riconoscere che a danno degli armeni avvennero terribili persecuzioni ad oggi ancora impunite. Fin tanto che lei continuerà a disquisire unicamente circa il pensiero liberale ed il delitto di opinione, senza alcuna ferma e decisa condanna per coloro che ancora oggi continuano a sostenere che non accadde nulla o che minimizzano quei tragici eventi, allora proprio nel nome della libertà di pensiero, ci sarà permesso, da armeni, poterla classificare tra i negazionisti della storia?
Robert Attarian
Portavoce Consiglio
Comunità armena di Roma

Caro Attarian,

Dietro la distinzione fra massacri e genocidio vi è un importante dibattito storico. I quesiti a cui gli studiosi cercano di rispondere sono sostanzialmente questi. Furono le stragi provocate dalla guerra e da quella combinazione di aggressività e insicurezza che dominava allora l'Impero ottomano? Oppure fu la guerra progettata dal Cup (i giovani turchi del Comitato Unione e Progresso) per liquidare, una volta per tutte, la questione armena? I sostenitori della prima tesi parlano generalmente di massacri, i sostenitori della seconda preferiscono genocidio. Suppongo che lei conosca l'ottimo studio di Marcello Flores («Il genocidio degli armeni», Il Mulino 2006) in cui il lettore troverà su questa materia un'utile documentazione. Potremo continuare a discutere del problema se la prima delle due tesi correrà il rischio di essere considerata implicitamente negazionista?
Non credevo, caro Attarian, che ogni critica della legge francese dovesse comportare, a titolo di pedaggio, il riconoscimento degli orrori di cui la Turchia fu responsabile nel 1915. Sulla dimensione dei massacri esiste una sterminata documentazione, anche fotografica. Conosciamo il risultato della commissione britannica presieduta da Robert Bryce e il rapporto del giovane Arnold Toynbee. Conosciamo le memorie e gli articoli dell'ambasciatore americano Henry Morgenthau, i dispacci dei consoli delle potenze neutrali, le relazioni dei sacerdoti cristiani, le voci dei tedeschi che osarono dissentire della posizione reticente del generale Liman von Sanders, comandante delle forze germaniche in Turchia. Devo ricordare tutto questo per avere il diritto di sostenere che la parola genocidio è impropria e che il parlamento francese dovrebbe occuparsi di altri problemi? Aggiungo che soltanto criticando la legge francese abbiamo il diritto di criticare le leggi turche che mandano in galera chiunque osi affermare l'esistenza del genocidio. Fra le proibizioni francesi e quelle turche non vi è, sul piano dei principi, alcuna differenza.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT