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Il Foglio Rassegna Stampa
29.12.2011 Islamismo in espansione. Al Jazeera si allarga in Europa
mentre l'Università di al Azhar diventerà autonoma dal governo egiziano. Cronaca di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 29 dicembre 2011
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Attenzione ai due Al»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 29/12/2011, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Attenzione ai due Al".


Daniele Raineri, al Azhar

Roma. L’ex direttore del canale satellitare al Jazeera, Wadah Khanfar, è un talento di lusso che – dopo avere lasciato il suo posto a settembre per viaggiare (da solo, anche nella Somalia in guerra) e scrivere editoriali sul Guardian – sarebbe ora di nuovo al lavoro in Turchia per la creazione di una rete all news turca simile in tutto e per tutto ad al Jazeera. Del resto cosa manca al governo di Ankara, nella sua nuova posizione di egemonia regionale, se non un’emittente internazionale capace di far sentire la propria voce, come al Jazeera già fa con il piccolo ma tosto regno del Qatar? E’ tutto un paesaggio in trasformazione: e al centro ci sono le due istituzioni più riverite e ascoltate del mondo arabo, la stessa al Jazeera e l’Università di Teologia sunnita di al Azhar, e anche loro sono a uno snodo storico.
La rete all news ha un piano di espansione in Europa che è partito l’11 novembre scorso da Sarajevo, capitale della Bosnia Erzegovina: come ripete nei suoi spot, al Jazeera Balcani è la prima nel suo genere, perché prima non c’era nessun canale “regionale” a coprire tutti i paesi dell’ex Jugoslavia. Sei ore di programmazione locale – e il resto affidato alla casa madre a Doha – con lo stesso stile creato da Khanfar negli anni scorsi, un battaglione avventuroso di inviati e molti programmi speciali. Goran Milic, il direttore, sostiene che a rendere appetibile il mercato balcanico – che da lontano è un guazzabuglio di lingue diverse e di tensioni etniche – è proprio il suo graduale ingresso in Europa. “E’ un processo inevitabile, la Slovenia è già nell’Unione, la Croazia sta entrando, gli altri seguiranno.
Ci saranno più cooperazione, più investimenti, più gente. E quindi più domanda d’informazione”. Come era successo con i canali di stato arabi, obsoleti e troppo controllati dai poteri locali, anche nei Balcani la concorrenza non riesce a resistere ad al Jazeera, anche se alcuni telespettatori, nelle indagini di gradimento, si lamentano di una visione del mondo troppo poco eurocentrica: “Le notizie arrivano dopo 15 minuti di bombe in Afghanistan e rivolte in Egitto”. Su una mappa, scrivono Mirna Sadikovic e Daisy Sindelar di Radio Free Europe, l’espansione potenziale di al Jazeera “assomiglia a una serie di cerchi concentrici emanati dal centro posto a Doha, con l’islam come fattore comune”. Oltre ai Balcani, il canale ha comprato una stazione televisiva in Turchia e prepara il lancio di una al Jazeera in lingua swahili nell’Africa occidentale. Anche l’India e l’Asia centrale sono state citate come territori possibili – di sicuro attraenti – di conquista.
Sean Powers, un professore americano di comunicazione che si è specializzato su al Jazeera, dice che i piani d’affari e d’allargamento su altri mercati sono perfettamente sensati dal punto di vista dei ricavi, ma che senz’altro c’è anche un significato geopolitico di lungo termine. “Vogliono allontanare il centro di gravità dall’Europa e spostarlo più vicino al mondo arabo. La scelta di Balcani, Turchia e Africa ha a che fare con ragioni di mercato potenziali, pensano di poter generare ricavi.
Ovviamente c’è l’importanza che questi mercati hanno nella più ampia agenda dell’islam politico e dell’attrarre le nazioni verso il medio oriente, e non più allontanarle”.
Due giorni fa il grande sceicco Ahmed al Tayyeb del centro di Teologia di al Azhar del Cairo, ovvero la voce più ascoltata e influente in tutta la comunità musulmana mondiale, ha annunciato che la bozza di legge sull’indipendenza dell’università islamica dallo stato egiziano è pronta. Al Azhar non sarà più economicamente e amministrativamente dipendente dal governo: si tratta di una rivoluzione copernicana nel mondo islamico, il ribaltamento di quello che aveva fatto Gamal Abdel Nasser – che l’aveva voluta porre sotto lo stretto controllo del governo. Non è detto che l’indipendenza sposterà al Azhar verso posizioni più estremiste.
Al Tayyeb è da sempre in lotta contro i salafiti, che lo accusano di essere un “impiegato di Mubarak” – e tecnicamente non hanno torto, essendo stato nominato dall’ex presidente e pagato con uno stipendio pubblico – e che vorrebbero si esponesse con un islam più genuino, se non più aggressivo. Ma è ovvio che sul lungo termine lo sganciamento del centro di Teologia più influente dal governo apre le porte al rischio di una deriva. Al Azhar potrebbe cominciare a dire – con la stessa forza di una legge per i fedeli – quello che la Fratellanza musulmana, largamente maggioritaria nel prossimo Parlamento ma impastoiata dall’obbligo di non spaventare l’opinione pubblica, non potrà più sostenere.

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