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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Sergio Romano: non storico, ma delegittimatore 16/12/2011

Riportiamo da SHALOM n°12 di dicembre, a pag. 6, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Non storico, ma delegittimatore".


Angelo Pezzana, Sergio Romano

Per capire come agisce il doppio standard nell’ informazione che i media forniscono su Israele, niente di più illuminante che leggere con occhio attento le opinioni che Sergio Romano comunica ai lettori del Corriere della Sera nella rubrica che cura da anni, da quando Paolo Mieli lo scelse quale unico degno successore di quel vero maestro che fu invece Indro Montanelli.

Israele è uno degli argomenti che tratta più volentieri, anche se ‘pour cause’, visto il numero delle lettere che deve ricevere, quasi sempre in disaccordo con la disinvoltura con la quale strapazza la storia mediorientale.

Abile, sicuramente, Romano si valuta dispensato da ogni seria analisi scientifica e storica, criteri che dovrebbero guidare chi fa di mestiere lo storico. Su Israele il nostro si concede interpretazioni che poco hanno a che vedere con la realtà, tra omissioni e  valutazioni quasi sempre ostili, iniziate da quando scrisse il non dimenticato “Lettera a un amico ebreo”, la sua prima, diligente opera di delegittimatore dello Stato ebraico.

Prendiamo l’esempio dell’Iran. Se c’è un caso che viene regolarmente trattato con molta cautela persino dagli abituali odiatori di Israele, questo è l’Iran. Difenderne le ragioni sarebbe una operazione ad alto rischio, per guardare al satrapo di Teheran con benevolenza occorre chiamarsi Gianni Vattimo, ma è una eccezione, quindi non fa testo. L’Iran non è una moneta spendibile anche per chi, di professione, attacca Israele utilizzando qualunque strumento possibile. Approvare le folli affermazioni del signor Ahmadinejad equivarrebbe a screditare anni di lavoro, mandando in fumo un patrimonio di odio ben distribuito, che diventerebbe non più credibile. Se questa analisi vale per molti, non vale invece per Sergio Romano, la cui abilità dialettica gli consente di affrontare temi molto delicati senza, apparentemente, ricoprirsi di qualifiche sgradevoli. Non è certo un giornalista del Manifesto, che diamine ! Vediamo le tecniche che Sergio Romano applica abitualmente quando di mezzo c’è Israele,  come gli è successo il 16 novembre scorso quando rispondendo al lettore Giorgio Prosperi, che gli chiedeva, preoccupato, che cosa pensasse dei propositi di annientamento di Israele manifestati apertamente da anni da Ahmadinejad, ricordandogli che per raggiungere il cuore di Israele sono sufficienti poche centinaia di chilometri, una distanza raggiungibile in pochissimo tempo dalle testate atomiche in fase di definitiva costruzione, come testimonia il rapporto dell’Agenzia nucleare dell’Onu.

Romano inizia la sua risposta col tirare in ballo non l’Iran, ma Israele, citando non solo le sue armi atomiche ma anche quelle del suo ‘potente alleato’, cioè gli Usa. Nascondendosi subito dopo dietro un ipocrita consiglio - conviene cercare di impedire che l’Iran disponga di un ordigno nucleare-, quando tutti sanno che ormai è vicinissimo a possederlo,  utile però  per scrivere che la prospettiva di un attacco iraniano a Israele gli sembra ‘alquanto improbabile’. Trae questo convincimento dall’esame di molti rapporti precedenti all’ultimo dell’Aiea, i quali sostenevano che le centrali erano costruite per fini energetici civili, quindi perché credere a quanto viene detto oggi ? Romano soffre la mancaza di El Baradei a capo dell’Agenzia nucleare, con lui che pareve la fotocopia di Ahmadinejad andava tutto a gonfie vele.  Il possesso dell’arma nucleare lo chiama ‘lo spauracchio iraniano’, con un nome così, ha senso averne paura ?  Insinua poi che l’arrivo di questo spauracchio potrebbe essere una manovra israeliana, tesa a distogliere l’attenzione internazionale dall’insicurezza nella quale si trova lo Stato ebraico, dovuta allo scoppio delle ‘primavere arabe’. Portatrici, sostiene Romano, di una nuova attenzione verso la questione palestinese. Una tesi questa, che anche in laureando in scienze politiche giudicherebbe ridicola, essendo noto a tutti – tranne che a Romano- che le rivolte arabe sono nate per abbattere i regimi dittatoriali arabi, non certo per fare la guerra a Israele per il conflitto con i palestinesi. Tra una omissione e una menzogna, Romano prevede quindi che un attacco preventivo ai siti iraniani potrebbe essere utile a Israele perché dimostrerebbe quanto l’Iran sia un vero e proprio pericolo. Con una piroetta degna del migliore Nurejev, Romano conclude – senza aver mai risposto al lettore del Corriere – che un attacco israeliano all’Iran rafforzerebbe soltanto i pasdaran, mentre danneggerebbe Ahmadinejad, il quale, secondo il nostro ‘esperto’, rappresenta oggi l’Iran ‘ più disponibile a un’intesa con l’Occidente’.

In poche colonne Romano è riuscito a comunicare ai lettori del Corriere che 1) Israele è un paese guerrafondaio, che agisce con l’aiuto del suo potente alleato 2) Ha taciuto le continue affermazioni di Ahamdinejad sulla cancellazione dalle carte geografiche di Israele 3) Ha giudicato ‘alquanto improbabile un attacco iraniano a Israele 4) Ha ribadito che l’energia nucleare iraniana può avere fini civili 5) Ha presentato Ahmadinejad come la parte moderata del potere iraniano.

Non male per essere uno dei commentatori più autorevoli di politica estera di quello che fu,un tempo, il grande giornale della borghesia italiana.


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