Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 07/12/2011, a pag. 19, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Siria, Clinton benedice gli oppositori di Assad".
Maurizio Molinari, Bashar al Assad fra Hassan Nasrallah e Mahmoud Ahmadinejad
Nella pagina viene evidenziata una dichiarazione di Hassan Nasrallah. Una frase che denota tutto l'odio di Hezbollah contro Israele : "Abbiamo sempre detto che stiamo con il regime siriano che fa resistenza contro Israele".
Ecco il pezzo di Molinari:
«Non basta rimuovere il regime di Assad, bisogna far avanzare lo Stato di diritto». Nel primo incontro con una delegazione dell’opposizione siriana, Hillary Clinton sprona i dissidenti a costruire istituzioni democratiche. La riunione si è svolta a Ginevra, in Svizzera, dove il Segretario di Stato americano ha fatto tappa al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu.
Con i sette membri del Consiglio nazionale siriano, che riunisce più gruppi di opposizione, Hillary ha esaminato quanto sta avvenendo sul terreno e ribadito la posizione dell’Amministrazione Obama sulla necessità che Assad abbandoni il potere, per poi però concentrarsi sull’agenda della «transizione democratica».
«Non deve includere solo la rimozione del regime di Assad - ha detto Clinton perché bisogna portare la Siria verso lo stato di diritto e la protezione dei diritti universali degli individui indipendentemente dalla loro etnia o sesso» e ciò significa anzitutto «garantire il rispetto delle minoranze in una cornice di tolleranza e libertà».
Le parole di Hillary si spiegano non solo con la necessità di pianificare il dopoAssad ma anche con il fatto che, al momento, le minoranze siriane, a cominciare da cristiani, armeni e drusi, sostengono il regime nel timore che la sua caduta possa portare al dominio della maggioranza sunnita. Hillary ha fatto capire che l’opposizione deve trovare una formula per garantire la «tutela delle minoranze». Tutela anche di chi, come gli alawiti cui gli Assad appartengono, teme di essere trattato come nemico, e dunque continuano a sostenere il regime.
Fra i dissidenti incontrati da Hillary c’era anche il leader del Consiglio nazionale siriano, Burhan Ghalioun, che ha assicurato che nel dopo-Assad Damasco sarà «più vicina a Lega Araba e Consiglio di Cooperazione del Golfo» ponendo fine all’alleanza strategica con Iran, Hezbollah e Hamas. Per testimoniare la «continua solidarietà con il popolo siriano» il Dipartimento di Stato ha annunciato proprio ieri il ritorno a Damasco di Robert Ford, l’ambasciatore ritirato sei settimane fa per motivi di sicurezza ma ora incaricato di «sostenere una transizione pacifica e democratica» con un linguaggio teso a premere su Assad.
La strategia Usa dell’assedio al regime fa leva sull’intesa con Lega Araba e Turchia, mentre Damasco tenta di uscire dall’angolo: da un lato promettendo di rispettare il piano arabo per la fine delle violenze e dall’altro annunciando di aver bloccato l’infiltrazione di «35 guerriglieri dalla Turchia». Ankara ha reagito parlando dell’eventualità di creare in territorio siriano una «zona cuscinetto» profonda 900 km per «ospitare i profughi in arrivo» e «impedire le infiltrazioni di guerriglieri curdi».
In tale cornice lo sceicco di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è tornato a farsi vedere in pubblico a Beirut dopo oltre un anno, con una dimostrazione di forza tesa ad attestare la perdurante autorità politico-militare nonostante l’indebolimento dell’alleato siriano.
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