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La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.01.2012 Qatar: i talebani aprono un'ambasciata per trattare con l'Occidente
e intanto in Afghanistan le donne continuano a non avere nessun diritto. Cronaca di Giordano Stabile, commento di Lorenzo Cremonesi

Testata:La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Giordano Stabile - Lorenzo Cremonesi
Titolo: «I taleban in Qatar per trattare la pace - Diritti delle donne in Afghanistan quelle province terra di nessuno»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 04/01/2012, a pag. 14, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " I taleban in Qatar per trattare la pace ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 34, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo " Diritti delle donne in Afghanistan quelle province terra di nessuno ".
Ecco i due pezzi:

La STAMPA - Giordano Stabile : " I taleban in Qatar per trattare la pace "


T
alebani                Qatar

Un’ambasciata taleban in Qatar per trattare direttamente con le potenze occidentali, Stati Uniti in testa. L’idea era trapelata lo scorso dicembre, ed era stata momentaneamente stoppata dalle ire di Hamid Karzai. Il presidente afghano, che da mesi sta conducendo un dialogo ad alto rischio con gli islamisti, si era sentito scavalcato. La successiva conferenza di Bonn, e gli aiuti promessi per il dopo 2014, lo hanno calmato. E ieri è arrivato l’annuncio dell’Emirato islamico dell’Afghanistan, voce ufficiale del mullah Omar: «Siamo pronti ad aprire un ufficio politico per le trattative - rivela un comunicato sul sito Voce della Jihad -. Abbiamo raggiunto un accordo preliminare con le parti».

È la svolta attesa, a Washington come a Bruxelles. Il Dipartimento di Stato Usa ha subito fatto sapere che «sosterrà una fine negoziata della guerra» con i taleban. Il disimpegno fra due anni è legato alla stabilizzazione dell’Afghanistan. Occorre un compromesso con i taleban per fermare la guerriglia e il dissanguamento, sia in termini di vite umane che finanziario. A condurre le trattative, a Doha, è Tayyeb Agha, ex segretario del mullah

Omar. La controparte: alti funzionari dell’amministrazione Obama. Trattare in Qatar significa evitare le turbolenze di Kabul. L’ala dura dei taleban ha fatto l’anno scorso terra bruciata attorno a Karzai, uccidendo il fratello, due dei suoi più stretti collaboratori e il mediatore di sua fiducia, l’ex presidente Burhanuddin Rabbani.

Karzai sulle trattative continua a lavorare in proprio, con un disegno e tempi su misura per lui. Domenica ha incontrato Gulbuddin Hekmatyar, pezzo da novanta degli islamisti. Ma Washington ha fretta di consolidare il 2014 come data definitiva per il ritiro. Ieri il segretario della Difesa Leon Panetta ha delineato i tagli alle spese dei prossimi anni. Mantenere 100 mila soldati a Kabul significa spendere 100 miliardi l’anno, insostenibile. Ma pesa sulle trattative il problema delle contropartite. I taleban chiedono il rilascio dei loro prigionieri a Guantanamo. Uno su tutti, Mohammed Fazl, da nove anni nella base cubana. Secondo indiscrezioni dal Pakistan, Obama sarebbe pronto a rilasciarlo. Per l’analista ed ex ambasciatore indiano M K Bhadrakumar l’eventuale rilascio di Fazl, e quindi il decollo delle trattative, «va letto in chiave anti-Iran». Fazl, già primo aiuto militare del mullah Omar, «è anche il massacratore degli Hazara, la minoranza sciita afghana, e nemico acerrimo degli iraniani».

Sull’accelerazione delle trattative, secondo Bhadrakumar, pesa anche il recente rafforzamento della Csto, l’organizzazione che unisce Russia, Cina e Paesi dell’Asia centrale e che rischia di indebolire l’alleanza tra Usa e Kirghizistan. La base kirghiza di Manas è fondamentale per gli approvvigionamenti alle truppe in Afghanistan, soprattutto ora che il Pakistan è in rotta con Washington e sta rallentando i rifornimenti da Sud. Islamabad manovra anche le frange estreme dei taleban, prima fra tutte il clan Haqqani. Gli oltranzisti faranno di tutto per bloccare le trattative. Ieri due kamikaze hanno fatto dodici morti e 28 feriti a Kandahar.

CORRIERE della SERA - Lorenzo Cremonesi : " Diritti delle donne in Afghanistan quelle province terra di nessuno "


Sahar Gul, 15 anni,
picchiata, torturata dal marito molto più anziano di lei perché rifiuta di prostituirsi

Picchiata, torturata dal marito molto più anziano perché rifiuta di prostituirsi. Riesce finalmente a fuggire e sporge denuncia. Ma le autorità locali la riportano a casa in nome delle consuetudini tribali dei matrimoni combinati, dove viene quasi uccisa, le unghie strappate, affamata e chiusa per sei mesi in una cantina priva di finestre. E qui la trova per caso un cugino che finalmente la salva e rivela il caso.
La vicenda della quindicenne Sahar Gul sta facendo il giro del mondo. Le immagini del suo viso gonfio, gli occhi pesti di botte, del corpo violato pubblicate dai media internazionali sono l'ennesimo atto d'accusa contro i maltrattamenti delle donne in Afghanistan. Un rapporto Onu pubblicato a novembre rilancia l'allarme: a 10 anni dalla caduta del regime talebano essere donna in quelle regioni significa tutt'ora rischiare di venire usata come merce di scambio per sedare le dispute tra clan familiari, venduta bambina al signorotto locale, privata di ogni diritto. La differenza sta che una volta le bambine neppure potevano andare a scuola. Oggi, almeno sulla carta, il governo centrale ha creato un ministero per la difesa delle donne e ogni provincia dispone di uffici ad hoc.
Anche i giornalisti afghani non sono indifferenti. Il Primo canale e Tolo, le due maggiori televisioni private, dedicano periodicamente al tema interi programmi. Il presidente Karzai ieri si è impegnato pubblicamente a punire i persecutori della piccola Sahar Gul. Eppure non basta. Proprio la sua vicenda particolare dimostra quanto il problema sia radicato. È stata infatti la stessa responsabile della difesa dei diritti delle donne a Baghlan, la provincia dove risiede, a ignorare per prima le grida di aiuto della ragazzina. E questo è avvenuto in una zona relativamente urbanizzata a meno di 200 chilometri da Kabul. Quanti sono davvero i casi simili, o anche peggiori, che restano totalmente inascoltati in questo gigantesco Paese fatto per lo più da villaggetti isolati? E che dire delle zone tribali pachistane, delle montagne e vallate nell'alto Kashmir indiano dove vigono le stesse antiche consuetudini?

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