Riportiamo dal sito internet del SOLE 24 ORE l'articolo di Dani Rodrik dal titolo "Il tramonto della democrazia in Turchia".
Dani Rodrik, Recep Erdogan
CAMBRIDGE – Di fronte alle recenti contestazioni per l’arresto di un professore di diritto costituzionale accusato di aver insegnato in un istituto gestito dal principale partito politico pro-curdi del paese, il Ministro dell’Interno turco, Idris Naim Sahin, non è riuscito a nascondere la sua irritazione affermando di non riuscire a capire chi sostiene che un professore non debba essere arrestato quando altre migliaia di persone in Turchia sono state messe in carcere.
Presumibilmente Sahin intendeva dire che un professore non può rivendicare un trattamento speciale secondo la legge. Ma la sua affermazione ha inavvertitamente evidenziato la nuova realtà turca secondo cui qualsiasi individuo percepito come oppositore al regime in vigore può essere arrestato per terrorismo o atti violenti, con o senza prove.
I tribunali speciali per il perseguimento del terrorismo e dei crimini contro lo stato hanno fatto gli straordinari per produrre accuse spesso assurde ed infondate. Diversi giornalisti sono stati, ad esempio, arrestati per aver scritto articoli e libri su ordine di una presunta organizzazione terroristica chiamata Ergenekon la cui esistenza non è ancora stata confermata nonostante anni di indagini.
Allo stesso modo, alcuni ufficiali militari sono stati accusati sulla base di documenti spudoratamente fraudolenti, chiaramente prodotti da dilettanti, contenenti evidenti anacronismi. Un commissario di polizia sta languendo in carcere per una presunta collaborazione con dei militanti di estrema sinistra, gli stessi che ha tentato di stanare per una vita. Questi procedimenti giudiziari hanno creato una rete sempre più grande intrappolando decine di giornalisti, autori ed accademici, centinaia di ufficiali e, tra gli altri, migliaia di politici e attivisti curdi.
L’autocensura è diventata una routine. I direttori dei media, ansiosi di mantenere il favore del Primo Ministro Recep Tayyip Erdoðan, hanno licenziato molti dei giornalisti che hanno continuato a criticare il regime. Inoltre, il controllo del governo si è ora esteso oltre ai media, alla magistratura e al mondo accademico arrivando al business e allo sport. Tempo prima, gli enti autonomi di regolamentazione (come l’Autorità per la Concorrenza) sono stati silenziosamente subordinati al governo senza alcun dibattito o discussione.
Persino l’Accademia delle Scienze della Turchia è stata presa sotto mira. Un decreto approvato recentemente, e largamente condannato all’estero, permette al governo di nominare due terzi dei membri dell’Accademia eliminando in tal modo persino la parvenza dell’indipendenza scientifica.
Ma Erdoðan sembra essere immune a qualunque forma di critica. Il suo successo nell’aver allargato l’accesso alla sanità, all’educazione e agli alloggi gli ha permesso di vincere tre elezioni generali, ciascuna con una percentuale di voti più elevata della precedente. Ha messo fine al potere militare della vecchia guardia e alla presa della stantia ideologia kemalista- alla base del nazionalismo introdotto dal primo presidente turco, Mustafa Kemal Atatürk- cambiando in modo permanente l’assetto della politica turca. Ha presieduto l’emersione di una nuova classe vibrante di imprenditori dell’Anatolia e, sotto il suo governo, la Turchia è diventata una potenza a livello regionale.
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