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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.01.2012 Il genocidio degli armeni negato dalla Turchia
L'opinione di Bernard-Henri Lévy

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 gennaio 2012
Pagina: 32
Autore: Bernard-Henri Lévy
Titolo: «Sono i negazionisti che ostacolano la ricerca sul genocidio armeno»

Con il titolo "Sono i negazionisti che ostacolano la ricerca sul genocidio armeno", Bernard-Henri Lévy, sul CORRIERE della SERA di oggi, 08/01/2012, a pag.32,  analizza i motivi per i quali il genocidio degli armeni ad opera dei turchi incontra ancora difficoltà ad essere riconosciuto.


Bernard-Henri Lévy                        Immagine d'archivio

La legge votata prima di Natale, che fa del negazionismo un vero e proprio reato, non è una legge che dovrà scrivere la Storia al posto degli storici. Proprio perché questa Storia è già stata detta, scritta e appurata da moltissimo tempo. Da sempre si sa che gli armeni sono stati vittima, a partire dal 1915, di una campagna sistematica di sterminio: sull'argomento si è sviluppata un'abbondante letteratura, basata in particolare sulle confessioni rilasciate nell'immediato dagli stessi criminali turchi, seguendo l'esempio di Hodja Ilyas Sami. Di conseguenza, da Yehuda Bauer a Raul Hilberg, ricercatori dello Yad Vashem, fino a Yves Ternon e altri, non si conoscono storici seri che possano mettere in dubbio o negare questa realtà. La legge allo studio in Francia, in altre parole, non mira affatto a stabilire una verità di Stato. Nessuno dei deputati che l'hanno votata pretende di sostituirsi agli storici e alla loro opera. I parlamentari francesi favorevoli alla legge vogliono semplicemente difendere il diritto di ciascuno a non essere offeso pubblicamente, e il diritto che ne consegue, cioè quello di chiedere riparazione per l'offesa particolarmente crudele che è l'offesa alla memoria dei morti. È una questione di diritto, non di Storia.
Presentare questa legge come una legge liberticida, che rischia di ostacolare il lavoro degli storici, è un altro argomento bizzarro, che lascia sconcertati. Sono piuttosto i negazionisti coloro i quali intralciano il lavoro degli storici. Sono le loro fandonie, follie, losche manovre, sono le loro menzogne vertiginose e terrificanti a far tremare le fondamenta dove dovrebbe, per principio, posare la scienza. Ed è proprio questa legge che, nel sanzionarli, complicando alquanto la loro opera — e soprattutto avvertendo il pubblico che ha a che fare non con veri studiosi, bensì con una genia di propagandisti che mirano a infiammare le menti — protegge la Storia e la mette al riparo da pericolosi attentati. Esiste forse qualche storico che la legge Gayssot abbia ostacolato nelle ricerche sulla Shoah? Qual è l'autore che, in buona fede, possa lamentarsi che tale legge abbia limitato la sua libertà di ricerca e di indagine? Non è forse lampante che i soli ad aver riscontrato serio imbarazzo siano stati i Faurisson, gli Irving e altri Le Pen?
Stessa identica cosa per il genocidio degli armeni. Questa legge, non appena verrà ratificata dal Senato, offrirà invece un'ottima occasione agli storici, che potranno finalmente lavorare in pace. A meno che… a meno che gli avversari della legge non covino qualche fine recondito assai più subdolo: che si voglia evitare una conclusione affrettata, come quella di «genocidio», anche a distanza di quasi un secolo...
Non ci sono, è questa la domanda sollevata da taluni, altre vie, oltre alla legge, per scoraggiare i «criminali della carta stampata»? E la verità non dispone di per se stessa, nella sua trasparenza e nel suo rigore, dei mezzi più opportuni per difendersi e per trionfare su coloro che la negano? Il dibattito è vastissimo, su questo argomento si discute sin dalla nascita della filosofia. Nel nostro caso si intromette un parametro specifico che, nel dubbio, ci spinge ad assicurarci il rinforzo della legge. Questo parametro è il negazionismo dello Stato turco. E la specificità sta nel fatto che i negazionisti, in Turchia, non sono degli sprovveduti, bensì personaggi capaci di far leva su molteplici risorse, sulla diplomazia, e infine anche sulle occasioni di ricatto e di ritorsione di cui dispone uno Stato potente. Immaginiamo soltanto in che situazione si sarebbero trovati i superstiti della Shoah se la Germania, al termine della Seconda guerra mondiale, avesse optato per il negazionismo. Immaginiamo gli abissi di disperazione e di rabbia in cui sarebbero precipitati se avessero avuto a che fare non con qualche isolato babbeo, ma con una Germania impenitente che avesse fatto pressione sui suoi partner commerciali, minacciandoli di fuoco e fiamme se avessero osato definire genocidio lo sterminio degli ebrei perpetrato ad Auschwitz. Mutatis mutandis, è la medesima situazione degli armeni. Ed è anche per questo che gli armeni hanno diritto a essere tutelati dalla legge.
E infine vorrei aggiungere che bisogna smetterla di mescolare ogni cosa e di soffocare il dolore armeno nelle chiacchiere di rito che vogliono screditare le «leggi della memoria». Perché non si tratta in questo caso di una «legge della memoria»: non siamo davanti a una di quelle pericolose forzature che minacciano di spianare la strada a decine, a centinaia di regolamenti assurdi o infami che codificano quello che si può o non si può dire sul massacro di Saint-Barthélemy, sul senso della colonizzazione e della schiavitù, sul disagio occitano, sul reato di bestemmia, e via enumerando. Questa è una legge sul genocidio: nulla a che vedere con gli altri casi. È una legge per colpire coloro i quali, tramite la negazione, ripetono e tramandano il crimine del genocidio. Di genocidi, grazie a Dio, non se ne contano a centinaia, e nemmeno a decine. Ne sono stati accertati tre. Quattro, se agli armeni, agli ebrei, ai ruandesi si aggiungono i cambogiani. E mettere questi tre o quattro genocidi sullo stesso piatto, assieme a tutto il resto, temere che il loro sanzionamento diventi l'anticamera di un «politically correct» che autorizzi una sfilza di leggi inutili o perverse sugli aspetti più controversi della nostra memoria nazionale, dire «attenzione! Si rischia di aprire una scatola di Pandora, non si sa che cosa ne potrebbe saltar fuori!» rappresenta l'ennesima sciocchezza, e per di più ridicola, quasi a voler coprire altre infamie con il sigillo della malafede.
Combattiamo queste argomentazioni speciose con la saggezza dei nostri rappresentanti nazionali. E che i senatori vadano fino in fondo nella ratifica del provvedimento, senza lasciarsi intimidire da un pugno di storici.

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