Una buona notizia, quella contenuta nel pezzo di Maurizio Caprara sul CORRIERE della SERA di oggi, a pag.56, dal titolo " Asilo per i rifugiati iraniani in Iraq, il passo politico del governo tecnico ". Ci attendiamo adesso azioni concrete dopo le buone intenzioni.
IC si è occupata del Campo Ashraf sin da subito, grazie alle informazioni diffuse dal movimento dei rifugiati politici iraniani in Italia.
Ecco il pezzo:


Maurizio Caprara Campo Ashraf
Che un governo tecnico non faccia politica è un luogo comune fuorviante, forse nel nostro Paese c'è un deficit di politica talmente grande che basta poco a coprire parte del vuoto. Il ministero degli Esteri guidato dall'ambasciatore Giulio Terzi ha fatto sapere ieri che l'Italia «è pronta a fare la sua parte» per superare le «preoccupazioni di natura umanitaria» sul campo di Ashraf. La notizia è di quelle che spesso passano inosservate, invece è degna di nota. Quell'affermazione significa che, su input della Farnesina, il ministero dell'Interno guidato dal prefetto Annamaria Cancellieri si accinge a valutare una serie di domande di asilo. Sarebbero una novantina e arrivano da alcuni dei 3.400 rifugiati iraniani confinati dagli anni 80 nel campo in questione. Ashraf si trova in Iraq a poco più di cento chilometri dalla frontiera con l'Iran. Per quanto il cosiddetto Consiglio nazionale della resistenza iraniana descriva i suoi abitanti soltanto come vittime di repressioni, non è tutta bella gente: fino al 2003 i mujaheddin del Popolo iraniano, che impiegano il Consiglio come copertura politica, costituirono una milizia fiancheggiatrice di Saddam Hussein. Legittimo dubitare che la professione di democrazia di questi oppositori iraniani sia sincera. Però dal punto di vista umanitario l'urgenza è un'altra: il governo di Bagdad, soggetto a influenze di Teheran, vuole cacciare i dissidenti dall'Iraq entro aprile. Secondo l'Onu, nell'aprile scorso ad Ashraf le forze irachene hanno ucciso almeno 34 persone. Se i 3.400 oppositori fossero rispediti nella Repubblica degli ayatollah li attenderebbero celle, forche, torture. L'Italia, che in estate un po' sotto silenzio ha accettato già quattro feriti, si limiterà a valutare se ospitare di nuovo i dissidenti ai quali riservò asilo negli anni 80. Un gesto simbolico, tuttavia se li accoglierà il nostro Stato contribuirà ad allentare la pressione. Un passo in avanti rispetto a quando il precedente governo, politico, guardava agli stranieri in fuga da Paesi islamici soprattutto come minacce alla pubblica quiete.
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