Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 11/01/2012, a pag. 14, l'articolo di Ibrahim Refat dal titolo "Siria, la sfida di Assad: Non mi dimetterò".
Bashar al Assad
È un complotto internazionale a danno della Siria eseguito dai cosiddetti rivoluzionari che agiscono negli interessi dei sionisti ma che sono dei traditori della Patria e dei terroristi, e contro i quali useremo il pugno di ferro». Questa è la sintesi fornita dal presidente Bashar al Assad, nel suo quarto discorso alla nazione, trasmesso in diretta televisiva, dall’inizio della crisi che da dieci mesi insanguina la Siria, e finora ha provocato la morte di almeno 5 mila persone, stando alle stime dell’Onu. Le ultime statistiche dicono che le vittime della repressione nella giornata ieri sono state 24. Due uccise proprio nelle due ore impiegate dal raiss per pronunciare il suo discorso all’Università di Damasco.
Ma il presidente siriano ha negato di aver mai dato ordini di aprire il fuoco contro i manifestanti, a nessun livello. Naturalmente nessun cenno alle dimissioni, chieste ad alta voce dalla maggioranza dei siriani. «Non sarei qui senza il sostegno del popolo», ha detto. Assad ha poi affrontato la vecchia questione delle riforme politiche tanto promesse ma mai mantenute. Ha parlato dell’allargamento dell’esecutivo inserendo altre forze dell’opposizione disposta a dialogare con il regime. Ammesso però che vi siano queste forze, aprire la stanza dei bottoni ad altre forze richiede la riforma della Costituzione per via dell’articolo 8 che concede al partito Baath al potere da più di quarant’anni il «dominio» sulla società e sullo stato siriano. Di qui l’accenno da lui fatto nel suo discorso su una nuova costituzione che sarà ratificata in un referendum popolare a marzo, e seguita a maggio dalle elezioni legislative.
Finita la parte concernenti le promesse, Assad ha puntato l’indice accusatore ai Paesi arabi e in particolare alla Lega Araba dal quale la Siria è stata sospesa per via delle atrocità contro i civili: «Per 60 anni ha fallito nella protezione degli interessi arabi». Certo la presenza delle squadre di osservatori arabi in Siria è stata accolta a malincuore dal regime. Diversi di loro (undici secondo la tv satellitare Al Arabiya, due secondo il Kuwait) sono rimasti feriti l’altro ieri in una sparatoria mentre si trovavano a Latakia. La Lega Araba ha condannato, con duro comunicato, «l’azione irresponsabile e gli atti di violenza contro gli osservatori». E ha ammonito il governo siriano considerandolo responsabile per la protezione dei membri della missione.
Dura è stata la reazione del variegato fronte dell’opposizione al discorso del raiss. Il Consiglio nazionale siriano lo ha definito «un incitamento alla violenza e alla guerra civile». Per il presidente del (Cns) Burhan Galion: «Questo discorso rivela la tenacia con cui il regime lavora per dividere il popolo e scatenare una guerra civile attraverso un finto piano di riforme cui nessun ci crede». Secondo il portavoce del Consiglio rivoluzionario, c’è da attendere altri massacri, visto l’impegno annunciato da Assad per risolvere la crisi.
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