Ibn Warraq: l'ironia rende l'Occidente migliore dell'islam commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 22 dicembre 2011 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Ibn Warraq ci spiega cosa guadagnerebbe l’islam con un po’ di ironia in più»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 22/12/2011, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Ibn Warraq ci spiega cosa guadagnerebbe l’islam con un po’ di ironia in più".
Giulio Meotti, la copertina del libro di Ibn Warraq a destra, Ibn Warraq
Roma. “Perché milioni di persone rischiano la vita per arrivare in occidente e non in Arabia saudita, Iran o Pakistan? Scappano da regimi teocratici per cercare libertà e tolleranza in occidente, dove la vita è un libro aperto”. Dopo aver dedicato una vita allo studio critico del Corano e dell’islam, Ibn Warraq, acclamato autore di “Why I am not a muslim”, scritto dopo l’affaire Rushdie e che tanta eco ebbe negli Stati Uniti, torna con un libro di battaglia: “Why the West is best”. Perché l’occidente è migliore dell’islam. Questo “Spinoza islamico”, nato nel 1946 a Rajkot (India) e che all’Università di Edinburgo si è formato accanto al grande interprete dell’islam Montgomery Watt, ci spiega che ha deciso di scrivere questa apologia dell’occidente per “rispondere a una visione dominante relativista e orientalista dei nostri rapporti con il mondo islamico”. “Vita, libertà e ricerca della felicità: queste parole succinte definiscono la superiorità della civiltà occidentale”, dice Ibn Warraq, capofila della nuova generazione di critici americani dell’islam (Ayaan Hirsi Ali lo chiama “nostro maestro” e Christopher Hitchens ebbe a definire “Why I am not a muslim” “il mio libro preferito sull’islam”). “Il primato dell’occidente non è soltanto economico, ma anche scientifico e culturale. Una cultura che ha prodotto Mozart e Beethoven, Wagner e Schubert, Raffello e Michelangelo, non ha bisogno di lezioni da società che segregano le donne, le mutilano e le fanno sposare contro la loro volontà, gettano loro l’acido in faccia e condannano a morte le adultere”. La chiave del libro di Ibn Warraq è nell’ironia: “La satira ha un posto centale nella tradizione occidentale e deriva dall’antichità classica. L’umorismo è un ingrediente indispensabile della nostra cultura. Può assumere la forma dell’autocritica, che è una virtù dell’occidente. E anche come valvola di sfogo sociale, perché ci consente di ridere delle fobie altrui. Come ha detto Matthew Arnold, gran parte della letteratura occidentale dai greci a oggi può essere vista come una forma di critica della vita. Questa vena satirica va indietro fino alle commedie di Aristofane e agli esametri di Lucilio, e su fino a Orazio, le novelle picaresche di Petronio, le invettive di Seneca, Giovenale e Luciano. Senza questa ironia, i musulmani sono invece sempre pronti all’offensiva. Hanno persino inventato un diritto: il diritto di non essere offesi. Persino l’Unione europea sembra determinata a non permettere alcuna ironia sull’islam promulgando leggi che mettono a tacere la critica e i vignettisti quando trattano di islam. Il fondamentalista islamico con le sue certezze assassine non può sostenere lo sguardo ironico. Odia essere criticato e deriso, uccide coloro che pensa abbiano insultato il Profeta. L’ayatollah Khomeini una volta ha detto che non si scherza nell’islam. Società che non tollerano l’ironia sono destinate al fallimento”. Lo stesso vale per l’alcol: “Il piacere civilizzante dell’alcol è parte della nostra civiltà, mentre ogni liberal sa che puoi essere punito per bere del vino in Pakistan”. IbnWarraq sostiene che l’occidente non nasca con l’illuminismo francese, ma dall’interazione di Roma, Atene e Gerusalemme: “La superiorità occidentale nasce da queste tre città. I greci ci hanno dato la città e la cittadinanza, la democrazia e la libertà, la scienza e il razionalismo. I romani hanno sistematizzato la legge, la proprietà privata e la responsabilità individuale. Il giudeo-cristianesimo ci ha dato la coscienza, la giustizia e il tempo lineare, consentendo il progresso. L’etica ebraica ha rigettato il male”. Warraq demolisce il relativismo: “Certi intellettuali e accademici hanno indebolito l’occidente inculcando il relativismo morale, il postmodernismo e il multiculturalismo, consumati dal senso di colpa per il passato coloniale. E i liberal d’occidente hanno scelto l’appeasement e l’autocensura. Basta pensare all’abbandono della libertà nel caso Salman Rushdie. O a come negli anni recenti l’Arabia saudita e altri paesi islamici abbiano stabilito cattedre in prestigiose università occidentali. Lo studio critico del Corano è stato così scoraggiato e ci sono studiosi che hanno perso le proprie cattedre per non aver insegnato l’islam approvato dai sauditi”. Infine, Ibn Warraq dice di non essere ottimista sugli esiti della primavera araba. “Andrebbe rinominata la primavera dei Fratelli musulmani. Gli islamisti hanno nutrito il senso di colpa di giornalisti occidentali come Thomas Friedman nascondendo molto bene il loro vero scopo: imporre la sharia e uno stato teocratico”.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante