L'assedio mediatico e le sue milizie
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
vi ricordate la "flottiglia" e gli incidenti che scoppiarono l'anno scorso quando i soldati israeliani salirono sulla nave turca Mavi Marmara, che si rifiutava di obbedire al blocco navale di Gaza (perfettamente legale, come ha accertato una commissione dell'Onu), salirono a bordo quasi disarmati, furono aggrediti da gruppi paramilitari organizzati, furono feriti e catturati e i loro compagni dovettero sparare alla fine per tutelare la loro vita?
Certo che sì, la falsa descrizione di questo episodio come una aggressione a pacifisti che portavano aiuti è uno dei pezzi forti della propaganda antisraeliana. In seguito però vennero fuori tanti documenti, fra cui delle foto pubblicate con orgoglio dai giornali turchi, in cui si vedevano dei soldati israeliani feriti e i paramilitari turchi coi coltelli in mano.
La cosa interessante, che vi raccontai allora, è che in Occidente quelle foto arrivarono censurate, senza i coltelli, e quindi private di buona parte del loro contenuto giornalistico. L'agenzia che riprese le foto e le tagliò era una delle più importanti del mondo, la Reuters, (http://en.wikipedia.org/wiki/Reuters). Allora l'agenzia spiegò che l'eliminazione dei coltelli era stato un "taglio tecnico" dovuto al ridimensionamento delle immagini, una spiegazione che autoattribuisce al funzionamento dell'agenzia un dilettantismo fantozziano e che naturalmente suscita molti dubbi (per un'analisi della vicenda, leggete questa scheda del sito "malainformazione": http://www.malainformazione.it/schede/77/index.htm?c1302858126)
I dubbi erano nutriti anche dal fatto che nel 2006 la Reuters era stata coinvolta in un altro scandalo, sempre ai danni di Israele: le immagini taroccate di un suo fotografo, tal Adnan Hajj, che in diverse occasioni aveva gonfiato propagandisticamente immagini relative alla guerra del Libano in maniera da colpevolizzare le forze israeliane (http://en.wikipedia.org/wiki/Adnan_Hajj_photographs_controversy). Alla Fine Reuters era stata costretta a licenziare Haji e a cancellare le sue foto dall'archivio.
Era stato un caso? Con tutto quel che passa sottomano a quella che forse è la più grande agenzia fotografica del mondo, volete che un paio d'errori non ci siano?
Ebbene, no. Uno studio fatto con tutti i crismi della ricerca scientifica e pubblicata su una buona rivista accademica mostra che "la copertura della Reuters sul conflitto mediorientale è sistematicamente contaminato dalla propaganda e spinge i lettori a stare dalla parte araba e palestinese contro Israele".
Lo ha condotto un ricercatore americano, Henry Silverman, che ha identificato in un campione di notizie sul sito web di Reuters oltre un migliaio di palesi violazioni delle regole dell'informazione e ha mostrato empiricamente che le notizie, pubblicate in quel modo, avevano l'effetto di influenzare nel senso desiderato, un gruppo di lettura costituito appositamente. Se volete un riassunto della ricerca lo trovate qui (http://www.prweb.com/releases/2011/12/prweb9016351.htm). Se preferite leggere il testo intero del saggio di Silverman, lo potete consultare qui (http://sites.roosevelt.edu/hsilverman/files/2011/11/Reuters-article-JABR.pdf).
Vogliamo dire che il contenuto della notizia non sorprende più che tanto un lettore di Informazione Corretta? Noi abbiamo sempre denunciato questa deformazione sistematica della realtà nei giornali italiani, attribuendola alla pressione dell'ideologia antiisraeliana e a volte antisemita.
Ma il giornalismo italiano è tutto ideologico, ed è complessivamente disabituato a dare le notizie in maniera onesta, senza deformarle o trarne una morale nel senso desiderato dal suo direttore o dai suoi editori.
Il fatto che la stessa deformazione si riscontri in una fonte anglosassone e per di più non in un giornale dedicato al pubblico, ma in un'agenzia di stampa dedicata ai giornalisti, che dovrebbe servire loro in forma neutra i fatti, in modo che essi poi li possano interpretare come credono, è particolarmente grave. Contro Israele è in atto un vero e proprio assedio politico e mediatico. I giornali, e come si è dimostrato adesso anche le agenzie di stampa, non sono testimoni ma protagonisti e combattenti di questo assedio.
Ugo Volli