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Il Foglio Rassegna Stampa
27.12.2011 Bashar al Assad teme le milizie sunnite irachene addestrate e armate in Iraq
Analisi di Pio Pompa

Testata: Il Foglio
Data: 27 dicembre 2011
Pagina: 3
Autore: Pio Pompa
Titolo: «Il rais siriano teme solo gli squadroni sunniti (nati in Iraq)»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 27/12/2011, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "Il rais siriano teme solo gli squadroni sunniti (nati in Iraq)".


Pio Pompa      Bashar al Assad

Il duplice attentato suicida che venerdì scorso ha sconvolto il centro di Damasco provocando 53 morti non sarebbe stato una sorpresa per il presidente Bashar el Assad, stando a quanto riferisce al Foglio una fonte d’intelligence libanese. Il rais siriano non solo sapeva quanto stava per accadere nella capitale, ma avrebbe addirittura agevolato la messa in pratica del piano terrorista, nella convinzione di poterne ricavare vantaggi sia sul versante interno che su quello esterno. Per Assad gli attentati avrebbero rappresentato un monito diretto alla fronda militare che è all’origine delle diserzioni di massa tra le fila delle Forze armate. Inoltre, agli occhi degli osservatori internazionali il presidente siriano avrebbe potuto dimostrare di essere un obiettivo sensibile del terrorismo qaidista. Non è un caso, dunque, se nel computo definitivo delle vittime della strage al compound della direzione dei servizi segreti non compaiano uomini dei servizi di sicurezza o agenti dell’intelligence militare.
“Ancora una volta – dice al Foglio la fonte libanese – sono stati i servizi di Teheran a informare Damasco dell’esistenza di un piano finalizzato a radere al suolo le strutture di comando dell’intelligence siriana. Le informazioni in possesso degli agenti iraniani erano dettagliate e comprendevano anche i particolari dell’attacco con due mezzi autobomba”. Venuto a conoscenza di quanto stava per accadere, Assad avrebbe riunito i collaboratori più stretti decidendo, d’intesa con le autorità di Teheran e i vertici di Hezbollah, di non ostacolare il piano terrorista. L’unica condizione posta dal presidente è stata la salvaguardia dell’incolumità degli uomini dei servizi. La responsabilità della strage sarebbe stata poi attribuita ad al Qaida . “A prima vista – aggiunge la nostra fonte – l’intera vicenda potrebbe apparire intricata e di difficile decifrazione, ma in realtà non lo è. Bashar el Assad ha deciso di non fare nulla per fermare gli attentatori con il chiaro obiettivo di frenare l’emergere di una nuova realtà, da poco apparsa sullo scenario siriano, che potrebbe sostenere con successo eventuali tentativi di golpe militare a Damasco. Si tratta delle milizie sunnite irachene addestrate e armate anni fa da David Petraeus per dare la caccia alle formazioni qaidiste e poste successivamente al bando dal primo ministro iracheno sciita Nouri al Maliki”. Grazie al sostegno finanziario e militare dell’Arabia Saudita, del Qatar, della Giordania e di altri paesi, questi gruppi costituiti da combattenti sunniti ottimamente armati e addestrati si stanno infiltrando in maniera massiccia in Siria e Libano, in nome di una lotta senza quartiere alla minaccia sciita rappresentata dal regime degli ayatollah iraniani.
E’ in tale ambito, confida al Foglio la fonte d’intelligence libanese, che vanno collocati i gravi attentati dei giorni scorsi verificatisi a Damasco e Baghdad: “Il modello tattico e strategico adottato a suo tempo dai ‘Consigli del risveglio’ iracheni viene ora esportato e modulato in versione anti sciita. Siria e Libano sono terreni fertili per l’infiltrazione massiccia di questi gruppi, e forse venerdì è stata l’ultima volta in cui Assad ha potuto conoscere in anticipo i dettagli di un attentato che ha colpito il suo paese. Lui sa che non è di al Qaida che si deve preoccupare, bensì dei miliziani sunniti che in Iraq l’hanno sconfitta”. Questa strategia del terrore sembra confermata anche da quanto accaduto a Homs, dove ieri un attentato suicida ha provocato altri 23 morti, come denunciato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha chiesto l’immediato intervento sul posto degli osservatori internazionali inviati dalla Lega araba, che sono in giro per il paese da sabato scorso.

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