Su LIBERO di oggi, 31/12/2011, a pag.17, Souad Sbai analizza con molta accurtatezza - fornendo informazioni che non trovano spazio sui giornaloni - su quanto sta avvenendo in Tunisia e Marocco dopo l'insediamento dei governi a composizione islamista. Come scrive Sbai, il disinteresse dell'Occidente è rivelatore della cecità con la quale le democrazie continuano a non capire quanto sta avvenendo nel mondo musulmano.
Ecco l'articolo:
Souad Sbai
Nel bel mezzo del dibattimento, la seduta si ferma e la presidenza della Camera chiama tutti alla preghiera. Arabia Saudita? Afghanistan? No, Tunisi. Bourghiba, padre della laicità tunisina si sta rivoltando nella tomba. Ma ciò che stupisce di più, in uno Stato che ancora è laico e non ha ancora subito alcuna riforma in tal senso, è la serenità con la quale in Europa questa cosa passi senza dolore alcuno, come se fosse normale. Mentre le parlamentari donne, come si vede nel video che documenta questo fatto su un sito arabo, lamentano rumorosamente di una circostanza senza precedenti. Che inabissa la Tunisia verso il buio oscurantista. La simbologia che va in scena nella Camera di Tunisi è chiara: la politica laica cede il passo allo strapotere della religione applicata alla realtà. Simboli come questo però paiono non spaventare nessuno. Tutti intenti ad osservare come andrà la crisi economica, senza comprendere che questa crisi ha anche un altro risvolto più pericoloso: l’infiltrazione degli interessi di chi sponsorizza la reislamizzazione forzata del quadrante nordafricano e ne arma la mano. Di del salafismo e della fratellanza musulmana fa il suo grimaldello potente e devastante contro la libertà, ma soprattutto la leva per aprire le casse mondiali alle proprie morbose volontà di potenza. La politica si è già arresa, i moderati fortunatamente no, scendendo sempre in piazza e manifestando nel silenzio di tutti, ma il loro destino, minacciati dall’interno e abbandonati dalla comunità internazionale, è pressoché segnato. In Marocco la situazione è sensibilmente differente, quasi comica, non solo per motivazioni squisitamente politiche, ma anche e soprattutto civili. Il popolo marocchino è recalcitrante ad ogni imposizione e le sfuriate oscurantiste dei leader del Pjd paiono perdersi nel buio e non vengono né recepite né amplificate dalla gente. Del resto, dopo oltre un mese, in Marocco non esiste ancora un governo ma solo un primo ministro, Benkirane, che la mattina fa una scelta e la sera la rinnega, scegliendo un’al - tra alleanza. Pensava di gabbare Mohammed VI con le sue astuzie, non sapendo che il sovrano aveva dato vita alla sua primavera molto tempo prima. Riformando la Moudawana (diritto di famiglia) in senso paritario e stravolgendo la Costituzione proclamando la parità fra uomo e donna e trasformando in fieri il Marocco in una monarchia costituzionale. Benkirane è in panne, non sa che pesci pigliare e sa bene che Mohammed VI gli ha tirato sul piatto la carta più scivolosa di tutte: due ore prima di firmare la nomina del leader del Pjd a premier, ha nominato gli ambasciatori di tutto il mondo. Tutti moderati e vicini al pensiero monarchico, che non possono essere cambiati, perché sono di sua nomina e firma. Tutte queste notizie in Europa non le saprete mai perché gran parte della stampa marocchina è stata già pesantemente falciata, come il direttore di MIDI1 e di altre dieci testate, o come il leader del movimento 20 Febbraio, che chiede asilo perché minacciato per apostasia. E siamo sempre in Marocco. In Italia, dove molti ancora sperano nell’arrivo di in un vero diplomatico marocchino che non venga da una storia politica, il fermento dei Fratelli Musulmani è evidente e si comprende da alcuni incontri organizzati in passato, come quello di Nour Dachan con la diplomazia italiana in rappresentanza dei cosiddetti “in - sorti siriani” e da altri che ancora devono aver luogo. Il perché di questo fermento, proprio qui, non si capisce. Ma qualcuno che ha ancora il coraggio di sfidare l’isla - mismo radicale c’è. La famosa attrice marocchina, Latifa Ahrar, in occasione del festival del film di Marrakech svoltosi dal 2 al 10 dicembre si è lasciata fotografare sul red carpet con indosso un kaftan, tipico abito marocchino, con tanto di spacco. Aprendolo di fronte ai fotografi in sfregio all’estremismo islamico che la vorrebbe nemmeno velata o silenziata. Ma morta, cosa certificata da una fatwa di due giorni fa. Sintomi pericolosi ma evidenti, che raccontano di un assalto alla democrazia e alla laicità, che non attende nemmeno una riforma per spaccare in due l’animo della gente. Diviso fra la voglia di libertà e la paura della repressione oscurantista. E in conclusione una domanda: che fine ha fatto la Libia? Dove Jalil organizza un esercito invece di aiutare la popolazione? Perché non arriva più nessuna informazione da Tripoli? Non interessa più a nessuno.
*Parlamentare del Pdl
Per inviare a Libero la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante