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Libero Rassegna Stampa
05.01.2012 L'inverno islamista è appena iniziato e sarà sempre peggio.
Mubarak rischia la pena di morte in Egitto. Analisi di Souad Sbai

Testata: Libero
Data: 05 gennaio 2012
Pagina: 17
Autore: Souad Sbai
Titolo: «Il nuovo Egitto islamico vuole Mubarak al patibolo»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 05/01/2012, a pag. 17, l'articolo di Souad Sbai dal titolo " Il nuovo Egitto islamico vuole Mubarak al patibolo ".


Souad Sbai            Hosni Mubarak a processo

Qualcuno ieri ha detto che «la condanna a morte di Mubarak sarebbe un errore catastrofico e che la transizione democratica di un Paese si misura sui passi in avanti verso il pluralismo e la speranza che esso sa intraprendere enonsullevendette che esso consuma sul proprio passato ». Sapevo che in Italia un certo buonismo militante emette suoni vocali senza base concettuale, solo per puro effetto slogan, ma qui siamo davvero alla commedia dell’assurdo. Dopo aver commentato le elezioni tunisine ed egiziane all’insegna della «prova di democrazia superata », mentre in piazza i FratelliMusulmani sacrificavano giovani ai proiettili dei militari per sganciarsi dal loro controllo, oggi la visuale improvvisamente cambia, dirottandosi sulla rivoluzione non compiuta. Non comprendendo che i salafiti tentano con la pena di Mubarak di mettere in campo un’«arma di distrazione dimassa» per coprire il dramma economico in cui l’Egitto, 80 milioni di abitanti, a breve sprofonderà, visto che nelle casse ci sono solo 5 miliardi di dollari che però non possono essere toccati.
Del resto, chi ama elargire queste dichiarazioni senza alcuna conoscenza di ciò che accade in quei luoghi, non sa nemmeno che in Tunisia la piazza è in rivolta contro Ennahda o che a Tripoli gli scontri a fuoco vanno ancora avanti fra chi sostiene Jalil e compari, dediti alla costruzione di uno Stato sharitico, e i lealisti non solo di Gheddafimaanche di quella laicità oggi destinata ad essere accantonata dalla violenza estremista. Ma non sa nemmeno che nel nuovo governo marocchino guidato da Benkirane, nominato dopo una lunga gestazione, figura una sola donna su 30 ministeri, di contro alle 11 di quello precedente.
Nonostante la cosa più grave, agli occhi degli zelanti professori del diritto internazionale, sia il mancato rispetto della quota femminile del 30% nella costituzione riformata, il dramma sta altrove. Innanzitutto nel fatto che questa donna, velata e che le attiviste marocchine non riconoscono come ministro, è ciò che di più lontano esiste dai loro diritti, essendo fra l’altro una delle promotrici della richiesta di chiusura del Festival di Marrakech. Èuno schiaffo inaccettabile alla dignità e alla libertà di quelle donne chehannocollaborato a costruire il Marocco come oggi lo vediamo. L’ho scritto anche in una lettera aperta a Mohammed VI: «Il mondo intero al Marocco guarda come all’unica speranza di far rimanereunavamposto laico dopo la tempesta islamista; noi abbiamo creduto nel nuovo Dostur (riforma costituzionale) edè stato votato,occorrerebbe quindi ridare un segnale positivo, rivedendo la posizione di alcuni ministri». Qualche estremista potrebbe serenamente lasciare il posto a una donna che ne ha diritto. Il popolo marocchino spera ancora nella forza della democrazia e del Re, che oggi è unico e solo punto di riferimento per le speranze di laicità e libertà del Regno. Il male assoluto, ecco cos’è chi abusa del dolore e della sofferenza delle donne marocchine, sfregiate da un affronto inaccettabile. Sapevamo che ci saremmo dovute confrontare con una mentalità diabolica e senza scrupoli, che nella donna vede il suo nemico peggiore, ma non abbiamo paura. Non ne abbiamo mai avuta. La sfida è appena iniziata.

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