Chi uccide i siriani ?
di Mordechai Kedar
(traduzione dall’ebraico di Danielle Elinor Guez, a cura di Angelo Pezzana)
Uscito oggi su Makor Rishon
Mordechai Kedar, Bashar al Assad
La gravità dei fatti che da nove mesi accadono in Siria pone una domanda inquietante: perché il mondo non interviene ? Perché la Nato è intervenuta in Libia per rovesciare il regime di Gheddafi mentre in Siria continuano i massacri senza che nessuno alzi un dito ? Davvero il ‘liquido nero’ libico è più prezioso agli occhi del mondo del ‘liquido rosso’ siriano ?
Oggi vediamo come il complesso groviglio dei legami tra la Siria e gli altri paesi paralizza ogni volontà di intervento per salvare i civili siriani, dei quali circa quattro mila sono già stati assassinati, senza contare le migliaia di coloro che sono scomparsi dopo essere stati arrestati.
Il mondo intero sa che la Siria riveste una fondamentale importanza per l’Iran, rappresentandone il cavallo di Troia nel mondo arabo, e il suo territorio è una base logistica per l’Hezbollah libanese. La caduta del regime siriano segnerebbe la fine dell’ in Libano, insieme al sostegno siriano verso Hezbollah. L’Iran ha ammonito il mondo intero che qualsiasi intervento straniero in Siria verrebbe considerato come una aggressione al proprio territorio, generando rappresaglie contro Israele e la Turchia. La Turchia, attraverso le dichiarazioni di Erdogan, si è espressa più volte su quanto accade in Siria, ma perché Israele ? Che cosa ha fatto Israele alla Siria per giustificare un attacco iraniano ?
Turchia
La Turchia mostra moltissima attenzione verso la Siria. Non passa giorno che i suoi leader – i quali, diversamente da Assad, sono legittimi – non gli chiedano di andarsene, accogliendo in Turchia migliaia di rifugiati siriani. Di recente si è costituito in Turchia un campo per l’addestramento alla guerriglia di civili e soldati disertori siriani. Sono loro che attaccano i campi militari, i centri di formazione e i mezzi militari siriani, con le armi e l’equipaggiamento fornito da Ankara. Queste unità hanno già ucciso centinaia di lealisti di Assad, obbligando l’esercito siriano a stare sulla difensiva all’interno delle stesse basi militari. La Turchia sta conquistando alcuni chilometri di territorio al confine nord con la Siria, per creare una zona franca nella quale i profughi possano trovare rifugio e proteggersi dall’esercito siriano. L’Iran ha reagito minacciando di attaccate le postazioni della Nato in Turchia se quest’ ultima dovesse aggredire la Siria. Il che significa chiaramente una guerra fra Iran e Turchia.
Iran
L’Iran potrebbe intervenire alla caduta del regime di Assad non soltanto in Turchia o in Israele, ma anche nel Golfo Persico. Se l’Iran scopre il coinvolgimento dell’Europa contro il regime siriano, potrebbe minare lo Stretto di Ormuz, una sola mina sarebbe sufficiente. Non avrebbe nemmeno bisogno di concretizzare questa minaccia, il solo minacciarla basterebbe a far salire alle stelle il prezzo del petrolio nel mondo, e l’economia europea, già in crisi, ne subirebbe un colpo fortissimo. L’Iran potrebbe anche danneggiare le installazioni petrolifere degli Stati del Golfo senza ricorrere alle armi, potrebbe pagare degli sciiti dell’Arabia Saudita perché facciano esplodere i gasdotti che attraversano i loro paesi, come fanno i beduini del Sinai con il gasdotto egiziano che trasporta il gas in Israele e Giordania.
Europa e Stati Uniti
Ci sarebbe una reazione da parte dell’Europa e degli Stati Uniti all’azione iraniana, che degenererebbe subito in una guerra tra l’Iran e la Nato. Una delle conseguenze di questa guerra causerebbe lo stop delle esportazioni di petrolio iraniano alla Cina, con un aumento enorme del suo prezzo in tutto il mondo. Una guerra della Nato in Iran potrebbe provocare un cambio di regime, dove potrebbero essere annullati gli accordi tra gli ayatollah e la Cina, che perderebbe i miliardi investiti in Iran nelle industrie petrolchimiche. E’ in base a queste ragioni, che la Cina sostiene Iran e Siria.
Russia
La Russia, che ha investito miliardi in Siria e in Iran, temendo di perdere i propri investimenti, sostiene anch’essa la Siria. Ma un problema molto più grande la preoccupa: la caduta del regime siriano e la guerra che potrebbe esplodere nel Golfo causerebbero un grave danno all’economia cinese, che già adesso subisce le conseguenze della recessione mondiale. Un tasso elevato di disoccupazione, spingerebbe milioni di disoccupati cinesi ad aggiungesi ai milioni che già adesso entrano in Russia alla ricerca di un lavoro. Se c’è qualcosa che i dirigenti russi temono più di qualsiasi altra cosa, è essere inghiottiti demograficamente dai cinesi , soprattutto a causa del declino demografico russo.
La Russia possiede in Siria delle basi militari e le sue navi da guerra stazionano abitualmente nei porti di Lataqia, Tartous e Banias, uniche basi nel mare mediterraneo. Privilegi che avrebbero termine con il rovesciamento di Assad da parte della Nato e l’instaurazione di un nuovo governo favorevole all’Occidente.
