Riportiamo dal VENERDI' di REPUBBLICA di oggi, 09/12/2011, a pag. 58, l'articolo di Valeria Fraschetti dal titolo "E gli ultraortodossi ora vanno all'attacco del balletto in vetrina".
L'articolo di Valeria Fraschetti riporta con dovizia di particolari l'accaduto, le proteste degli ultraortodossi per una vetrata dalla quale è possibile vedere dei ballerini. Ciò che manca è la considerazione del fatto che gli ultraortodossi rappresentano una minoranza, spesso fanatica, ma che non mette naso nella stanza dei bottoni. Il governo non appoggia le loro pretese. Leggendo il pezzo, invece, si ha l'impressione che stiano trasformando Israele in una specie di Stato fondamentalista.
Forse il VENERDI' potrebbe accorgersi che Israele non è solo questo, che ci sono migliaia di argomenti di interesse per i lettori. Ma l'attenzione del Venerdì è sempre solo rivolta ad argomenti che mettano in luce lati negativi di Israele.
Invitiamo i lettori a scrivere ad Attilio Giordano, direttore del Venerdì, per chiedergli spiegazioni circa la scelta operata per le cronache israeliane
segreteria_venerdi@repubblica.it
Ecco l'articolo:
Il balletto in vetrina. Un invito alla condivisione quotidiana della bellezza, un modo per tenere il sipario sempre alzato sull'arte, una pubblicità in versione «live». Voleva essere tutto questo l'iniziativa dell'israeliana Kolben Dance Company che, ristrutturando il proprio teatro, ha deciso di installare delle ampie vetrate al posto del muro che affacciava sulla strada, così da permettere ai passanti di sbirciare durante le prove. Peccato che la compagnia di danza non avesse fatto bene i conti con la crescente ondata di ostilità maschilista che sta infiammando gli ebrei ultraortodossi di Israele. Segregazione sessuale su autobus e marciapiedi, all'ingresso di farmacie e uffici postali. Le campagne moralizzatrici degli Haredi, i «timorati» che ricordano gli ebrei ashkenaziti della Polonia dei diclottesimo secolo, convinti che una rigida separazione tra i sessi aiuti a star lontano dai pensieri peccaminosi, si fanno sempre più pressanti. E sempre più spesso vincenti. Soprattutto a Gerusalemme, dove gli ultraortodossi, che rappresentano il 20 per cento degli abitanti, sono in aumento per via di un alto tasso di natalità, e si assiste ad un lento abbandono della città santa da parte delle frange più laiche. Casi c'è chi cede. Come le società che di recente hanno accolto la richiesta di rimuovere i cartelloni pubblicitari con immagini femminili: o il Comune, proprietario del teatro bersaglio degli Haredi: ufficialmente si dice contrario alla segregazione sessuale nei luoghi pubblici e assai favorevo'e alla libertà artistica, ma poi pare che abbia inviato («in forma non ufficiale», si giustifica) alla compagnia di danza un paio di lettere in cu la sollecitava ad oscurare le vetrate. Un tentativo di censura riuscito solo in parte. Il teatro «trasparente» ha velocemente rialzato il «sipario» su una battaglia di libertà e laicismo, Gli ultrà degli Haredi continuano a strappare 'ie Iccandine della Kolben e a prendere a pugni la vetrata che mostra «l'indecente» spettacolo d; donne semivestite, ma la compagnia di danza resiste. Sempre pali sola «Vogliamo far sentire ai cittadini che Gerusalemme è una città con un cuore artistico pulsante», dicono gli artisti. «Se non alziamo a nostra voce, i laici non avranno più voce, qui».
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