Tra le cose che mi rallegrano nel periodo pre-natalizio c'è la recita di Natale, o "Nativity Play", come lo chiamano qui in Gran Bretagna.
La mia bambina (6 anni) frequenta una scuola locale ma con una forte percentuale di bambini stranieri, i cui genitori insegnano, studiano, o fanno ricerca all'universita' di Cambridge. Mi scalda veramente il cuore vedere come bambini di fedi diverse, protestanti, cattolici, ebrei e musulmani, prendono parte alla recita, con la benedizione dei genitori. La mia bambina ha ricevuto bigliettini di auguri di Buon Natale da parte di compagni ebrei, musulmani e figli di atei. Anche chi non festeggia il Natale, o celebra feste diverse in questo periodo, vede l'importanza di cio' che unisce - i nostri bambini, l'amicizia, la tolleranza, il rispetto per il Paese nel quale si vive, la festa. E' qualcosa che a me personalmente scalda il cuore - molto differente da un buonismo generalizzato e sicuramente non una ricetta per la pace nel mondo; piuttosto una dimostrazione di civiltà, tolleranza, buone maniere, e a mio modo di vedere generosità.
Per questo mi ha molto addolorato che l'arcivescovo di Westminster, Vincent Nichols, capo della Chiesa cattolica in Gran Bretagna, abbia scelto di infilare la questione palestinese nell'omelia della Messa di mezzanotte, facendo seguito a una riflessione sulla necessita' di “prestare attenzione ai bisogni di coloro che, come Gesù, sono senza tetto e in condizioni di disagio” a seguito di “cose che sfigurano il nostro mondo, la presenza dei peccati di avidita' ed arroganza, ambizione egoista e manipolazione del prossimo, brutale mancanza di rispetto per la vita umana in tutta la sua vulnerabilità”.
Riporto in italiano il passaggio in questione: "In questo momento la gente della parrocchia di Beit Jala [ndt: che si trova a Betlemme] si prepara a una battaglia legale per proteggere la propria terra e le proprie case da ulteriori espropri da parte di Israele. Oltre 50 famiglie potrebbero perdere la loro terra e le loro case mentre si procede al completamento della barriera di separazione / sicurezza nel territorio del distretto di Betlemme. Preghiamo per loro stasera." Il testo completo dell'omelia si puo' leggere a http://www.indcatholicnews.com/news.php?viewStory=19557
Nel giorno di Natale ho sentito l'arcivescovo fare ulteriori commenti sulla questione nel corso di interviste televisive, sottolineando che queste famiglie risiedono da secoli in quelle terre.
Da persona non al corrente dei fatti, sono pronta a simpatizzare per le famiglie palestinesi: lasciare le proprie case e le proprie terre è sempre una tragedia, qualunque ne sia la ragione e di chiunque sia la responsabilita' (guerra, poverta', opere pubbliche quali dighe, linee ferrovarie veloci ecc). E' ancora piu' triste che questo accada nel periodo natalizio, e che accada proprio a Betlemme.
Tuttavia: c'era proprio bisogno di parlarne nella notte di Natale, e parlare solo di questo, mentre “la brutale mancanza di rispetto per la vita umana in tutta la sua vulnerabilità” si manifesta in cosi' tanti luoghi, dalla Siria alla Nigeria? Mentre tante vite umane (e anche cattoliche) vengono falciate cosi', come se niente fosse, e sapendo che queste, a differenza delle case e dei terreni, non si possono recuperare ne' possono essere oggetto di azione legale? A prescindere dal fatto che la battaglia legale non si è ancora conclusa o non è ancora incominciata, si potrebbe anche ricordare che la barriera di sicurezza viene appunto costruita per proteggere vite umane, e magari si potrebbero ricordare le vite umane distrutte in assenza della barriera di sicurezza.
Sono sicura che l'arcivescovo avrebbe potuto dedicare tempo e parole alla questione in un'altra occasione, e magari organizzare una colletta per pagare l'azione legale, ma affrontare l'argomento nella notte di Natale mi è sembrato proprio una mancanza di quella civiltà, tolleranza, buone maniere e generosità che hanno caratterizzato la recita di Natale nella scuola della mia bambina. Buon 2012 a tutti,
Annalisa Robinson Cambridge (UK)
Gnetile Amica, l'arcivescovo di Westminster mente per la gola. Gli arabi cristiani fuggono dai territori amministrati dall'Anp, non da Israele. Gli abitanti di Beit Jalla furono invasi dai terroristi che si installarono nelle loro case per poter sparare missili contro il quartiere di Gilo, che si trova davanti a Beit Jalla. Gli arabio che vibvono in Israele non hanno bisogno dui nessuna difesa legale, perche lo Stato ebraico è una democrazia, la difesa legale fa parte dei diritti di tutti. Ne avrebbero semmai bisogno i cristiani che ancora vivono a Betlemme, sempre meno, chi può fugge. E chi resta, per timore di rappresaglie, è costretto a tacere. Questo avrebbe dovuto dire, semmai, l'arcivescovo di Westminster, invece di mentire.
Buon 2012 anche a lei e alla sua bambina,
IC redazione