Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 25/11/2011, a pag. 17, l'articolo di Paola Caridi dal titolo "Anp e Hamas: elezioni in maggio".
Mahmoud Abbas con Khaled Meshaal
Paola Caridi scrive : "Prima un faccia a faccia tra il presidente dell’Anp Abu Mazen e il leader di Hamas". Hamas è un'associazione terroristica riconosciuta tale dall'Onu e dalla UE. Definire semplicemente 'leader' Khaled Meshaal è scorretto.
Caridi continua : "I palestinesi, dunque, hanno superato la rottura segnata dal colpo di mano di Hamas a Gaza, nel giugno del 2007?". Quello di Hamas sarebbe stato un 'colpo di mano'? Si è trattato di un colpo di Stato, semmai. Con tanto di repressione, tortura e incarcerazione e eliminazione fisica dei membri di Fatah a Gaza. Ma Caridi non specifica questi elementi, come mai?
"Nonostante l’enfasi dei toni, quello che è stato raggiunto nell’incontro di ieri è solo l’accordo sulla data delle elezioni politiche: maggio 2012. Per il resto, ci sono molte buone intenzioni". Dall'incontro, in definitiva, non è emerso nulla di nuovo. Tante 'buone intenzioni', come quella della data delle elezioni che dovrebbero tenersi a maggio 2012. Sono anni che il mandato di Mahmoud Abbas è scaduto e sono anni che lo stesso promette (senza mai mantenere) elezioni. Per quale motivo la data maggio 2012 dovrebbe essere credibile?
Caridi continua specificando altre 'buone intenzioni' : "Sulla sicurezza, sul rilascio dei militanti detenuti da entrambe le fazioni. E soprattutto sulla riforma dell’Olp, di cui Hamas non fa parte, e che è invece uno dei nodi cruciali. ". Come scrive Caridi stessa, Hamas non fa parte dell'Olp. Per quale motivo una sua ipotetica riforma dovrebbe interessare ai fini dell'accordo Hamas/Fatah?
Caridi continua : "Grandi parole e pochi fatti? Può darsi ". Cosa può darsi? Caridi non lo specifica, probabilmente non è chiaro nemmeno a lei.
"La Siria, che ospita l’ufficio politico di Hamas e lo stesso Meshaal, è nel pieno della tempesta. Tanto da far alimentare le voci che parlano di un trasloco imminente per la leadership islamista". Forse Caridi era distratta, ma sono mesi che Meshaal ha annunciato . Che cosa faceva Caridi mentre i media internazionali riportavano la notizia?
"Il riconoscimento dello Stato di Palestina è in stallo, all’Onu. ". No, il riconoscimento dello Stato palestinese non è in 'stallo', è semplicemente fallito.
"E le casse dell’Anp sono vuote o quasi, ha detto sempre ieri il premier di Ramallah Salam Fayyad, perché Israele ha bloccato il trasferimento delle imposte palestinesi che per gli accordi di Oslo raccoglie e poi versa ai legittimi destinatari". Israele ha bloccato momentaneamente i fondi che raccoglie per l'Anp. Ma Caridi non specifica il motivo, in questo modo il lettore può solo dedurre che Israele s'è inventato un nuovo modo di opprimere i 'poveri palestinesi' vittime. Sul fatto che il provvedimento abbia a che vedere con l'adesione della Palestina all'Unesco e che si tratti di una risposta alle iniziative unilaterali prese dall'Anp contro i negoziati, nemmeno una parola.
