venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
28.11.2011 Romano Prodi 'analizza' Egitto e Libia col senno di poi
e si autoelogia per lo sdoganamento di Gheddafi

Testata: La Repubblica
Data: 28 novembre 2011
Pagina: 29
Autore: Amedeo Ricucci
Titolo: «Prodi: L´Europa non resti indifferente alle primavere arabe»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 28/11/2011, a pag. 29, l'intervista di Amedeo Ricucci a Romano Prodi dal titolo "Prodi: L´Europa non resti indifferente alle primavere arabe".


Romano Prodi

"Ma veramente chi conosce un po´ l´Egitto può pensare che bastasse mandare via Mubarak per instaurare la democrazia? ". Con questa frase, Romano Prodi si aggiudica una nuova stella nel suo medagliere, potremmo definirla 'stella al merito del senno di poi'.
Non ci risulta che il professore bolognese si sia mai distinto in analisi poi confermate dalla realtà.
Per quanto riguarda gli immeritati autoincensi sullo sdoganamento di Gheddafi, aggiungiamo che la politica estera sotto i governi Prodi è stata quanto di peggio la Farnesina abbia mai prodotto.
Ecco l'intervista:

PUBBLICHIAMO un estratto dell´intervista a Romano Prodi realizzata per il programma "La Storia siamo noi" di Giovanni Minoli che andrà in onda domani sera alle 23.30 su Rai 2
«L´ho già detto ma voglio ripeterlo. L´Europa soffre oggi di incoscienza. Ci limitiamo ad applaudire alle Primavere arabe, senza muovere un dito per aiutarle. Come se potessimo permetterci di essere semplici spettatori. Dov´è finita, mi chiedo, la nostra intelligenza politica? Riusciamo solo a trovare i soldi per far le guerre? Ma veramente chi conosce un po´ l´Egitto può pensare che bastasse mandare via Mubarak per instaurare la democrazia? La situazione laggiù è disperata, c´è una radicalizzazione crescente, e noi continuiamo a dire "bravi, viva le primavere arabe". Non c´è stata nessuna delegazione europea ad alto livello che sia ancora sbarcata al Cairo. E non è stato varato nessun piano di aiuti, che possa aiutare l´Egitto ad affrontare l´emergenza economica. Cosa aspettiamo?»
Forse la crisi dell´eurozona ci impone in questa fase altre priorità…
«E chi l´ha detto? Secondo lei abdicando alla politica estera - che serve, non dimentichiamolo, a preparare il nostro futuro - diamo forse sollievo alle nostre angosce economiche? E´ un discorso che vale soprattutto per l´Italia, che in questo momento non ha una politica estera. Ha rinunciato. E quando incontro esponenti politici della sponda Sud del Mediterraneo è tutta una litania: l´Italia? - mi chiedono - Dov´è l´Italia? Eppure, questi sono Paesi in cui l´Italia non può non essere presente: per vocazione, innanzitutto, e poi perché siamo il primo o secondo partner commerciale. E´ così per Egitto, Tunisia, Libia, Siria, Iran. Non possiamo restare indifferenti alle turbolenze che agitano quest´area. Quello che manca è la capacità di elaborare una politica di largo respiro. E non servono grandi cose, non ho manie di grandezza. Conosco bene la forza e la debolezza del mio Paese. Quello che gli altri ci chiedono è di fare da perno per un dialogo. E bisognerebbe almeno provarci. Invece siamo del tutto assenti. Mancano le proposte e manca la presenza».
Lei è stato il leader europeo che sdoganò Gheddafi, nel 2004, rompendo l´isolamento in cui la Libia era finita, dopo il duplice attentato di Locherbie e del Teneré. Cosa la spinse? E soprattutto, se n´è poi pentito?
«Io avevo di Gheddafi un´idea molto precisa. E ne parlai con Clinton già nel 1998, prima che arrivassi alla Presidenza della Commissione Europea. Gli dissi che bisognava riflettere sul problema della Libia, che a mio avviso costituiva un vero e proprio buco nero nel Mediterraneo. La mia ossessione derivava dal fatto che Gheddafi era da anni un trouble maker in tutta l´Africa subsahariana, in cui seminava guerre, drammi e divisioni. Era un portatore di instabilità. E non potevamo più permettercelo. Quando perciò capii, da fonti diverse, che anche Gheddafi era stanco di giocare al bambino cattivo, mi misi all´opera per tentare un approccio. Volevo riaprire il dialogo, ma solo a certe condizioni. E a patto che Gheddafi chiudesse i contenzioni ancora aperti, su Lockerbie e sulle armi di distruzione di massa. Fu un lavoro lento, ma alla fine diede i suoi frutti. Gheddafi fu sdoganato ma la comunità internazionale poté dirsi più sicura».
E adesso che Gheddafi non c´è più?
«Gheddafi non c´è più ma restano la Libia e il popolo libico. Così come resta il problema dei rapporti, non solo economici, fra l´Italia e la Libia. Ma purtroppo su questo terreno siamo spiazzati. C´è bisogno di ricostruire con intelligenza e con il necessario coinvolgimento dei due popoli il filo del dialogo. Senza dimenticarsi della difesa della dignità e degli interessi italiani in Libia. Non sarà però facile riprendere il posto che occupavamo prima degli ultimi avvenimenti. Perché i rapporti di forza, ora, sono cambiati».

Per inviare la propria opinione a Repubblica, cliccare sull'e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT