La Germania continua a fare affari con l'Iran nonostante le sanzioni aziende tedesche vendono alla teocrazia prodotti che possono avere un utilizzo militare
Testata: Il Foglio Data: 24 novembre 2011 Pagina: 1 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Teheran chiama, Berlino risponde»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 24/11/2011, in prima pagina, l'articolo dal titolo "Teheran chiama, Berlino risponde".
Una delle aziende che guida il commercio tra Germania e Iran malgrado le sanzioni è la Siemens, che contribuì alla presa di potere dei nazisti nel '33 e che usò i prigionieri politici come schiavi nelle proprie fabbriche. Dal '33 al '45, il nome Siemens equivaleva a III Reich, una tradizione che continua. Ecco il pezzo:
Roma. La Germania ha venduto l’airbus “Theodor Heuss” alla compagnia iraniana Mahan. A rivelare la notizia, ripresa dai media israeliani con grande evidenza, è stato il settimanale Spiegel. Gli iraniani hanno ricevuto l’airbus tedesco via Kiev lo scorso 18 novembre. A ottobre l’Amministrazione Obama ha imposto sanzioni alla Mahan, accusata di trasportare i Guardiani della rivoluzione, gli Hezbollah libanesi e le Forze Al Quds, braccio iraniano che opera all’estero e che risponde all’ayatollah supremo Ali Khamenei. Tra le accuse mosse a Mahan c’è quella di aver portato negli Stati Uniti membri della forza speciale incaricata di uccidere il diplomatico saudita a Washington – attentato fallito. Volker Anders, portavoce dell’ufficio tedesco per le esportazioni, ha confermato che la Germania ha approvato la vendita all’Iran di quindici prodotti di dual use. E’ merce che può essere usata a scopo civile e militare. Due anni fa era stata la Siemens a finire sotto accusa per aver aiutato il regime a reprimere l’Onda verde. Nonostante le promesse della cancelliera Angela Merkel di ridurre il business con l’Iran, cresce di anno in anno la partnership fra Berlino e Teheran (cinque miliardi e trecento milioni di euro all’anno soltanto di esportazioni). Seconda in Europa è l’Italia, il cui interscambio con gli iraniani si basa soprattutto sul petrolio, fondamentale per la sopravvivenza del regime in una fase di isolamento internazionale. Due terzi delle imprese iraniane si avvalgono di macchinari made in Germany. Fra i prodotti dual use venduti da Berlino agli iraniani ci sono componenti di elicotteri, valvole meccaniche e indumenti protettivi nel trattamento di liquidi pericolosi. Banche iraniane lavorano sul suolo tedesco, come ad Amburgo la Europäisch- Iranische Handelsbank, che recentemente ha mediato fra il regime e gli indiani nella vendita di petrolio grezzo. La banca è collegata – secondo il dipartimento del Tesoro americano – al programma missilistico iraniano. Sotto le nuove sanzioni, la banca può continuare a onorare i contratti preesistenti. Altri due istituti iraniani in Germania, Saderat e Melli, sono finiti nella lista nera americana: la prima per aver finanziato Hezbollah, la seconda perché contribuisce alla corsa al nucleare iraniano. Sono molte le iniziative tedesche a sostegno dell’economia iraniana. Il Marriott Hotel di Amburgo ha appena ospitato l’Iran Business Forum con la compagnia tedesca IPC-GmbH, volto a facilitare investimenti tedeschi in Iran. Fra gli invitati l’ambasciatore iraniano a Berlino, Ali Reza Sheikh Attar, accusato di complicità in eccidi fra il 1980 e il 1985. Il Parlamento tedesco ha appena ospitato diversi membri del Parlamento iraniano, il Majlis. A fine ottobre il German Council on Foreign Relations ha ospitato il ministro iraniano delle Finanze, Mohammad Reza Farzin. Il presidente degli ebrei tedeschi, Dieter Graumann, ha duramente criticato il governo per il giro di affari con l’Iran. “E’ una vergogna”, ha scandito Graumann in una lettera a Merkel. Il giornale tedesco Handelsblatt ha scritto che “sebbene il paese di Mahmoud Ahmadinejad sia sottoposto a sanzioni europee e americane la Germania lo aiuta ad aggirarle”. Benjamin Weinthal, ricercatore della Foundation for Defense of Democracies e corrispondente da Berlino per il Jerusalem Post, dice al Foglio che “la Germania ha fallito miserabilmente nel fermare il programma nucleare iraniano e nel sostenere il movimento pro democrazia. L’Europa deve realizzare che l’Iran rappresenta la più grande minaccia alla sua sicurezza”.
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