Europa
Non va dimenticato che anche l’Europa ha investito nell’economia iraniana. Migliaia di imprese europee, particolarmente tedesche, francesi e italiane sono coinvolte fino al collo con l’industria iraniana, avendoci investito miliardi, e non soltanto nel petrolio. Un attacco europeo alla Siria avrebbe dunque le stesse conseguenze di quello contro l’Iraq di otto anni fa: la perdita di questi investimenti sarebbe un brutto colpo per l’economia europea.
Cina
La crisi economica cinese, a seguito di una guerra nel Golfo, avrebbe delle conseguenze sull’economia americana, perché la Cina ha imprestato miliardi agli Usa in questi ultimi anni, sostenendo gli sforzi della Casa Bianca di mantenere stabile la propria economia. La crisi potrebbe spingere la Cina a richiedere indietro i prestiti oppure ad aumentare i tassi di interesse. Questa prospettiva potrebbe mettere fine agli sforzi del governo americano per rilanciare l’economia americana e comprometterebbe la rielezione del Presidente.
Il forte aumento del petrolio aggraverebbe a situazione economica dei paesi del terzo mondo e in particolare dell’Egitto e dell’Africa. Il deterioramento dell’economia in questi paesi aumenterebbe l’immigrazione verso l’Europa - e anche verso Israele - aggravando ancora di più lo stato dell’economia europea già in pessime condizioni.
Israele
La caduta del regime siriano colpirebbe anche Israele, da un lato la Siria si troverebbe a essere un paese diviso in vari Stati: curdo al nord, alauita a ovest, druso al sud, beduino al centro, e poi Damasco e Aleppo, tutte popolazioni che non hanno mai avuto rapporti cordiali fra loro. Questa divisione renderà l’atmosfera migliore in tutta la regione, eliminando un regime illegittimo, che da anni si dedicava soltanto alla propaganda contro Israele, al solo fine di tenere unite le varie etnie con la scusa di uno scopo comune. Ma la caduta del regime potrà anche creare seri problemi: le armi siriane potrebbero finire a Hezbollah o ad altri gruppi terroristi i cui leader si trovano in Siria. L’aggravarsi della guerra tra governo e civili siriani, può spingere migliaia di profughi a cercare rifugio . magari temporaneo- nel Golan. E’ importante che Israele risponda a questa situazione per ragioni umanitarie, e anche per stabilire buoni legami con la popolazione siriana. Ma i rifugiati non è detto che ritornino poi al loro paese di provenienza, in particolare se il pericolo sussiste ancora. E questo può rappresentare un pericoloso precedente per i rifugiati palestinesi. Infatti, come potrà Israele giustificare il fatto che accoglie dei rifugiati siriani nel 2011 e rifiuta quelli palestinesi che – secondo quanto affermano – abitavano lì fino al 1948 ?
Conseguenze
Dopo la fine del regime siriano, gli alauiti potrebbero vendicarsi su quelli che hanno provocato la caduta del governo, inviando gruppi di terroristi a programmare attentati in Turchia, in Europa e negli Stati Uniti, aumentando l’elenco dei problemi che preoccupano l’Europa in questo momento.
L’Iran, preoccupato per la situazione in Siria, aggrava la sua pressione sull’Iraq affinché la maggioranza sciita rivesta il ruolo di cavallo di Troia iraniano nella nazione (Umma) araba, in particolare dopo il ritiro delle truppe americane che avverrà fra un mese. Certi segnali sono significativi, in particolare la serie di visite in Iraq del vice-presidente americano Joe Biden, con lo scopo di favorire la creazione di un governo pro-americano che sappia resistere alle pressioni iraniane. Gli Stati Uniti vogliono mantenere in Iraq delle basi per servirsene in caso di guerra con l’Iran, ma il governo iracheno si è opposto. Un rifiuto che preoccupa gli americani, che temono il dominio dell’Iran sull’Iraq, la prima tappa per arrivare poi ai paesi del Golfo e infine all’ Arabia Saudita.
Conclusioni
Il mondo è retto da interessi economici e militari e non dal rispetto dei diritti umani. L’Onu è stata creata dopo la seconda guerra mondiale per impedirne altre, eppure non fa nulla per impedire che questa crisi peggiori, per cui è possibile che una escalation si verifichi quando i siriani che aspirano alla libertà rovesceranno questo dittatore sanguinario, degno erede di suo padre, che aveva instaurato un potere di vita e di morte sui siriani 41 anni fa.
La caduta del regime siriano potrà produrre altri scismi sulla scena regionale e mondiale, un’onda che potrà raggiungere Iran, Golfo Persico, Cina, Russia, gli Stati Uniti come anche Israele. I leader del mondo sono ben coscienti di tutte queste conseguenze possibili, per questo non si comportano con il regime siriano come meriterebbe. E’ il prezzo che i siriani pagano alla mondializzazione: ciò che avviene in un paese ha conseguenze su altri, e i siriani pagano con il loro sangue il prezzo degli interessi economici altrui. Ma grazie a questi fatti e malgrado i rischi che questo implica, il mondo, senza il questo governo siriano inondato di sangue, sarebbe un posto migliore. Così come lo sarebbe ancora di più, se insieme ad Assad scomparisse anche il regime degli ayatollah, il mondo sarebbe tranquillo e molto meno pericoloso.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
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