Stazioni intermedie Vladimir Vertlib
Traduzione di Paola Buscaglione Candela
Giuntina Euro 15
«Né un luogo né una lingua mi daranno l' illusione di sentirmi intero». Cos' altro potrebbe dire Vladimir Vertlib nel suo semi-autobiografico Stazioni intermedie dopo la vita che ha fatto? È un ebreo di Leningrado, emigrato a 8 anni in Israele con i genitori che inseguivano il sogno sionista e socialista e la fine della discriminazione, e poi di lì, per la delusione paterna, via a Vienna, in Italia, e ancora a Vienna, in Olanda, di nuovo in Israele, nuovamente a Roma, finalmente a New York, Boston e infine, sembra per sempre, Austria. Allo stesso Vertlib, che scrive in tedesco, tutto sembra assurdo fino alle risa mentre, bambino, racconta le valige, i pochi soldi, le impossibilità di sentirsi davvero parte del nuovo approdo, ogni posto una lingua, un mondo diversi, il padre sempre disoccupato, speranzoso, disperato, la madre laureata in fisica costretta ai lavori peggiori ma anche no, la prima comunque ad acclimatarsi, tutti e due sempiternamente in bilico tra sentirsi ebrei e aspirare alla casa assoluta, in bilico tra le identità, in bilico e basta. Un bel racconto forte e furioso, una storia migrante universale, ebraica, russa, utopica, difficile.
Susanna Nirenstein
R2 Cult – La Repubblica