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La Stampa Rassegna Stampa
10.12.2011 Il bla bla della diplomazia, bene impersonato dall'inviato di Hillary
Nell'articolo di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 10 dicembre 2011
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Occidente in crisi di liquidità, le 'Primavere arabe' a rischio»

Dall'intervista di Maurizio Molinari a William Taylor sulla STAMPA di oggi, 10/12/2011, a pag.17, con il titolo "Occidente in crisi di liquidità, le 'Primavere arabe' a rischio", si capisce bene quanto sia fallimentare la diplomazia americana. Non c'è una analisi di Taylor che abbia capo e coda, domina la superficialità e. cosa ancora più grave, la piena cecità americana di fronte a ciò che sta avvenendo in Medio Oriente. Se il livello della opposizione repubblicana è molto basso, e non ci vuole molto ad accorgersene, un secondo mandato a Obama rappresenterà la fine degli Stati Uniti come finora li abbiamo conosciuti. Con questa politica estera, come è stata condotta finora e come lasciano capire i bla bla di Taylor, la fine delle democrazie occidentali è alle porte.
Ecco l'articolo:

Obama & Clinton             Maurizio Molinari               William Taylor

«In Egitto manca valuta straniera, in Libia la ripresa della produzione del greggio va a rilento e solo la Tunisia appare in condizioni migliori»: a tastare il polso ai cambiamenti in atto nel mondo arabo è William Taylor, l’ex ambasciatore nominato da Hillary Clinton Coordinatore speciale per le transizioni in Medio Oriente, che incontriamo nella cornice di un evento dedicato a proprio a questo tema alla Johns Hopkins University.

«Appena un Paese arabo vede cadere un dittatore o un autocrate, ricade sotto la mia responsabilità», esordisce Taylor, spiegando che dunque «al momento mi occupo di Tunisia, Egitto e Libia» ma «presto potrei fare lo stesso con Yemen e Siria» dove l’abbandono di Ali Saleh ed il traballante potere di Bashar Assad promettono possibili svolte. La prospettiva di «una missione che continua a crescere di dimensioni» si scontra per Taylor con «il nodo delle risorse». Ecco di cosa si tratta: «Quando nel 1989 il crollo del Muro di Berlino innescò le transizioni democratiche nell’Est Europa tanto l’America che l’Unione Europea avevano fondi a disposizione per aiutarle, adesso invece la situazione è ben differente» come evidenziato dalla crisi del debito che affligge entrambe le sponde dell’Atlantico. Da qui la necessità di individuare «idee» e «iniziative» per consentire a Usa e Ue di «aiutare le transizioni arabe anche se in maniera differente». Se l’aspetto economico è impellente lo si deve a quanto sta avvenendo sul terreno perché Taylor, che fa in continuazione la spola con le capitali del Maghreb, considera la Tunisia «un’eccezione» in termini di stabilità finanziaria mentre le preoccupazioni si addensano soprattutto sull’Egitto «a causa del brusco calo di turismo e di investimenti stranieri che ha portato alla diffusa carenza di valuta pregiata» e in secondo luogo anche sulla Libia per via del fatto che «gran parte delle risorse della famiglia Gheddafi restano congelate all’estero mentre la produzione di greggio e gas, pur aumentando a ritmi superiori al previsto, si avvicina solo alla metà del livello precedente all’inizio della rivolta contro il regime».

Al fine di «correre in soccorso dell’Egitto» l’inviato di Hillary si è recato a Bruxelles per consultazioni con l’Unione Europea ma l’idea scaturita di «assegnare al Fmi il soccorso finanziario di cui Il Cairo ha bisogno» si trova davanti ad un ostacolo: «Il consiglio militare che guida la transizione è fermamente contrario». Da qui l’ipotesi sulla quale «stiamo lavorando intensamente con gli europei» ovvero «lanciare un’Iniziativa commerciale euroamericana» a favore delle «transizioni arabe« al fine di incentivare gli scambi non solo fra Usa, Ue e questi Paesi «ma soprattutto fra Libia, Egitto e Tunisia perché mentre il commercio interno contribuisce al 60 per cento del pil dei Paesi europei sulla sponda Sud del Mediterraneo arriva appena al 4 per cento». Si tratta dunque di individuare «forme di interazione economica» fra Libia, Egitto e Tunisia da poter poi allargare «agli altri Paesi che seguiranno». A rendere ancor più urgente trovare tali risposte «è il fatto che l’Occidente non dispone neanche del secondo strumento con cui aiutò le transizioni democratiche nell’Est europeo perché - sottolinea Taylor - allora gli offrivamo come sbocco l’adesione alla Nato ed all’Unione Europea mentre ora siamo carenti di un quadro istituzionale nel quale accogliere gli Stati che si liberano dei dittatori».

Dietro le parole di William Taylor c’è la scelta dell’amministrazione Obama di intensificare i rapporti i leader delle «transizioni arabe» anche se appartengono a partiti islamici. «In Tunisia ed Egitto sono gli islamici ad aver vinto le elezioni e potrebbe avvenire altrove - spiega Taylor - non possiamo essere dunque a priori contro i Paesi che applicano la sharia, anche perché ve ne possono essere applicazioni differenti, e l’unico criterio da seguire è il rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali». Il Qatar ha formalmente chiesto a Usa e Ue di «dialogare l’Islam politico che sta arrivando al governo» e Washington appare intenzionata a cogliere tale opportunità «nel quadro dei rapporti con la Lega Araba» considerata «un interlocutore di crescente importanza» a seguito dell’impegno sulla Siria. Ma Taylor dà la chiara impressione che i temi politici sono al momento in secondo piano perché «l’urgenza è trovare le risorse economiche» per evitare il collasso delle transizioni ed a tal fine «abbiamo bisogno dell’Europa». Da qui l’auspicio che «il progressivo superamento della crisi del debito porti l’Ue a concentrarsi sul Mediterraneo».

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