LIBERO di oggi, 18/12/2011, a pag.19, con il titolo "Israele vuole abolire il canto dei muezzin", Mirko Molteni riprende una notizia di alcuni giorni fa, la possibile proibizione in Israele dell'uso, acusticamente fastidioso, dei minareti e dei campanili, nel trasmettere il richiamo alla fede delle rispettive religioni. Nulla di nuovo, anche in Italia questo cambiamento c'è già stato, soprattutto nelle metropoli, dove molti parroci hanno evitato, con opportuni silenziatori, di disturbare la quiete pubblica, diurna e notturna, con il tocco delle campane. Il richiamo del muezzin, 5 volte nelle 24 ore, a differenza del suone delle campane, è doppiamente fastidioso, solo vocale e non musicale. Israele è un paese moderno, dove la paratica delle fedi, tutte le fedi, è libera e tutelata. Nei paesi musulmani l'unica fede ufficiale è l'islam, le altre sono tollerate, quando non proibite. Qui sta la differenza. Giusto quindi tutelare le orecchie dei cittadini.
Ecco il pezzo:
Le piazze di molte città israeliane, da Gerusalemme a Jaffa e Tel Aviv, sono state invase ieri da centinaia di manifestanti arabo-israeliani che protestavano contro una proposta di legge volta a limitare il tradizionale richiamo, detto «idhan», che i muezzin islamici intonano dall’alto dei minareti a mezzo altoparlanti per invitare i musulmani alla preghiera. Pratica che il Corano prevede 5 volte al giorno, ma che, oggi attuata con amplificatori più o meno potenti, nello Stato ebraico pare disturbare la quiete pubblica, considerando che la prima declamazione avviene verso l’alba, alle 5 del mattino. Per salvare un paio d’ore di sonno ai connazionali, quindi, pochi giorni fa la deputata Anastassia Michaeli, del partito di estrema destra Yisreael Beitenou, ha presentato alla Knesset l’idea di vietare ai muezzin l’uso di altoparlanti. La legge, in verità, parla in termini generici di «suoni» provenienti da edifici di culto e comprenderebbe anche le campane delle chiese cristiane. Appoggiato dallo stesso premier Netanyahu e dal ministro degli Esteri Lieberman, ma avversato comunque da una parte dello stesso partito Likud, il progetto doveva essere discusso in questi giorni, ma per ora, sull’onda delle montanti polemiche, una decisione definitiva è stata rimandata alla fine del mese, tantopiù che lo stesso presidente israeliano Shimon Peres la considera «una vergogna». Molti musulmani di Israele la vedono invece come l’ultima fase della cosiddetta «guerra alle moschee» che ha fatto crescere la tensione nelle ultime settimane. Jamal Zahalka, del partito arabo Balad, parla di «guerra dichiarata da parte di razzisti e coloni»,mentre nei cortei di ieri si leggevano sui cartelli frasicome «non accetteremo il silenzio imposto ai muezzin» o «uno Stato democratico non attacca la libertà di religione». Lo sceicco Badir gridava alla «legge razzista»,mentre per il muftì diGerusalemme Hussein «si colpisce il diritto di culto». Il clima è surriscaldato anche perché il 14 dicembre estremisti riconducibili alla galassia dei coloni avevano incendiato una moschea abbandonata di GerusalemmeOvest, con aggiunta di scritte ingiuriose contro Maometto e gli arabi, del tipo «l’unico arabo buono è quello morto ». Era la settima moschea bruciata in pochi mesi, e nelle stesse ore dei coloni forzavano perfino una base militare israeliana nei Territori, per protestare contro le demolizioni di colonie abusive. A inquietare gli islamici c’è poi l’idea del comune di Gerusalemme di abbattere e modificare una rampa che porta alla Spianata delle Moschee. La Michaeli, che ha già subito minacce a sé e alla famiglia via Facebook e via e-mail, sostiene che la sua legge sarebbe plausibile, guardando anche all’esem - pio di altri Paesi musulmani. Da un’in - dagine da lei stessa condotta, in molte nazioni l’idhan, perlomeno quello mattutino, sarebbe attuato via TV, radio, o perfino con applicazioni su I-phone. In Egitto, in particolare, imuezzin del Cairo sono stati coordinati in abbinamento a un programma radiofonico, per evitare declamazioni indipendenti prolungate per ore.
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