Caridi conclude così l'articolo: "Il riavvicinamento tra le due fazioni palestinesi è stato accolto con gelo dal premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha espresso la speranza che Abu Mazen «fermi il processo di riconciliazione con Hamas».". La posizione israeliana sull'accordo Hamas/Fatah ridotta a poche parole tolte dal loro contesto. Nessuna spiegazione sul perchè Israele tema l'accordo di Fatah con Hamas. Un altro sistema per disinformare su Israele, la cosa che riesce meglio a Paola Caridi.
invitiamo i lettori di IC a scrivere al direttore della STAMPA Mario Calabresi per chiedergli un'opinione circa la disinformazione che diffonde il suo quotidiano pubblicando i pezzi di Paola Caridi: direttore@lastampa.it
Abu Mazen e Khaled Meshaal si sono parlati ieri a quattr’occhi per quasi due ore. Un incontro delle grandi occasioni, a sei mesi da quando si erano visti l’ultima volta, sempre al Cairo, per firmare uno storico accordo di riconciliazione che doveva porre fine a quattro anni di scontri e recriminazioni tra Hamas e Fatah. «Non ci sono più differenze tra di noi», ha detto Abu Mazen alla fine di una lunga riunione di lavoro nel palazzo Al Andalus, nella capitale egiziana, a pochi chilometri dai fuochi di piazza Tahrir. Prima un faccia a faccia tra il presidente dell’Anp Abu Mazen e il leader di Hamas. E poi un meeting allargato, al quale erano presenti coloro che hanno in mano il dossier. Azzam el Ahmed, per Fatah, e il numero due di Hamas, lo stratega, Moussa Abu Marzouq. «Si è aperta una nuova pagina», ha detto Meshaal.
I palestinesi, dunque, hanno superato la rottura segnata dal colpo di mano di Hamas a Gaza, nel giugno del 2007? Nonostante l’enfasi dei toni, quello che è stato raggiunto nell’incontro di ieri è solo l’accordo sulla data delle elezioni politiche: maggio 2012. Per il resto, ci sono molte buone intenzioni. Sulla sicurezza, sul rilascio dei militanti detenuti da entrambe le fazioni. E soprattutto sulla riforma dell’Olp, di cui Hamas non fa parte, e che è invece uno dei nodi cruciali. Anche sul governo di unità nazionale l’intesa è, per il momento, politica, ma senza scendere nel dettaglio e indicare, per esempio, il nome del nuovo premier. L’appuntamento, già messo in agenda, è per la metà di dicembre, quando si parlerà proprio del nuovo esecutivo e di una rinnovata Organizzazione per la Liberazione della Palestina.
Grandi parole e pochi fatti? Può darsi. Attorno ad Abu Mazen e a Meshaal, però, tutto è cambiato. Un’intera regione. E un equilibrio che reggeva da decenni. «Sono senza i loro patron, Egitto e Siria. E dunque sono più deboli», commenta da Gerusalemme Mahdi Abdul Hadi, direttore del centro studi Passia e uno dei principali facilitatori della riconciliazione del maggio scorso. «Sono diventati partner perché sono più soli». Soli come i palestinesi non lo erano mai stati. L’Egitto, il patron di Fatah, è nel pieno di una rivoluzione incompiuta. E l’intelligence egiziana, mediatrice di tutti i tavoli negoziali, da Shalit sino a quello della riconciliazione, vive in una strana posizione. Media tra i palestinesi, ed è al tempo stesso parte in commedia in quello che succede al Cairo, nello scontro in corso per disegnare il nuovo potere. La Siria, che ospita l’ufficio politico di Hamas e lo stesso Meshaal, è nel pieno della tempesta. Tanto da far alimentare le voci che parlano di un trasloco imminente per la leadership islamista, che forse si dividerà tra Doha e il Cairo. Senza paesi sostenitori, soli, e fluttuanti nel periodo più confuso della storia recente palestinese. Il riconoscimento dello Stato di Palestina è in stallo, all’Onu. E le casse dell’Anp sono vuote o quasi, ha detto sempre ieri il premier di Ramallah Salam Fayyad, perché Israele ha bloccato il trasferimento delle imposte palestinesi che per gli accordi di Oslo raccoglie e poi versa ai legittimi destinatari. Il riavvicinamento tra le due fazioni palestinesi è stato accolto con gelo dal premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha espresso la speranza che Abu Mazen «fermi il processo di riconciliazione con Hamas».
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