Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 28/12/2011, a pag. 39, la risposta di Sergio Romano a due lettori dal titolo " Condannare il negazionismo, ma no alla Storia di Stato ".
Sergio Romano, genocidio armeno
Sergio Romano non condivide l'opinione dei due lettori che plaudono alla decisione della Francia di punire per legge il negazionismo del genocidio armeno.
Non la condivide perchè, e risulta evidente dalla sua risposta, non crede che il genocidio armeno sia stato perpetrato sul serio.
Perciò cerca di argomentare la tesi che sia sbagliato punire per legge il negazionismo scrivendo : "Non credo che gli Stati e i parlamenti democratici, abbiano il compito di scrivere la storia e di fissare per legge le date fauste e infauste del calendario nazionale e internazionale". Non è uno Stato a scrivere la Storia, è vero. Sono i fatti a farlo. L'assassinio sistematico di centinaia di migliaia di persone perchè appartenenti alla stessa etnia, il tentativo di cancellare la loro storia e la loro cultura è genocidio. Al riguardo invitiamo i lettori a leggere il dibattito fra Carlo Panella e IC pubblicato in altra pagina della rassegna (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=42769).
Romano continua : "Il pensiero liberale si è battuto per secoli contro il delitto di opinione, la caccia alle streghe, il rogo degli eretici e dei loro libri. Dovrei applaudire una legge che ripristina il concetto di eresia e mi impedisce di ragionare, discutere, argomentare?". La legge non è sul delitto d'opinione, non impedisce di ragionare, discutere e argomentare. Semplicemente tutela la memoria degli armeni che, ancora oggi, vedono negato il loro genocidio e questo in spregio ai sopravvissuti. La Turchia, inoltre, grazie al mancato riconoscimento del crimine che ha commesso, non è tenuta a nessun risarcimento all'Armenia.
Avere una propria opinione su un argomento è un diritto sacrosanto e inalienabile. Ma il negazionismo non fa parte della categoria 'opinioni'. E' un crimine e va punito. E una menzogna non è una opinione.
Ecco lettera e risposta:
Plaudo al recente pronunciamento dell'Assemblea nazionale francese che così riconosce ufficialmente il genocidio degli armeni del 1915-17. Ritengo che la Turchia debba finalmente ammettere, in qualche modo, quello che allora avvenne: un mio amico americano, figlio di immigrati armeni scampati al massacro, anni fa mi raccontò la vastità e l'atrocità dei crimini che vennero compiuti dai turchi contro quel popolo.
Roberto Macchia, Livorno
Il genocidio degli armeni è riconosciuto come tale dall'Onu, dalla Unione Europea e da diversi Paesi nel mondo. Chiedere alla Turchia di riconciliarsi con il suo passato è un atto dovuto: parere non solo degli armeni ma anche di storici di fama internazionale, di innumerevoli persone ben informate e anche di un numero crescente di intellettuali turchi. Mi chiedo perché alcuni lo ritengano «non indispensabile». Oltre al «politically correct», dobbiamo forse piegarci anche all'«economically correct» a scapito della verità? La linea tra convenienza ed etica,
già assottigliata all'inverosimile, la vogliamo davvero cancellare del tutto?
Mary Avakian, Taranto
Cari lettori,
Non credo che gli Stati e i parlamenti democratici, abbiano il compito di scrivere la storia e di fissare per legge le date fauste e infauste del calendario nazionale e internazionale. Là dove questo accade lo Stato è «etico», vale a dire una cattedra morale autorizzata a proclamare dogmi e a impartire precetti. Oggi scrive una sorta di bolla pontificia sui massacri armeni del 1915. Domani proclamerà altri dogmi a cui i sudditi fedeli dovranno piegarsi. È questo lo Stato in cui desideriamo vivere?
La condanna del «negazionismo» diventa a questo punto inevitabile. Se il giudizio su un evento storico è legge dello Stato, non è permesso avere dubbi, proporre interpretazioni diverse, invocare circostanze che ai sacerdoti del dogma sembreranno inammissibili giustificazioni. Avrò ancora il diritto di sostenere (come lo storico angloamericano Bernard Lewis di fronte a un tribunale francese qualche anno fa) che l'espressione genocidio è impropria e che «massacri» definisce meglio il trattamento di cui gli armeni turchi furono vittime nel 1915? Potrò ricordare che gli armeni delle maggiori città turche non vennero colpiti dai provvedimenti di espulsione? Avrò ancora il diritto di collegare quegli avvenimenti a una guerra in cui le comunità armene dell'Anatolia erano percepite, con qualche buona ragione, come la quinta colonna dell'impero zarista? Sarò autorizzato a suggerire che la legge approvata dall'Assemblea nazionale francese risponde soprattutto alle esigenze elettorali di un presidente a caccia di voti per una elezione che si annuncia particolarmente difficile? Potrò dire a un armeno che se fossi al suo posto non proverei dopo questo voto alcuna soddisfazione?
Il pensiero liberale si è battuto per secoli contro il delitto di opinione, la caccia alle streghe, il rogo degli eretici e dei loro libri. Dovrei applaudire una legge che ripristina il concetto di eresia e mi impedisce di ragionare, discutere, argomentare?
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