Il FOGLIO di oggi, 26/11/2011, in un editoriale a pag.3, riprende la polemica anti-israeliana iniziata da un articolo del New York Times di Sarah Shulman, femminista lesbica americana, ebrea, che da brava auto-odiatrice non si è lasciata sfuggire questa occasione per attaccare lo stato d'Israele. Ne abbiamo scritto ieri su IC, dopo che la REPUBBLICA, con un pezzo di pura diffamazione di Fabio Scuto da Beirut, lo aveva ripreso, appesantendolo maggiormente. http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=110&id=42401
Invitiamo i lettori interessati a leggere il commento di Bruce Bawer, uscito ieri su FRONTPAGEMAG, per avere un'idea di come funziona, anche in campo sessuale, il capovolgimento della realtà. Israele, uno stato democratico, nel quale l'uguaglianza dei diritti è una delle basi dello Stato, viene descritto quale oppressore dei palestinesi, mentre il mondo arabo-palestinese, che i gay li perseguita quando non li ammazza, viene presentato come un luogo dove esistono addirittura gruppi gay organizzati. Semplicemente pazzesco.
Impiccagione a Teheran
Ecco l'articolo di Bruce Bawer:
http://frontpagemag.com/2011/11/25/the-self-destructive-insanity-of-pro-palestinian-gay-activists/
e l'editoriale del Foglio:
Il FOGLIO- Editoriale: " Pinkwashing a Tel Aviv"
Uguaglianza in Israele
Nella gara fra politicamente corretti, ci sarà sempre un politicamente corretto ancora più corretto che ti accuserà di nazismo. Così Israele, che ha investito novanta milioni di dollari per promuovere Tel Aviv come “international gay vacation destination”, con giovani uomini muscolosi e tatuati sopra cartelloni pubblicitari che invitano a passare le vacanze lì, e a divertirsi, in coppia o in compagnia, viene accusato di una meschina tattica di “pinkwashing”. Lavarsi con il rosa, cioè con i gay. Secondo un commento sul New York Times di Sarah Schulman, docente universitaria e scrittrice liberal, si tratta di una deliberata strategia per nascondere le continue violazioni dei diritti umani dei palestinesi dietro l’immagine di modernità e apertura simboleggiata dalla vita gay israeliana. I diritti dei gay sarebbero soltanto uno strumento di pubbliche relazioni, una spruzzata di rosa per uno stato nero e subdolo. “Che ignora l’esistenza di organizzazioni palestinesi per i diritti dei gay”, tra l’altro. Insomma, secondo questa visione ultra liberal, Israele farebbe meglio a essere omofobico, e a smetterla di fare di Tel Aviv un simbolo di libertà, perché così confonde troppo le idee. Come si fa a essere contro Israele, se Israele si traveste da gay friendly? Sarah Schulman tenta di smascherare l’inganno, scrivendo che si tratta di un meschino strumento propagandistico per vendere il brand Israele. Infiocchettandolo di rosa. Nella gara del rosa, c’è sempre qualcuno più rosa del rosa che accusa l’altro di non essere affatto rosa. Quindi, che fare: andare in vacanza a Tel Aviv o non andarci per protesta civile, struggendosi pensando a quanto si stanno divertendo?
Per inviare al Foglio la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante