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a Yehoshua non la pensa come Burg 04/01/2012

Copia di e-mail inviata al direttore del Corriere della Sera:

A: lettere@corriere.it Cc: De Bortoli

 Signor Ferrari,
ancora una volta la lettura di un suo articolo mi ha lasciato sconcertato. Dico questo non per quanto riguarda la sua opinione nella questione medio-orientale, perché concedo a lei come a chiunque il diritto di pensare quello che crede più giusto, ma per il dovere che un giornalista ha di rappresentare i fatti nel modo più completo possibile, unicamente al servizio del lettore che ha il diritto di essere compiutamente informato. Se mi è permesso ripercorrere le parole da lei scritte, le faccio osservare quanto segue: - lei afferma, in apertura del suo articolo: "i palestinesi pongono la condizione che Israele fermi gli insediamenti". Un attento e corretto cronista avrebbe almeno dovuto ricordare che, dopo la precedente, identica richiesta di Abu Mazen, allora soddisfatta, non seguì alcuna decisione di venire al tavolo delle trattative con Israele; quando poi mancava meno di un mese alla scadenza del blocco delle costruzioni effettuato da Netanyahu, giunse la richiesta di prolungare il blocco. Le chiedo allora: sarebbe questo un modo onesto di trattare? - quando lei scrive: "Netanyahu non vuole pre-condizioni", dovrebbe, per quanto spiegato qui sopra, spiegare le ragioni di questo rifiuto. - l'incontro del quale parla nel suo articolo è stato sì organizzato in collaborazione col sovrano hascemita, ma è stato dettato da una precisa richiesta del quartetto; questa importante realtà lei la mette solo in secondo piano, ed alla fine, deformando i fatti. - è strana anche la spiegazione che lei dà delle ragioni che avrebbero spinto il re a organizzare questo incontro: "la sfida dell'Iran con gli esperimenti missilistici e la minaccia di chiudere Hormuz"; tutte le opinioni vanno rispettate, ma converrà con me che questa non è davvero la spiegazione dei principali commentatori italiani e stranieri, e d'altronde lei nulla scrive a sostegno della sua personale teoria. - non è davvero possibile vedere alcun collegamento tra la preoccupazione del re per i fatti di Damasco (preoccupazione che è comune a quasi tutti) e l'organizzazione di questo incontro. Le potrebbe bastare che anche Erdogan è preoccupato per i fatti di Damasco, eppure non ha minimamente pensato di organizzare nulla di simile. - un corretto cronista non mescola le sue opinioni personali con la descrizione dei fatti: scrivere che "Israele tenta ancora di guadagnare tempo" è un falso storico, signor Ferrari; Israele, da sempre, sostiene di essere pronto a sedere al tavolo delle trattative se non ci sono pre-condizioni. Significa questo tentare di guadagnare tempo? Ed a che pro, poi? - i palestinesi non hanno affatto "l'aria di non preoccuparsi troppo di pazientare", come scrive lei; non ha letto, signor Ferrari, che aspettano solo il termine fissato dal quartetto, ormai previsto tra poco più di tre settimane, per assumere tutta una serie di iniziative che evito di ricordarle qui, pensando che le siano ben note? - Israele è un paese dove vige una totale democrazia e libertà di opinione; tuttavia, siccome i lettori del Corriere non leggono i giornali israeliani, lei aveva l'obbligo di spiegare quale è la teoria di Burg (e anche chi è Burg), e che cosa gli risponde Yehoshua, che non la pensa affatto come Burg. Perché lei non scrive queste realtà, quando vi fa cenno, ingannando anche qui i lettori? Ebbene, a conclusione di questa mia lettera le dico che, a commento della sua frase finale: "una soluzione (un solo Stato per due popoli) che sicuramente è più accettabile per i palestinesi che per gli israeliani" va ricordato che tale soluzione significherebbe, per GLI EBREI, un nuovo annientamento; quanto, ancora ieri, Hamas, tornato vicino a Fatah, ha dichiarato ufficialmente, rifiutando le ragioni che hanno portato a questo incontro, è del tutto significativo; ma di questo lei, signor Ferrari, non ha fatto menzione.
Saluti
Emanuel Segre Amar


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