IC7 - Il commento di Claudia De Benedetti Dal 01/01/2012 al 07/01/2012
Testata: Informazione Corretta Data: 09 gennaio 2012 Pagina: 1 Autore: Claudia De Benedetti Titolo: «Il commento di Claudia De Benedetti»
Il commento di Claudia De Benedetti
Claudia De Benedetti, vicepresidente UCEI
E' una strana sensazione. Sentirsi odiata personalmente, minacciata, insultata, non per qualcosa che abbia fatto ma per ciò che sono, cioè un'ebrea, è sconcertante. Mi è successo due settimane fa quando sono comparsa con nome e fotografia insieme ad altri collaboratori del blog della comunità ebraica di Roma in un manifesto pubblicato da un sito che si pretende cattolico e tradizionale ma gronda tutto di odio antisemita, si occupa solo di diffondere insulti e insinuazioni deliranti su ebrei e pretesi tali, da Monti a Frattini a mille altri. E mi è successo di nuovo l'altro ieri, quando ho scoperto su Internet che un professore di un liceo di Torino (un professore! che dovrebbe insegnare storia e filosofia agli adolescenti ed educarli come cittadini), aveva scritto sulla sua pagina di Facebook del suo desiderio di entrare armato nella sinagoga di Torino, in cui io vado a pregare, e fare una strage. Non conosco questo professore anche se del suo antisemitismo sono piene le cronache e soprattutto lui non conosce me. Perché vuole sparare a me e ai miei correligionari? Può sembrare una domanda ingenua, ma è centrale. Sarebbe facile dire che si tratta solo di uno squilibrato. Ma squilibrati simili, quando ne hanno avuto il potere pochi decenni fa, hanno fatto ciò che il professore dice, hanno ucciso tutti gli ebrei che riuscivano a catturare, hanno devastato le sinagoghe, espropriato, cacciato degradato tutto quel che potevano. Gli ebrei sanno che l'antisemitismo non è finito con la Shoà, che la promessa "mai più" è rimasta una speranza; assistono con costernazione al succedersi di gesti e minacce antisemite in mezza Europa, nel mondo arabo, un po' dappertutto. Come ha scritto l'altro giorno il più illustre giurista ebreo americano, Alan Dershowitz (http://www.jpost.com/Opinion/Op-cntributors/Article.aspx?id=252440) gli ebrei vedono che l'antisemitismo sta entrando nel "mainstream", fra le opinioni che si possono sostenere in pubblico senza vergogna, sanno che Israele è un rifugio possibile e anche per questo sono impegnati a sostenerlo, chiedono attenzione allo Stato e alla cittadinanza perché li difenda, con successo parziale. Il professore torinese era già stato denunciato e punito qualche anno fa per aver espresso opinioni analoghe a quelle che si sono lette negli ultimi giorni, c'erano stati già articoli di indignazione e attestazioni di solidarietà da parte di partiti e autorità, ma alla fine ha ottenuto un giudizio da un tribunale amministrativo che gli ha tolto ogni sanzione e ha obbligato la scuola a risarcirlo. Al di là di ogni polemica politica, di ogni analisi storica, a me resta l'angoscia. Perché una persona che in una situazione difficile ma normale, com'è quella italiana, senza ragioni personali, si alza una mattina, esprime il proposito di entrare in un luogo di preghiera e di uccidere la gente che vi prega. Perché esiste un sito che per decine di pagine etichetta degli sconosciuti non solo come mafiosi e affamatori del popolo ma come strumenti del demonio. Perché sistematicamente avvengono decine di episodi ogni anno in tutt'Europa di persone che vandalizzano e dissacrano le tombe di defunti su cui non sanno niente se non che sono ebrei. Queste sono le prove viventi che il male esiste, che vi è nell'animo umano la dimensione possibile della malvagità pura, assoluta, gratuita e persistente. Chiunque abbia studiato la Shoà, sia andato in visita ad Auschwitz, come io ho fatto più volte, non può non essersi chiesto come sia stato possibile, come delle persone qualunque in un paese civile abbiano potuto diventare carnefici, torturatori di donne e bambini, assassini di massa. Questi episodi, che sfiorano personalmente me insieme ad altre persone che conosco e stimo, mi danno la terribile sensazione che i carnefici non siano scomparsi, che i mostri siano ancora fra noi.