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Informazione Corretta Rassegna Stampa
11.01.2012 Robert Redeker: il coraggio di dire la verità
analisi di Bruce Bawer

Testata: Informazione Corretta
Data: 11 gennaio 2012
Pagina: 1
Autore: Bruce Bawer
Titolo: «Robert Redeker: il coraggio di dire la verità»

Robert Redeker: il coraggio di dire la verità
di Bruce Bawer
(Traduzione di Anna Della Vida) 


Robert Redeker      Bruce Bawer

Sul giornale francese ‘La Dépeche’ è uscita il 7 gennaio una breve intervista a Robert Redeker, scrittore, filosofo e educatore. Se non vi dice nulla il suo nome, vi dirò che è stato lui a scrivere il 19 settembre 2006 un articolo su Le Figaro, nel quale difendeva le dichiarazioni sull’islam fatte da Benedetto XVI una settimana prima durante un intervento all’università di Regensburg, in Germania. Il Papa aveva citato quanto disse un imperatore bizantino nel 1391, e cioè che Maometto ha introdotto nel mondo “  concetti malefici e inumani, come l’ ordine di diffondere la sua fede per mezzo della spada”. 

Niente di più vero. Ma le anime sensibili nel mondo musulmano, offese per essere state descritte in modo violento e rabbioso, risposero con rabbia e violenza. E i media occidentali, senza eccezione, si accodarono. Il New York Times, per esempio, accusò il Pontefice di avere “ fomentato la discordia tra cristiani e musulmani”, ingiungendogli  “ di porgere delle scuse sentite e persuasive “. Fra i pochi che ebbero il coraggio di schierarsi al suo fianco vi fu Redeker, autore di molti libri, fra i quali un titolo famoso è “ Depressione e Filosofia”. Mentre “ Gesù è maestro d’amore”, scrisse Redeker, che allora insegnava filosofia in un liceo, “ Maometto è un maestro di odio”. 

Naturalmente sono arrivate subito le minacce di morte, che hanno obbligato Redeker e la sua famiglia a nascondersi  e vivere 24 ore su 24  sotto la protezione della polizia. Il suo libro del 2007 “ Dobbiamo cercare di vivere”,  è una cronaca avvincente delle sofferenze che sono seguite. Un aspetto che Redeker ha dovuto sopportare è stata la viltà dei suoi colleghi e dei leader del suo paese. Dominique de Villepin, allora Primo Ministro di Francia, disse che “ tutti hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni liberamente, ma nello stesso tempo devono, ovviamente, rispettare gli altri “. Il Ministro dell’Educazione francese mise in guardia i funzionari pubblici, come Redeker, ad essere “prudenti, moderati, circospetti”. Il direttore del Figaro si scusò su Al-Jazeera per aver pubblicato il suo articolo. 

Più di cinque anni dopo, Redeker, che ha dovuto abbandonare la propria casa e perdere il lavoro, vive ancora nascosto. Quando appare in pubblico, è scortato passo dopo passo dai poliziotti. “ All’inizio di ottobre – ha dichiarato alla Dépeche – andai a Vienna per una conferenza. Sull’aereo ero accompagnato dalla polizia francese, che si è poi coordinata con quella austriaca, per garantire la mia protezione ad ogni istante”. In questi giorni lavora lontano da casa, il suo indirizzo è segreto, la sua e-mail è presso un ufficio postale; naturalmente non può più insegnare. 

Redeker disse alla Dépeche che la libertà di parola, secondo lui, è sempre più minacciata in Francia. “ In forme nuove, però. Prima, la censura veniva da lontano … Oggi, le richieste di censura vengono da qui, dalla società civile, dalle associazioni, da quelle comunità che .. non tollerano la libertà di pensiero”. 

Non mi aveva convinto la brevità dell’intervista sulla Dépeche, e specialmente mi aveva colpito l’approccio timido e guardingo di chi gli aveva posto le domande, un giornalista o, forse, il direttore. Così gli ho scritto se voleva discuterne con me. Gli chiesi se aveva avuto recentemente delle esperienze che lo avessero spinto ad essere ottimista o pessimista sul futuro della Francia. Mi disse subito che “ aveva l’impressione che in Francia la situazione stesse gradualmente cambiando “. Mentre le élites continuavano ad essere “ molto islam-friendly”, la maggior parte della gente stava sviluppando una chiara sfiducia per la religione.  “Una grossa percentuale di francesi non ne poteva più della continua islamizzazione del paese”, mi disse Redeker. 

Citò in particolare una proposta del Partito Socialista di garantire agli stranieri extra-europei il diritto di voto nelle elezioni locali.  “Molti elettori, osservò, temono che questa proposta diventi legge, percè indebolirebbe il fronte che si oppone alla islamizzazione, con i candidati che dovranno tenere conto del voto islamico, per esempio sulle leggi alimentari nelle scuole, le separazioni di genere nelle piscine e negli ospedali, l’imposizione del velo ecc.”. Gli elettori sanno, "che   è possibile che, con questa legge, le amministrazioni locali possano passare in mano ai musulmani dopo che hanno vinto le elezioni”. 

Redeker veniva presentato nell’intervista sulla Dépeche come “ ancora sotto minacce e costretto a nascondersi”. E’ ammirevole che il direttore del giornale abbia dedicato notevole attenzione alla vicenda di Redeker. Ma allo stesso tempo l’attenzione sembrava lievemente reticente. La premessa all’intervista, la sua motivazione, sembrava attribuire a Redeker una patente di celebrità, in una situazione inusuale e interessante – anomale certamente- da meritare così poco dopo ben cinque anni di persecuzioni. L’articolo rivelava poco e conteneva appena un accenno di riconoscimento del fatto che la sorte di Redeker oggi costituisce una terribile profezia e un avvertimento per chiunque non sia musulmano nella belle République ma anche nel mondo occidentale. 

In altre parole, c’è troppo poca consapevolezza che la storia della vita di Redeker negli ultimi cinque anni, e le vite di tutti quelli che in Occidente hanno dovuto subire una sorte simile, per aver parlato con chiarezza dell’islam, debba essere una questione di profonda preoccupazione per gli uomini e le donne che hanno a cuore liberté, égalité,  fraternité. In breve,  se voi o io avessimo il coraggio di quest’uomo, il suo destino sarebbe anche il nostro, e, più ancora, se molti di noi non si danno da fare per infondere quel coraggio che lui ha dimostrato di avere prima che sia troppo tardi, allora il futuro che ci attende sarà ancora più orribile.

Bruce Bawer è “Fellow Journalist” al Freedom Center e a “Informazione Corretta”. E’ autore di “Mentre l’Europa dormiva” e “Surrender” (non tradotti in italiano). Il suo nuovo libro “The New Quislings”, sullo sfruttamento operato dalla sinistra in Norvegia del massacro del 22 luglio, è uscito lo scorso dicembre presso l’editore Harper Collins sotto forma di e-book


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