Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 04/01/2012, a pag. 12, l'articolo di Livio Caputo dal titolo " Sarkozy e Obama perdono la pazienza con la Siria".
Livio Caputo, Barack Obama, Nicolas Sarkozy, Bashar al Assad
Nicolas Sarkozy e Barack Obama hanno in mente di organizzare un intervento internazionale contro il regime siriano sulla falsariga di quello che ha rovesciato Gheddafi?
Le parole che il presidente francese ha pronunciato ieri in una base navale inducono a sospettarlo, anche se i governi occidentali hanno sempre escluso la possibilità di un'azione militare per rovesciare il dittatore di Damasco. «Assad deve lasciare il potere», ha detto Sarkò, e «consentire al suo popolo di decidere liberamente del proprio destino. La comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità, denunciando una repressione crudele e garantendo che gli osservatori della Lega Araba abbiano la possibilità e gli strumenti per assolvere il loro incarico». Ma anche quelle del portavoce della Casa Bianca Jay Carney fanno riflettere: «Il tempo di un intervento dell’Onu è largamente giunto», perché Assad «non rispetta gli impegni presi con la Lega Araba».
Finora, la parola d'ordine era di lasciare alla missione della Lega, che si trova in Siria da una settimana, il compito di fermare i massacri.
Purtroppo, essa è stata segnata fin dall'inizio da polemiche e diffidenze. Il suo capo, il generale sudanese Muhammed al Dabi, è stato infatti per anni stretto collaboratore del presidente Al Bashir, deferito alla Corte internazionale per crimini contro l'umanità. Fin dai primi giorni, egli è parso sottovalutare la gravità della repressione, arrivando a smentire un collaboratore che sosteneva di avere visto cecchini governativi sparare sui dimostranti.
Ma è stato soprattutto il fatto che, nonostante la presenza di 60 osservatori, gli scontri non siano affatto cessati e abbiano provocato altri 150 morti nelle ultime 48 ore a indurre un rappresentante del Kuwait a chiederne l'immediato ritiro. In questo quadro semifallimentare, le parole di Sarkozy e il comunicato della Casa Bianca possono indurre a pensare che sia in preparazione un piano B, che vada oltre le sanzioni già comminate contro Assad e il suo gruppo dirigente alawita. L'Onu sta esaminando in questo momento una bozza di risoluzione presentata dalla Russia, che divide la responsabilità dei massacri (almeno 6.000 morti finora) tra il regime ed i ribelli, ma gli occidentali l'hanno giudicata irricevibile.
Dopo avere accettato obtorto collo la missione della Lega, Assad ha sì ritirato i carri armati e l'artiglieria dalle città ribelli e liberato circa 3.000 progionieri politici, ma non sembra certo intenzionato a dimettersi: sa che se i Fratelli musulmani dovessero prendere il potere la loro vendetta per 40 anni di oppressione sarebbe terribile.
Le obiezioni a un intervento della comunità internazionale, anche solo per «coprire» la missione della Lega Araba come suggerisce Sarkozy, rimangono comunque formidabili.
La Siria non è la Libia, Assad non è Gheddafi e il Paese sembra destinato a diventare il principale campo di battaglia della guerra tra sciiti e sunniti. I diritti umani vanno difesi, la condanna della repressione è sacrosanta, ma fermarla con la forza è non solo pericoloso, ma anche impossibile.
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