Sunniti: meglio Israele che la minaccia nucleare iraniana analisi di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 08 dicembre 2011 Pagina: 3 Autore: Pio Pompa Titolo: «Nove gruppi di pensatori islamisti cercano la strategia anti Iran»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/12/2011, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo "Nove gruppi di pensatori islamisti cercano la strategia anti Iran".
Pio Pompa
Sono due le questioni poste al centro delle riflessioni politiche e strategiche sulle quali starebbero dibattendo i maître à penser sunniti, all’origine del nuovo percorso fondamentalista del “jihad di lotta e di governo”, che si rifanno al pensiero del medico qaidista marocchino Abu Hafiza. Da un lato l’incontestabile affermazione, di cui l’Egitto è divenuto in questi giorni l’emblema, dei movimenti islamisti nel contesto della così detta primavera araba; dall’altro la minaccia rappresentata dalla potenza sciita, per di più nucleare, di Teheran. “In buona sostanza – afferma una fonte araba di intelligence – l’avveramento di ciò che costituiva il sogno e la piattaforma politico-programmatica del fondamentalismo sunnita, cioè il rovesciamento di determinati regimi arabi, specie se compromessi con l’occidente, seguìto da una sua totale conquista del potere, ha di fatto coinciso con il materializzarsi dell’incubo dell’atomica sciita iraniana, con tutto quello che ne consegue in termini di influenza e rapporti di forza all’interno del mondo islamico e non solo”. Da qui parte la fibrillazione che si avverte nell’intero arcipelago fondamentalista sunnita e l’esigenza, sentita dai suoi maître à penser, di procedere celermente a una rivisitazione complessiva delle proprie strategie al fine di contrastare l’ombra lunga del dominio sciita, che l’Iran cerca di addensare sul medio oriente. Una rivisitazione strategica che, stante le indicazioni fornite dalla nostra fonte, sarebbe stata perfezionata, introducendo con questo un elemento di assoluta novità, al di fuori di ogni ambito nazionale arabo, da nove gruppi di intellettuali islamisti. I primi cinque dislocati nelle città britanniche di Lancaster, Blackburn, Birmingham, Bolton, Bury e Leicester. Gli altri quattro nelle città statunitensi di Chicago, Mount Vernon, Buffalo e Pembroke Pines. La scelta di ricorrere a tali gruppi di intellettuali, composti da immigrati di terza generazione a tutti gli effetti cittadini britannici e statunitensi, sarebbe essenzialmente dipesa, riferisce la fonte di intelligence, “dalla necessità di affrontare un argomento, altamente sensibile, senza interferenze e soprattutto fughe di notizie: l’apertura, contingente, di una fase di pragmatismo politico, nei confronti di Israele, rivolto a massimizzare in funzione antisciita le iniziative, soprattutto militari, che esso intenderà adottare contro l’escalation nucleare dell’Iran”. Un pragmatismo sostanziatosi, da subito, in un’aspra critica alla politica estera americana, giudicata ondivaga e contraddittoria. Specie dopo le ultime dichiarazioni rese dal segretario alla Difesa, Leon Panetta, con l’invito perentorio rivolto al governo israeliano di rinunciare a qualsiasi opzione militare contro Teheran e tornare a sedersi a quel “dannato tavolo” delle trattative con i palestinesi. Dietro tutto ciò non c’è nessuna palingenesi miracolistica, da parte dei fondamentalisti sunniti: Israele continua a restare il nemico. “Tuttavia – aggiunge la fonte di intelligence – al momento Gerusalemme e Riad sono percepiti dal popolo sunnita come gli ultimi baluardi contro la potenza sciita iraniana. Minimizzare la minaccia atomica di Teheran è stato un esercizio folle e imperdonabile come quello di insistere nel fare finta di niente riproponendo il mantra inutile delle sanzioni. Chiedere al popolo sunnita per credere!”.
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