Il commento di Giacomo Kahn
Giacomo Kahn, direttore di Shalom
Per certi aspetti ci si illude che il periodo vacanziero che va dal Natale al Capo d’anno in qualche modo influenzi e condizioni l’operato dell’uomo. In fondo non è questo che auspicano le due grandi religioni monoteiste? Che le luci di Chanukkà e della Natività illuminino le coscienze, auspicando - almeno in questo breve arco di tempo di una settimana – un periodo di pace e di concordia dell’umanità. Speranza vana e illusoria, solo a leggere la rassegna stampa, solo a sfogliare le pagine telematiche del web: intolleranza, odio religioso, scenari internazionali sempre più di guerra, non ultimo un aperto e diffuso antisemitismo.
L’anno che si è appena concluso ha portato sulla stampa nazionale vecchi e nuovi problemi, vecchi ma anche nuovi cliché. Con evidente forzature, si è cercato di mettere sullo stesso piano il maschilismo di parte del mondo ultra ortodosso israeliano (ampiamente condannato dalla classe politica e dall’intera società), con le persecuzioni delle donne in Iran, sottoposte a segregazioni e punizioni, compresa la lapidazione. Parlando di Iran, non si può non ricordare l’ inarrestabile corsa alla fabbricazione dell’arma nucleare. E qui si aprono due scenari, ampiamente ricordati sulla stampa: Israele potrà o dovrà convivere con questa minaccia, contenendola con una serie di altre contro misure; oppure diventano sempre più probabili azioni ed interventi militari, non solo israeliani ma anche degli Stati Uniti. E all’interno di questa ipotesi che rientrerebbe la necessità di ricorrere ad un ‘casus belli’, come potrebbe essere la minacciata chiusura da parte di Teheran dello Stretto di Hormuz.
In entrambi gli scenari, Israele dovrà prepararsi ad una costante e globale azione di comunicazione volta a spiegare al mondo le sue legittime paure e di conseguenza di spiegare al mondo il perché delle sue scelte. Quello dell’informazione è un tema troppo sensibile e troppo caro ai delegittimatori di Israele e a coloro che si muovono sull’equivoco crinale che distingue l’antisionismo dall’antisemitismo.
Purtroppo – e ne sono coinvolto anche personalmente – abbiamo assistito in questi giorni a virulenti attacchi contro la categoria dei giornalisti ebrei e contro chi scrive a sostegno di Israele.
Una ultima considerazione. Abbiamo il diritto di giudicare i nostri politici e i nostri amministratori, chiedendo loro ragione delle loro scelte e dei loro comportamenti, a volte giudicandoli come motivati da reale disinteresse personale a volte come scelte opportunistiche. Nelle ore in cui veniva alla luce lo scandaloso comportamento di sostegno alla Repubblica Sociale Italiana del Console Generale italiano a Osaka, Mario Vattani (fino ad alcuni mesi fa stretto collaboratore per gli affari diplomatici del Sindaco di Roma), Gianni Alemanno ha voluto fare un gesto indubbiamente di grande valore simbolico e morale. Venerdì (come riportato dal Messaggero di Roma) si è recato a sorpresa a casa di Shlomo Venezia, fra i pochi reduci di Auschwitz ancora in vita (e forse l’unico al mondo del Sonderkommando, il gruppo di prigionieri impiegati nelle camere a gas e nei forni crematori), per festeggiare i suoi 88 anni. Un gesto bello, non scontato e che è stato apprezzato, perché – come ha detto la moglie di Shlomo – “non bisogna ricordarsi di noi solo nei giorni della Memoria”. Ognuno poi tragga le conclusioni che vuole.