Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 20/12/2011, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Egitto modello Pakistan".
Daniele Raineri
Roma. Credevamo tanto nel modello Turchia, scrive Mamoun Fandy editorialista del quotidiano egiziano al Masri al Youm, e invece stiamo cadendo dritti nel modello Pakistan. Al quarto giorno di scontri di piazza nel centro del Cairo, la sensazione è anzi che l’Egitto post rivoluzione finirà peggio che il modello originale. La fascinazione è stagionata: il feldmaresciallo Mohamed Hussein Tantawi che da febbraio è al potere in passato è stato attaché militare a Islamabad e non fa mistero della sua ammirazione per come vanno le relazioni tra militari e civili laggiù. In Pakistan, è convinto, la politica è lasciata ai politici, ma i militari hanno il diritto in qualsiasi momento di intervenire, perché gli affari di stato sono troppo importanti per essere lasciati nelle mani deboli dei civili. Secondo un cablo del 2009, Tantawi nel 2009 giocò con Dennis Blair, direttore della National Intelligence americana, al sincero democratico e disse di non fidarsi di quei paesi come il Pakistan “dove le divise interferiscono con le questioni interne, sono destinati a passare un sacco di guai”. Quanta ironia: è sotto di lui che l’Egitto sta compiendo la metamorfosi in stato militare. Nelle strade, le divise nere del ministero dell’Interno hanno lasciato il posto ai manganelli allungati dei soldati, che hanno già commesso disastri d’immagine: il video mentre pestano una ragazza esanime a terra e la trascinano per i vestiti fino a quando le si scopre il reggiseno blu ha fatto il giro del mondo; un altro, mentre caricano la folla scaricando le pistole ad altezza uomo, è diventato uno dei preferiti della rete panaraba al Jazeera. I partiti islamisti, che domenica hanno stravinto anche il secondo round delle elezioni, per ora si tengono bassi e fanno finta di nulla: ci sono altri quattro round e ci tengono troppo a vincere. Ma non sanno cosa rispondere a chi chiede loro con ferocia: “Che cosa direste se i soldati israeliani prendessero a calci una ragazza musulmana seminuda?”. Ieri i morti in piazza sono arrivati a 14, alcuni – dicono i dottori – uccisi da colpi d’arma da fuoco. Figurarsi cosa pensano Tantawi e i suoi generali del modello Turchia: dove dieci anni fa comandavano i militari e ora sono stati messi a posto dal potere civile del premier Recep Tayyip Erdogan. Dice Fandy: “Gli analisti dovrebbero andarsi a studiare il Pakistan, non perdere tempo con la Turchia, ché tanto è un modello a cui non arriveremo mai”. Anche gli americani si preparano al modello Islamabad. Al Cairo c’è già l’ambasciatrice Anne Patterson, che con lo stesso ruolo ha servito tra i pachistani durante il periodo più duro, dopo l’11 settembre. Per trattare con gli egiziani, l’Amministrazione Obama sta scegliendo la stessa strada: vi diamo un sacco di soldi, fate come diciamo noi. Il Congresso spinge in avanti un piano per rendere gli aiuti finanziari all’Egitto, anche quelli militari – soprattutto quelli militari – legati alla posizione verso Israele e al successo della transizione verso la democrazia. La legge bloccherà il miliardo e trecento milioni di dollari per i soldati e i 250 milioni in aiuti economici fino a quando il Congresso non certificherà che il Cairo “sta rispettando il trattato di pace del ’79 e che i generali stanno aiutando le elezioni e stanno proteggendo la libertà d’espressione, di associazione e di religione”. Come succede anche con il Pakistan e con l’Autorità nazionale palestinese, queste restrizioni possono essere facilmente annullate dal segretario di stato per ragioni di sicurezza nazionale (tradotto: quando e se ce ne fosse bisogno, in fretta, senza passare di nuovo dal Congresso). Tantawi è stato in Pakistan negli anni Ottanta, quando c’erano un po’ tutti, arruolati nella guerra contro l’aggressore sovietico a nord, in Afghanistan. Si dice che assieme ai generali pachistani si sia divertito molto e che fosse agli ordini dei Saud, i regnanti sauditi. A quel tempo in Egitto il giornale di stato al Ahram pubblicava pubblicità a pagina intera: “Unitevi al jihad in Afghanistan!”.
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