Il prossimo venturo stato islamico di Hamastan
Mahmoud Abbas con Khaled Meshaal e Ismail Haniyeh
Cari amici, confessiamolo, ogni tanto anche i migliori eurarabi non capiscono bene la politica palestinese, a partire dalle sue istituzioni. C'è l'OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina), l'AP (l'Autorità Palestinese), il Consiglio Nazionale palestinese, il Parlamento, il Governo, il Presidente (Mahmoud Abbas che però si chiama anche Abu Mazen), Hamas (con un altro Parlamento e un altro Governo), Al Fatah (col suo presidente che in questo momento è lo stesso Muhammad Abbas, il suo Comitato centrale, i suoi dipartimenti che somigliano a un governo), la Jihad Islamica, il Negoziatore capo, la polizia (che in fondo è un esercito) eccetera eccetera. E naturalmente i terroristi, che hanno una loro organizzazione, anzi parecchie più o meno attive, quella di Hamas, quella di Fatah, le altre più o meno dipendenti dalle prime, di cui sappiamo poco o nulla. Insomma, un labirinto, tutto il contrario di uno stato ordinato. La maggior parte di questi organismi sono gestiti segretamente da burocrazie di "rivoluzionari di professione". Quelli eletti sono tutti scaduti; ogni tanti si parla di nuove elezioni, si fissano delle date, che poi vengono regolarmente rimandate: una volta, due, quattro, per anni. Difficile capire come siano i rapporti di potere fra queste realtà, quanto l'AP comandi l'OLP o ne dipenda, se il governo sia autonomo dal presidente o meno. Quel che è chiaro è che in definitiva, a parte le schegge impazzite, i clan, i poteri burocratici consolidati, il potere sta in Fatah e Hamas, i "partititi" palestinesi; il resto sono interfacce nei confronti della comunità internazionale o camere di compensazione. Fra queste due organizzazioni c'è concorrenza, odio, guerra aperta. E c'è anche la finzione continua della riconciliazione.
Adesso è un periodo in cui si parla molto di questa riconciliazione. Ci sono stati degli incontri, si sono firmati degli accordi. Anche di questo sappiamo poco, ma una cosa sembra chiara, che la via scelta è un po' bizzarra. Le due organizzazioni non si ritroveranno nel parlamento palestinese (peraltro scaduto), di cui già fanno parte, anche se si sono buttate fuori a vicenda quattro anni fa, al tempo del colpo di stato di Hamas a Gaza. Hanno annunciato al solito elezioni, che si terranno a primavera (o forse no, chissà). Ma hanno soprattutto deciso di mettersi insieme nell'OLP. Qual è la differenza? Che l'OLP esisteva prima di Oslo. Che ha uno statuto il quale prevede la distruzione di Israele come fine e la lotta armata come mezzo. Ai tempi degli accordi di Oslo, Arafat prese l'impegno di modificarlo e con grande gioia del "campo della pace" fece votare al suo comitato una mozione che stabiliva la necessità del cambiamento. Ma di fatto il nuovo testo non è mai stato redatto né tanto meno approvato (http://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_per_la_Liberazione_della_Palestina). E di recente i palestinesi minacciano spesso di rinnegare gli accordi di Oslo (http://www.jpost.com/DiplomacyAndPolitics/Article.aspx?id=250916) e di conseguenza ritirare il riconoscimento di Israele e di sciogliere l'Autorità Palestinese che dipende da quegli accordi, lasciando in piedi naturalmente l'OLP, che è l'organo di lotta, o come dicono alcuni con più realismo, "la più ricca organizzazione terroristica del mondo".
Hamas non ha mai fatto parte dell'OLP, ma adesso potrebbe entrarci, allo scopo dichiarato di "riorganizzare il suo lavoro e i suoi scopi" e di "ridiscutere il suo progetto" (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=250800). Ma, ammoniscono i suoi dirigenti, "nessuno si faccia illusioni, la nostra ideologia non cambia, entriamo nell'OLP per riportarla alla sua vera missione", cioè la distruzione di Israele. In sostanza non è l'OLP che ammette Hamas, ma l'organizzazione islamica, forte dell'appoggio della fratellanza musulmana e della Turchia, che cerca di "comprare" la storica etichetta del terrorismo palestinese, quella di Monaco e dei dirottamenti agli aerei. E a quanto pare è sulla buona strada per riuscirci. Badate che non si tratta dei forti cattivi che prevalgono sui poveri buoni; su Israele Hamas dice a voce alta quel che Fatah sussurra e che l'AP tace per diplomazia. Avendo incassato tutto quel che potevano dal "processo di pace", pensano a come dare un altro scrollone all'albero sionista, per impadronirsi di altro bottino. Israele ha ripetuto che non intende trattare con un governo in cui sia presenta Hamas, il Congresso americano ha ribadito che non intende finanziarlo. Queste prese di posizione hanno un po' frenato il processo, Mahmoud Abbas ha detto che se ne riparlerà a metà gennaio; e come sempre nelle questioni palestinesi, è impossibile capire come vanno veramente le cose, tanto tortuosa, oscura, piena di bluff e tradimenti è la loro politica. Resta il fatto che c'è una buona probabilità di avere l'anno prossimo un OLP con dentro Hamas, dunque votato esplicitamente al terrorismo, a capo di un territorio riconosciuto scioccamente come stato da mezzo mondo: lo stato islamico di Hamastan.
Ugo Volli